martedì 23 novembre 2010

Quanto è costato all'Italia uscire dal nucleare?

.. è costato 45 miliardi di euro. Il conto è stato presentato dallo studio “I costi del mancato sviluppo del nucleare in Italia”, realizzato da Andrea Gilardoni, Stefano Clerici e Luca Romè nell’ambito dell’Osservatorio “I Costi del non fare”: si tratta di una cifra compresa tra i 29 e i 45 miliardi di euro.

L’ampiezza dell’intervallo è determinata dal tipo di scenario considerato, anche se sul fatto che un danno economico ci sia stato sembrano non esserci dubbi. Lo studio ricorda come, però, proprio nell’anno della catastrofe di Chernobyl, il Governo aveva programmato la realizzazione di nuove centrali per una potenza cumulata complessiva di oltre 13.000 Mw, pari al 22% della potenza complessiva installata sul territorio nazionale. Il saggio delinea così due diversi scenari: il primo immagina appunto uno sviluppo come quello ipotizzato nel 1986 (con un proseguimento dell’attività nucleare), mentre il secondo scenario, più moderato, si basa su una sostanziale stabilità (9.000 Mw di capacità) della produzione atomica italiana.

Anche in quest’ultimo caso, secondo l’Osservatorio del non fare, il confronto rispetto a questi ultimi 23 anni senza atomo sarebbe inequivocabile: con una produzione nucleare moderata l’Italia avrebbe infatti risparmiato 29 miliardi di euro, mentre nello scenario avanzato il guadagno sarebbe stato di 44,8 miliardi.

In entrambi i casi oltre 17 miliardi sono derivati dai costi legati al decomissioning dei vecchi impianti e ai rimborsi alle società che operavano nel nucleare che l’Italia ha dovuto affrontare in questi anni; altri 3 o 6 miliardi di euro (a seconda dello scenario) arrivano dal rendimento di capitale risparmiato. La vera differenza tra le due ipotesi la fanno però i maggiori costi di generazione elettrica che il nostro paese ha dovuto subire per l’addio al nucleare: se si fosse avverato lo scenario moderato lo scarto rispetto alla situazione reale sarebbe stato di 8 miliardi di euro, che invece diventano oltre 21 miliardi se si prende in considerazione la previsione di sviluppo atomico del 1986.

In particolare, dal 2000 in poi l’Italia ha dovuto compensare l’assenza di energia atomica con l’acquisto di fonti fossili come petrolio e gas, il cui prezzo è inesorabilmente cresciuto negli ultimi dieci anni. Al contrario il costo di generazione del nucleare è rimasto del tutto stabile dal 1987 in avanti e addirittura il costo della materia prima (l’uranio) rispetto a quella data si è ridotto dai 3.397 euro al chilo agli attuali 1.967 euro.

Il Sole24ore

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