venerdì 30 ottobre 2009

Cellulari, dal 2010 caricabatteria unico

Adesso è scesa in campo anche l'Itu, l'agenzia Onu per le telecomunicazioni, e quindi è ufficiale: nel 2010 i nuovi cellulari avranno un caricabatteria universale. Gli utenti potranno usare lo stesso caricabatteria con modelli di marche diverse.
La tecnologia è già pronta. L'Itu (International telecommunication union) ha appena ufficializzato il caricabatteria universale come nuovo standard (Universal charging solution). Sfrutterà la tecnologia micro usb. Il caricatore avrà quindi da una parte una normale presa per la corrente e dall'altra un ingresso micro usb (più piccolo del noto Usb) che s'infilerà nel cellulare. Tutti i cellulari saranno quindi dotati di una fessura compatibile con il micro usb (già adottata da alcuni dei più recenti modelli e dalle fotocamere digitali).

Ogni anno, infatti, l'industria dei cellulari produce 51 mila tonnellate di caricabatteria, per sostituire i precedenti (secondo le stime di Gsm Association). Il che significa consumo di energia e inquinamento per produrli e poi un eccesso di rifiuti a fine utilizzo (quando gli utenti gettano i caricabatteria, ormai inservibili).

Non solo: il nuovo prodotto avrà una maggiore efficienza energetica (il triplo, rispetto ai precedenti caricabatteria). Inquinerà di meno e farà risparmiare corrente ai consumatori, quindi...

Fonte Repubblica

martedì 27 ottobre 2009

Dove gettare i rifiuti nucleari? "Prego, nel nostro cortile"


Uno dei Paesi più ecologisti del mondo, la Svezia, cambia idea sull'energia atomica. Dodici anni dopo aver deciso di chiudere gradualmente tutti i suoi reattori nucleari, 30anni dopo un referendum antinucleare, proprio mentre il petrolio tornato a prezzi ragionevoli fa raffreddare le smanie atomiche, Stoccolma ha deciso di revocare la moratoria, «autorizzando la sostituzione dei reattori esistenti – afferma il Governo nel presentare il nuovo piano energetico – quando avranno raggiunto il loro limite di sfruttamento economico ». La moratoria antinucleare era stata adottata nel febbraio '97. I reattori atomici soddisfacevano circa la metà del fabbisogno elettrico.

La Svezia è il Paese in cui le macchine al semaforo rosso spengono i motori per inquinare di meno. La Svezia è il Paese dove due comuni litigano per accogliere un deposito di rifiuti nucleari. Dopo una contesa durata sette anni per aggiudicarsi il diritto di ospitare un deposito sotterraneo di rifiuti ad alta radioattività, la città di Osthammar ha sconfitto la rivale Oskarshamn, peraltro sede di una centrale nucleare. Sarà il primo e per ora unico esempio al mondo, di "cassaforte" a 500 metri di profondità per stoccare per i prossimi 10mila anni, i fusti contenenti combustibile esaurito.
L’eccezionalità di Osthammar (così come della sua rivale Oskarshamn) non sta tanto nella sua specificità geologica quanto nell’atteggiamento Pimby (please in my backyard) della comunità locale: l’80% degli abitanti delle due cittadine è favorevole al deposito.

Fonte: Repubblica

lunedì 26 ottobre 2009

Nucleare in Europa
















Quelli che non vogliono le centrali nucleare in Italia, sanno che a soli 200 KM dal confine italiano ci sono 27 unità nucleari?

In Europa sono in esercizio 197 reattori in 15 paesi con una potenza installata complessiva pari a circa 132.000 MWe, pari a oltre il 30% dell’elettricità prodotta.

Francia, Germania e Regno Unito rappresentano il 70% circa della potenza complessiva installata nell’Unione Europea, mentre in un raggio di 200 km dai confini italiani sono ad oggi attive 27 unità nucleari per un totale di circa 24.000 MWe

Inoltre, molti paesi hanno avviato programmi di rilancio del nucleare per la generazione di energia. In Gran Bretagna è stato avviato nel 2006 un programma per realizzare nuove centrali (6-8 nuove unità). Ad oggi è in corso il lavoro di certificazione delle tecnologie che saranno utilizzate per il programma. Le maggiori aziende elettriche europee, EDF, E.ON, RWE, prenderanno parte al programma nucleare.

Negli Stati Uniti la Nuclear Regulatory Agency prevede che entro il 2011 saranno presentate richieste di autorizzazione alla costruzione di 33 nuove unità (ad oggi già presentate 27 richieste).

In Francia, EDF ha avviato un programma di ammodernamento delle centrali nucleari realizzate tra i primi anni ’70 ed il 2000 al fine di poter estendere la vita utile degli impianti suddetti fino a 60 anni. In parallelo, il Governo francese ha avviato un programma che prevede lo sviluppo di nuove unità nucleari basate sulla tecnologia EPR, la prima delle quali, in corso di realizzazione nel sito di Flamanville, entrerà in servizio nel 2012.

Nel 2012 inizierà inoltre la costruzione della seconda unità che sarà localizzata nel sito di Penly. Inoltre, alcuni paesi europei che hanno rinunciato al nucleare per la produzione di energia elettrica, hanno recentemente cambiato idea riconoscendo che il ricorso al nucleare è di fondamentale importanza per abbattere le emissioni di gas serra e per garantire disponibilità di energia a prezzi stabili.

venerdì 23 ottobre 2009

Ripensare il carbone














Una cosa è certa: nell'immediato futuro non potremo fare a meno del carbone. Si tratta di una fonte energetica poco costosa e abbondante, e costituisce il pilastro della rete elettrica in numerosi Paesi nel mondo. Certo, allo stato attuale è inquinate, ma esiste una tecnologia in grado di renderlo pulito: la Ccs, Cattura e Stoccaggio di CO2, che elimina il 90% delle emissioni

"A poco piu' di 50 giorni dall'appuntamento di Copenaghen, questa settimana a Londra, sono in primo piano due serie di colloqui internazionali sul clima. Innanzitutto, i ministri di 20 Paesi si stanno per riunire per affrontare una delle sfide piu' urgenti per un accordo globale sui cambiamenti climatici: il carbone. Per quanti sono preoccupati dal clima e dalla possibilita' di continuare ad accendere la luce, il carbone e' il combustibile da rendere pulito. Si tratta di uno dei combustibili a maggior contenuto di carbonio a nostra disposizione, non soltanto rispetto alle energie rinnovabili, ma anche rispetto ad altri combustibili fossili. Un'unita' di elettricita' generata da una centrale elettrica a carbone crea un quantitativo quasi doppio di CO2 rispetto ad una ricavata dal gas. Ma non possiamo vivere senza di esso perche' costituisce il pilastro della rete elettrica in numerosissimi Paesi nel mondo. Il carbone e' poco costoso ed abbondante. Nel Regno Unito, fornisce un terzo dell'energia elettrica. In altri Paesi, questa cifra e' molto superiore. La scorsa settimana mi trovavo in Polonia, dove il 95% dell'elettricita' nazionale viene generato dal carbone. E' molto difficile intravedere un futuro di sicurezza energetica per il mondo che non preveda il ricorso al carbone. La conferenza di questa settimana, tenuta congiuntamente da Regno Unito e Norvegia, si impernia sulla tecnologia che puo' risolvere il dilemma: Cattura e Stoccaggio di CO2 (Ccs). Questa tecnologia potenzialmente elimina il 90% delle emissioni di CO2 dalle centrali elettriche a carbone. L'anidride carbonica viene intrappolata nelle condotte delle centrali elettriche e convogliata per essere stoccata in modo sicuro e prolungato. La Ccs e' potenzialmente in grado di trasformare il carbone in un combustibile a basso tenore di carbonio. Senza Ccs, il costo della lotta ai cambiamenti climatici aumentera' del 70%. La sfida consiste nel fatto che la Ccs e' una tecnologia nuova e complessa. Ci vorra' un'azione concertata per portarla dalle nostre attuali dimostrazioni su piccola scala ad un progetto predefinito per le centrali elettriche. Il cambiamento che cio' implica dovra' avvenire velocemente se vogliamo risolvere in tempo la sfida climatica con cui si confronta il pianeta. Il Regno Unito ha gia' illustrato dei piani audaci per l'impiego della Ccs. Abbiamo suggerito i requisiti piu' severi al mondo per le nuove centrali elettriche a carbone e prevediamo di sviluppare fino a quattro impianti di Ccs su piena scala commerciale per dimostrare la tecnologia. Miliardi di sterline a sostegno della tecnologia del «carbone pulito». Se vogliamo realizzare i cambiamenti necessari, i Paesi che lavorano alla Ccs dovranno collaborare per garantire che diventi un'opzione per i maggiori utenti di combustibili fossili a livello mondiale. Quindi, questa settimana a Londra parleremo dei piani internazionali sulla Ccs. Discuteremo assieme ai rappresentanti di Europa e Cina i piani congiunti per lo sviluppo in Cina della prima centrale elettrica con Ccs su scala commerciale. Il ministro statunitense dell'Energia Steven Chu parlera' della centrale gia' pienamente operativa in America. Lavorando con i nostri partner gia' operativi nel Mare del Nord, discuteremo del ruolo che essa puo' svolgere nello stoccaggio del CO2 estratto. Questa settimana si discutera' a Londra anche della sostanza piu' generale dell'accordo di Copenhagen. I diciassette membri del Major Economies Forum si riuniscono per sviluppare una comprensione comune e creare consenso su alcuni principi generali in vista di Copenaghen. E' per triste ironia della sorte che chi ha causato di meno i cambiamenti climatici risenta maggiormente dei suoi effetti, per cui mi fa piacere che Paesi vulnerabili come Bangladesh, Maldive e Costa Rica partecipino anch'essi ai colloqui di questa settimana. Non ci saranno seconde opportunita' sui cambiamenti climatici, non possiamo sprecare neanche un giorno da adesso a Copenaghen. Dobbiamo sfruttare ogni singola occasione - compresi i colloqui di questa settimana a Londra - per spingere a favore dell'accordo piu' ambizioso, efficace ed equo che si possa realizzare. *Ministro britannico per Energia e Cambiamenti Climatici"

Tratto da: La sfida del carbone pulito

Fonte: La Stampa

martedì 20 ottobre 2009

La bolletta finta di Greenpeace














Ho ricevuto la bolletta di Greenpeace, distribuita agli italiani domenica e lunedì. Non mi sono mai piaciuti i modi di Greenpeace, ma trovo assurdo fare disinformazione "terrorizzando" il povero cittadino, che, quasi sempre digiuno di una corretta informazione sul programma nucleare, si vede colpito su quello che gli sta più a cuore (visti i tempi): la propria gestione economica, ovvero la bolletta .
Allora, procediamo con ordine. Greenpeace sostiene che il nucleare non conviene perchè non abbasserà i costi delle bollette. Addirittura potrebbe costare "più dell'eolico, del carbone e delgas". In Francia, afferma l'associazione ambientalista, il nucleare conviene solo perchè i costi di costruzione degli impianti sono stati ormai ammortizzati;per di più, i costi di smantellamento e i costi per la gestione delle scorie hanno prodotto un buco nei conti pubblici del Regno Unito. Infine, il volantino conclude che "l'eolico, il geotermico, le biomasse sostenibili, e misure di efficienza energetica sono già oggi disponibili e in grado di fornire tutta l'energia di cui abbiamo bisogno in modo conveniente, pulito, sicuro e per sempre".
Quindi partiamo dai costi:Greenpeace non spiega il motivo per cui un'azienda quotata in Borsa come Enel, che ha l'obiettivo di massimizzare l'utile per i soci, decida di investire in una tecnologia che aumenta i costi di generazione dell'energia. Se fosse corretta l'analisi di Greenpeace, la decisione di Enel di investire nel nucleare in Italia (e in Spagna, Slovacchia, Francia e forse Romania), avrebbe dovuto produrre oscillazioni negative del titolo in Borsa: una distruzione di valore per miliardi di euro non può certo passare inosservata agli occhi degli investitori istituzionali internazionali.
A questo aggiugno che secondo i dati dell’International Atomic Energy Agency www.iaea.org/ in questo momento nel mondo sono in costruzione 53 centrali in 15 Paesi per 47.293 MW. Saremmo di fronte ad una colossale distruzione di valore. Ma andiamo avanti: una centrale di terza generazione (EPR) come quella che Enel sta costruendo insieme ad EdF a Flamanville – identica a quelle che Enel e EdF si candidano a costruire in Italia -consente di produrre a regime circa 12 Milion i di MWh l’anno (ipotizzando un availability factor del 90% dal quale discendono circa 7.800 ore di funzionamento l’anno). Il costo di generazione include i costi previsti per il decommissioning, che incide sul totale per meno di 1 €/MWh ( 1-1,5% del costo di generazione), e per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. In base alle stime effettuate da EdF, principale operatore elettronucleare al mondo, i costi di generazione associati a nuove unità EPR sono pari a: 55 €/MWh circa per unità EPR da realizzare in siti il più possibile simili a quello di Flamanville. Il costomedio di generazione per un’unità EPR realizzata invece in siti diversi da quello di Flamanville, è valutabile nell’ordine dei 60 €/MWh. Il confronto tra i costi medi di generazione ottenibili attraverso il nucleare oppure le altre tecnologie convenzionali (cicli combinati a gas, centrali a carbone di ultima generazione) dipende fortemente dal prezzo del petrolio e dal prezzo delle quote CO2. L’equivalenza dei costi con le altre tecnologie convenzionali si ha per un costo del petrolio di 60 $/barile ed un costo della CO2 pari a 25 €/tonnellata. E’ tuttavia necessario notare che, nel determinare un’equivalenza di questo genere, è come se si fosse assunto che per tutti i 60 anni di vita utile di un impianto nucleare di terza generazione avanzata, sia il prezzo del petr olio che quello della CO2 non subiscano incrementi significativi.

I costi a confronto

C'è un altro aspetto da tenere in considerazione, sulla valutazione del programma nucleare: la volatilità dei costi. L’energia nucleare, così come l’energia idroelettrica, è caratterizzata da bassi costi operativi. Il costo di generazione nucleare è infatti rappresentato per circa l’80% da costi fissi, buona parte dei quali derivano dagli investimenti necessari per la realizzazione degli impianti. L’incidenza del costo del combustibile sul costo di generazione è invece molto limitata. Ad un aumento del 100% del costo dell’uranio, materia prima utilizzata per la fabbricazione del “combustibile”, corrisponde un aumento del solo 3% del costo di generazione. Per un ciclo combinato che utilizza gas naturale come combustibile, ad un aumento del 100% del costo del combustibile corrisponde un aumento del 70% del costo di generazione . Gli impianti nucleari sono inoltre caratterizzati da una vita utile ben superiore agli impianti convenzionali. A fronte dei 20 (30 al massimo) anni tipici per un impianto convenzionale (cicli combinati a gas, centrali ad olio combustibile e centrali a carbone), si può infatti contare su di una vita utile di 60 anni per un’unità basata sulla tecnologia EPR. I costi che abbiamo considerato finora collocano il nuclare su livelli sostanzialmente vicini al carbone ad alta efficienza, un 20% circa al di sotto di un ciclo combinato a gas, tutto incluso: in sostanza essi ricomprendono l'intero ciclo del nucleare, decommissioning incluso. Nessun onere, quindi, viene lasciato a carico della collettività. Queste considerazioni dovrebbero essere sufficienti a chiarire i motivi per i quali le imprese italiane pagano l’energia più cara rispetto alle altre imprese europee.Tutto ciò senza considerare gli aspetti strategici legati al nucleare: la vulnerabilità dell’Italia determinata da un sistema di approvvigionamenti completamente sbilanciata sul gas è sotto gli occhi di tutti.

Le fonti rinnovabili sono in grado di soddisfare la richiesta di energia?

Le fonti rinnovabili sono in grado di soddisfare la richiesta di energia? Un breve commento conclusivo sull'affermazione riportata da Greenpeace (in occasione della bolletta nucleare) secondo cui "l'eolico, il geotermico, le biomassesostenibili, e misure di efficienza energetica sono già oggi disponibili e in grado di fornire tutta l'energia di cui abbiamo bisogno in modo conveniente, pulito, sicuro e per sempre". Un reattore nucleare produce energia per circa 8.000 ore l'anno, una pala eolica per circa 2.000 ore l'anno. Per questa semplice ragione, un solo reattore EPR da 1.600 MW potrebbe approssimativamente coprire il fabbisogno di energia elettrica di due città come Milano per 60 anni. Se volessimo soddisfare tale fabbisogno ricorrendo esclusivamente a fonti rinnovabili, dovremmo: installare oltre 15.000 ettari di pannelli fotovoltaici, pari a 20.000 campi da calcio regolamentari; oppure oltre 3.000 pale eoliche da 2,5 MW, ognuna delle quali supera i 100 m di altezza e gli 80 m di diametro, che disposte in fila coprirebbero la distanza in autostrada tra Rimini e Lecce (720 Km); oppure consumare circa 20 milioni di tonnellate di biomasse all’anno, producibili solo da un’area interamente coltivata a pioppeto estesa come la somma di Emilia Romagna e Marche.
Se realizzassimo il programma nucleare italiano e producessiamo il 25% dell'energia di cui abbiamo bisogno utilizzando centrali nucleari, produrremmo circa 100 TWh/anno senza emettere CO2. Ecco: producendo 100 TWh da fonte nucleare anzichè con il gas (la fonte termoelettrica a più bassa emissione di CO2) si eviterebbe l'immissione in atmosfera di circa 35 milioni di tonnellate di CO2.

venerdì 16 ottobre 2009

Gli australiani dicono sì al nucleare


Secondo un recente dondaggio Nielsen, in Australia continua a crescere il consenso verso l'energia nucleare. La metà dei cittadini, infatti, ritiene che sia la soluzione più realistica e conveniente per contrastare il climate change. Nel 2006, invece, la pensava così solo il 30% della popolazione. Andiamo verso un plebiscito?


Grazie ad un sondaggio della Nielsen si è scoperto che circa la metà dei cittadini australiani ha fiducia nella tecnologia nucleare come fonte alternativa al carbone e agli combustibili fossili, ritenendola utile a combattere i devastanti effetti che il cambiamento climatico potrebbe avere sul Pianeta.Nella precedente indagine, riferita all’anno 2006, solo un terzo della popolazione intervistata si dichiarò a favore dell’energia nucleare, pur essendo uno dei Paesi con il quantitativo maggiore di emissioni pro capite e, vista la conformazione del territorio, un soggetto a rischio per qunto riguarda i danni che il climate change potrebbe causare: innalzamento dei livelli degli oceani nonchè aumento delle precipitazioni e degli uragani.“C‘è un cambiamento. La gente è più aperta al nuovo, perché possono vedere i danni che l'anidride carbonica sta facendo”, ha sottolineato l'ex premier del New South Wales, Bob Carr “E' il carbone il vero veleno e ci sono stati notevolissimi progressi nel trattamento dei rifiuti nucleari e la sicurezza dei reattori.”Barry Green, eminente fisico nucleare, ha dichiarato che la tecnologia è in continuo miglioramento grazie al lavoro molto impegnativo che la comunità scientifica svolge per produrre reattori nucleari sempre più moderni e sicuri, in grado di ridurre al minimo il problema dei rifiuti radioattivi.Nonostante i progressi accertati in campo nucleare c’è ancora una parte della popolazione, tra cui anche accademici, che avanza condivisibili dubbi circa lo stoccaggio dei rifiuti tossici, affermando inoltre che ci vorrebbe troppo tempo per far in modo l’Australia si possa mettere al passo con la costruzione di centrali nucleari. Attualmente infatti il Paese conta una sola centrale, situata nella periferia di Sidney, a Lucas Heights, impiegata per la produzione di radio farmaci.


Tratto da: Nucleare: la fiducia in Australia cresce fino al 50%

mercoledì 14 ottobre 2009

Parliamo di clima, energia e società


A due mesi dalla conferenza di Copenhagen, si moltiplicano le occasioni per parlare di clima, ambiente, sviluppo sostenibile. Per approfondire questi temi, l'associazione Galileo 2001 per la libertà e la dignità della scienza, ha organizzato a Roma il convegno "Clima, Energia e Società". L'obiettivo? La presentazione, la discussione e la comprensione scientifica dei fenomeni climatici, i loro potenziali impatti, la adattabilità della natura e dell’uomo ai cambiamenti in corso e a quelli futuri. Da non perdere.


Due giorni di dibattiti molto interessanti e vivaci in occasione del convegno Clima, Energia e Società, organizzato dalla associazione Galileo 2001 per la libertà e la dignità della scienza, con la autorevole adesione del Presidente della Repubblica, presso l’aula convegni del CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche a Roma. In programma cinque sessioni di interventi e di relazioni, una sessione di apertura ed una di conclusioni, con una tavola rotonda moderata dal prof. Carlo Bernardini. I lavori sono stati aperti dal Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dal Presidente del CNR, Prof. Luciano Maiani, dal Commissario ENEA, Giovanni Lelli, dal Presidente INFN, Roberto Petronzio, e da molti altri esponenti della cultura e della scienza nazionale. La Associazione Galileo 2001 ha inteso dedicare il suo convegno annuale alla presentazione, alla discussione ed alla comprensione scientifica dei fenomeni climatici, i loro potenziali impatti, la adattabilità della natura e dell’uomo, e la assoluta necessità di interventi mirati allo scopo di mitigare eventuali conseguenze negative in relazione con le strategie energetiche e con i problemi di carattere sociale e sanitario. Nel dicembre 2009, come è noto, si terrà in Danimarca, a Copenhagen, la United Nations Climate Change Conference, promossa dall’ONU: appare evidente che tutte le parti politiche italiane siano molto sensibili a quanto la scienza sia in grado di presentare ed affermare, al fine di arrivare preparati e ben documentati a questo importante appuntamento scientifico, politico e sociale di fine anno. La Conferenza di Copenhagen ha lo scopo di porre solide basi per negoziare un nuovo trattato e un nuovo protocollo, che preluda ad un accordo globale che sia davvero basato su conoscenze oggettive e su presupposti che tengano nel dovuto conto un corretto rapporto costi/benefici. Ciò anche allo scopo di meglio indirizzare la opinione pubblica, che al momento appare alquanto disorientata, su un argomento che spesso, per non dire sempre, viene trattato in termini più politici ed ideologici piuttosto che scientifici, termini che invece sono da presentare e discutere nel modo più aperto possibile senza presunzioni o pregiudizi di alcun genere. Per queste ragioni la associazione Galileo 2001 intende con questo convegno fornire un contributo, il più oggettivo possibile, alla comprensione di una materia molto complessa e ancora da definire nei dettagli, aprendo un serio confronto, all’interno delle Comunità scientifiche, sui dati e sulle conoscenze possibili e disponibili e sulle ricerche ancora necessarie; ciò anche al fine di contribuire a valutazioni realistiche per una strategia politica e sociale, meditata e responsabile. Le cinque sessioni in programma trattano i seguenti temi: Il clima, stato delle conoscenze; Le variazioni climatiche, qualità dei dati e delle ricerche; Clima ed energia; Clima e società; Conoscenze, informazione e decisioni politiche. Ovviamente torneremo in questa pagina sulle conclusioni di questo interessante convegno.




Fonte: Ecquo

venerdì 9 ottobre 2009

A.A.A. Ingegneri nucleari cercasi


Pionieri soddisfatti. Così si definiscono i giovani italiani laureati in ingegneria nucleare. Pionieri perchè hanno creduto, in tempi bui, alle possibilità di un settore a lungo osteggiato nel nostro paese. Soddisfatti perchè hanno vinto la loro scommessa. Adesso che il nucleare è tornato alla ribalta potranno finalmente esercitare le loro competenze in patria, senza essere costretti a fuggire all'estero. Ovunque nel mondo infatti si prevede per il prossimo futuro una carenza di ingegneri nucleari, mentre cresceranno le esigenze di gestire le centrali esistenti e di progettarne di nuove. In tempi di crisi e disoccupazione è una gran bella rivincita. E sembra proprio che molti giovani vogliano seguire il loro esempio.

Ne è una diomostrazione il Master Universitario di II livello in Scienze e Tecnologie degli impianti nucleari dell'Universita' di Genova. Appena aperte le iscrizioni, sono arrivate ben 60 richieste a fronte di 20 posti disponibili.

Ecco le testimonianze dei giovani laureati a Pisa:

"Andrea, laureato nel '91, che lavora al CERN di Ginevra. Spiega: «La formazione multidisciplinare, fisico-ingegneristica, unita all'esperienza sul campo e al dinamismo proprio dei laboratori di ricerca nei quali ho lavorato, mi ha permesso di affrontare tematiche di ampio interesse, con grande soddisfazione professionale». Martina, fresca di laurea, lavora invece presso il gruppo di ricerca di San Piero a Grado: «Le attivita' di ricerca nel campo dell'ingegneria e della sicurezza sono andate avanti in Italia nonostante la chiusura degli impianti. Cosi' ci si puo' occupare full-time di NUCLEARE anche qui». Carlo e' impegnato nello stesso gruppo. «Quando mi laureai nel 2004 - racconta -, dopo aver svolto la tesi alla Penn State University negli Usa, non avrei mai pensato di rimanere in Europa. Una bella soddisfazione, quindi, se penso che, quando mi iscrissi a ingegneria NUCLEARE, molti, sarcasticamente, mi chiedevano: ''Ma a cosa serve?''». Juswald, laureato nel 2002, si e' trasferito negli Usa come «lead engineer» nelle analisi di reattori. «Grazie alla mia preparazione ''made in Italy'' non ho avuto problemi a inserirmi nell'ambito dell'industria Usa. La' e' in forte espansione e c'e' sempre piu' bisogno di nuovi ingegneri nucleari di talento. Quelli laureati in Italia sono altamente apprezzati e ricercati in tutto il mondo». Roberta, laureata nel '93, e' rimasta in Italia, presso una societa' di ricerca e sperimentazione nel settore termoidraulico NUCLEARE e convenzionale. Dice: «Mi occupo di simulazione di componenti e sistemi innovativi, perlopiu' finalizzati alla sicurezza». Alessandro, anche lui laureato nel 2002, e' occupato nel gruppo di San Piero a Grado dell'Universita' di Pisa. «Dal momento in cui iniziai la tesi, svolta alla Westinghouse, ho avuto la fortuna - spiega - di operare in molti ambiti internazionali». Angela, laureata nel 2007, lavora invece in una ditta che si occupa di sicurezza industriale: «Ho sempre pensato di voler rimanere in Italia, perche' c'e' grande bisogno di energia e di sicurezza». Sulle sorti future c'e' un generale ottimismo. Matteo, laureato nel 2005, e' ricercatore al CEA di Parigi e svolge il dottorato a Pisa. «Il NUCLEARE - sottolinea - e' l'energia del futuro, ma anche molto piu': lo sviluppo dell'ingegneria NUCLEARE, in particolare tramite la ricerca, e' una scelta necessaria per garantire condizioni di vita sostenibili». Quanto a Barbara, laureata nel 2006, ha appena ricevuto il riconoscimento del «quality label» dello «European Nuclear Education Network». Dice: «Ritengo il NUCLEARE una risorsa importante, che dev'essere pensata in sinergia con le fonti rinnovabili e con una riduzione degli sprechi. Credo che sia importante lavorare per la sua accettabilita'». Fausto, laureato nel 2002, lavora negli Usa al progetto neutronico del nocciolo dei reattori a fissione. «Ho da sempre considerato il NUCLEARE da fissione come la vera fonte di energia alternativa ai vari combustibili fossili, che non solo inquinano il pianeta, ma hanno consentito a un ristretto gruppo di persone di controllare le risorse. Le conseguenze sono sotto gli occhi (e nei polmoni) di tutti». Magnus, laureato nel '99, e' sempre stato all'estero: «Il futuro? Se potessi soddisfare tutti i miei fabbisogni usando solo energia NUCLEARE, le scorie prodotte in una vita avrebbero le dimensioni di una lattina di birra. E' una fonte pulita, affidabile, economica".


martedì 6 ottobre 2009

Aspettando Copenaghen


Mancano due mesi al vertice di Copenhagen. I dibattiti sull'emergenza clima si moltipicano, ma resta un dubbio: si tratterà di un meeting come tanti o segnerà l'inizio di un nuovo piano energetico a livello mondiale?


Il tema autunnale del settore energetico a livello globale è tutto centrato sul vertice delle Nazioni Unite sul clima, che riunirà a Copenhagen tutti i paesi del mondo per trovare un accordo globale contro l’emergenza climatica.Da qui, innumerevoli sono gli spunti di confronto e le occasioni di dibattito, nelle prossime settimane, sul piano delle sfide per la produzione di energia pulita e per la riduzione delle emissioni, uniti alla valutazione delle opportunità della green economy come volano per la ripresa economica e industriale, e al ruolo che in questo scenario occupano gli investimenti, gli incentivi, la ricerca scientifica e tecnologica per il potenziamento delle fonti rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica a tutti i livelli.

Come dire, argomenti che non hanno più a che vedere con il dibattito sulle fonti energetiche o sulle tecnologie in quanto tali, ma che investono in maniera profonda e irreversibile un processo già in atto di cambiamento dei modelli di consumo, e dei modelli approvvigionamento, di produzione e distribuzione dei beni, dei servizi e delle risorse.Temi resi ancor più centrali nell’agenda politica ed economica di ogni paese dai due fattori chiave che negli ultimi due anni hanno segnato l’andamento dell’economia globale: le emergenze ambientali e la crisi finanziaria.

Siamo agli albori di uno scenario di trasformazione epocale. Paragonabile alle grandi trasformazioni tecnologiche, industriali e culturali che hanno cambiato il volto della società e impresso un nuovo corso alla storia.Gli studi previsionali di settore in realtà ci dicono che il panorama energetico mondiale non cambierà più di tanto nei prossimi vent’anni: le fonti fossili continueranno ad avere un ruolo dominante, le rinnovabili cresceranno, ma non in misura tale da sconvolgere gli assetti attuali, il nucleare avrà più o meno lo stesso peso di oggi, la fusione e l’idrogeno saranno ancora un orizzonte lontano. Meno chiare le previsioni sui modelli di produzione, di distribuzione e di consumo: sembra più difficile dire che cosa cambierà, e dove, dal punto di vista della microgenerazione distribuita, delle reti intelligenti, del risparmio e dell’efficienza energetica.

Così come alcuni acuti osservatori affermano che Copenhagen sarà “just another meeting” e che il tavolo negoziale si chiuderà con molti proclami e pochi fatti: dichiarazioni d’intenti, peraltro sempre più penalizzanti per l’Europa e del tutto aleatorie per USA, India e Cina.Ma se anche fosse vero che tra vent’anni ci ritroveremo un panorama energetico non dissimile da quello di oggi, e che da Copenhagen non si uscirà con un piano vincolante di meccanismi condivisi per contrastare il cambiamento climatico, è altrettanto vero che i cambiamenti che saremo in grado di impostare oggi, tra vent’anni inizieranno a far sentire i propri effetti. Per quanto inafferrabile, l’energia è fatta di atomi, non di bit, non possiamo pensare che le trasformazioni che riguardano questo settore si realizzino al tempo del web: con la velocità con cui i fenomeni legati alle telecomunicazioni e alla rete si impongono, esplodono e poi scompaiono o mutano.Con buona pace degli scettici, la velocità della luce non riguarda i tempi con cui l’energia e i modelli economici si trasformano.

Tuttavia, il vertice di Copenhagen è tra due mesi. E questi mesi d’autunno saranno decisivi anche per imprimere all’economia un corso che potrà andare, lentamente, in due direzioni: iniziare a riassorbire gradualmente le performance devastanti degli ultimi mesi, assestando la recessione a una percentuale compatibile con una lenta ripresa, o aprire la falla e trasformare i cassaintegrati in disoccupati e di conseguenza aprire la strada a una “decrescita infelice”.Più che scettici, converrebbe essere pragmatici.


da Copenaghen e i dilemmi d’autunno


Fonte: energiaspiegata.it