martedì 31 agosto 2010

Non “sì o no”, ma “cosa e come”

È chiamato "il dibattito mancante": tutti discutono se il nucleare sia buono o cattivo, ma si parla poco, almeno a livello di opinione pubblica, dei vantaggi e degli svantaggi dei vari metodi di produzione dell'energia nucleare. Questa evidente sproporzione è il tema di un articolo pubblicato sul New York Times da Behnam Taebi, esperto di etica ed energia nucleare dell'università olandese di Delft.

Secondo Taebi il punto più importante è la gestione è il legame fra le diverse tecniche nucleari e le scorie prodotte. Il punto su cui bisognerebbe focalizzare il dibattito è la differenza fra i cicli del combustibile. Nel ciclo "aperto", scelto per esempio dagli Stati Uniti, le scorie vengono stoccate appena dopo l'uso, mentre nel ciclo "chiuso", adottato fra gli altri da Francia, Regno Unito, Giappone e Russia, il combustibile esaurito viene riprocessato e in parte reimmesso nel ciclo. Il principale lato positivo del riciclo, secondo Taebi, è il tempo di durata della radioattività: 10.000 anni contro 200.000. Il lato negativo, a parte i costi, è il rischio di proliferazione: la soluzione più immediata a questo problema, citata da Taebi, è il controllo internazionale sul processo di riciclo, come avviene in Europa e come hanno deciso di fare gli Emirati Arabi Uniti in base a un accordo con gli Stati Uniti e l'Iran con la Russia.

La soluzione più promettente prospettata da Taebi è però un'altra: lo sviluppo dei "reattori veloci", che con sistemi di riciclo multipli potranno ridurre il tempo di radioattività delle scorie a poche centinaia di anni: dal punto di vista della «giustizia intergenerazionale» è la via preferibile moralmente oltre che tecnicamente.

Questi progressi, che richiederanno ancora qualche decennio, per Taebi sono comunque l'argomento cruciale per spostare il dibattito nucleare sul punto veramente importante: non sì o no, ma cosa e come.

Nuclear News

lunedì 30 agosto 2010

Più nucleare e meno carbone, per un futuro più pulito

La società energetica americana Tennessee Valley Authority (TVA) ha adottato un nuovo programma per il futuro, basato più sul nucleare e meno sul carbone, per migliorare la qualità dell'aria e garantire una migliore efficienza.

La TVA, quinta società degli Stati Uniti quanto a potenza installata, punta così a diventare entro il 2020 l'azienda leader a livello nazionale per quanto riguarda le energie a zero emissioni e a basso costo. «I nostri limiti nel campo dell'energia eolica e solare rendono il nucleare la nostra fonte privilegiata a basse emissioni», recita fra l'altro il documento approvato.

Fra le misure più incisive, la società ha deciso di chiudere, a partire dal 2011, nove vecchie centrali a carbone. Gli impianti saranno sostituiti da impianti a basse emissioni, fra cui i reattori nucleari, senza tagli al personale. Il budget per il 2011 prevede infatti forti stanziamenti per riprendere la costruzione di due reattori, interrotta negli anni Ottanta per la scarsa domanda di elettricità: 635 milioni di dollari (500 milioni di euro) per quello di Watts Bar (Tennessee) e 248 milioni di dollari (195 milioni di euro) per quello di Bellefonte (Alabama).

Il consiglio di amministrazione della società ha anche approvato il bilancio aziendale per sostenere il nuovo programma. «La nostra idea di guidare la nazione verso un futuro di energie pulite significa affidarsi di più al nucleare, continuare a migliorare la qualità dell'aria, dipendere meno dal carbone e potenziare il nostro interesse per l'efficienza energetica», ha dichiarato l'amministratore delegato Tom Kilgore.

Fonte: NuclearNews

venerdì 27 agosto 2010

Hack: in" Italia a lume di candela"

La lettura di questo libro 'Italia a lume di candela' di Marzio Bellacci (edizioni 'L'Asino d'Oro') è "estremamente utile per sfatare molte leggende, illusioni, anche antiscientifiche paure e capire i vantaggi e gli svantaggi di ciascun tipo di tecnologia, i costi e la loro fattibilità in tempi relativamente brevi". Parola di Margherita Hack, astrofisica di fama mondiale, che cura la prefazione del libro appena in libreria.

"Noi compriamo energia dalla Francia, dalla Svizzera, dall'Austria, dalla Slovenia, siamo terrorizzati dall'idea di costruire centrali nucleari in Italia, ma acquistiamo energia nucleare da tutti questi paesi confinanti - aggiunge la Hack - Se si verificasse un disastro noi avremmo gli stessi danni loro, senza averne goduto i vantaggi". In 'Italia a lume di candela' si scopre, ad esempio, che ancora oggi, "l'elettricità prodotta e distribuita da centrali estere - si legge in una nota - ci costa il 40% in più della media europea; che "la favola del carbone" si e' arenata per l'incapacità italiana di adeguare i carri ferroviari e i binari agli standard del resto del mondo; che il metano e' la fonte meno inquinante, ma più costosa, senza contare il problema dei rigassificatori". Un capitolo del libro e' dedicato poi alle energie rinnovabili e pulite, in grado per il momento di contribuire "in misura irrisoria" alla produzione elettrica nazionale. "Il sospetto è però che anche qui si stiano compiendo gli stessi errori del passato. In definitiva, secondo le previsioni, le nostre potenzialità sono tali che - sostiene l'autore, già inviato del settimanale "Epoca", poi al Sole 24 Ore - saremo ancora costretti a importare energia nucleare da tutti paesi confinanti, energia eolica da Germania e Danimarca e biocarburanti da vari paesi". Allora "è urgente alimentare la ricerca per sviluppare nuove tecnologie", dicono la Hack e Bellacci, per il quale, "il rilancio dell'energia nucleare da parte del governo Berlusconi, nei termini convulsi in cui e' stato proposto, non risolverà il problema e avrà costi insostenibili, finendo così per diventare l'ennesimo minestrone energetico all'italiana". Il libro ripercorre con dovizia di riferimenti e cifre, "le vicende di 40 anni di piani nazionali. Il risultato? Paghiamo l'energia elettrica il 40% in più della media europea".

mercoledì 25 agosto 2010

Red Book 2010: uranio risorse per minimo altri 100 anni

E’ uscito l'ultimo rapporto sulle riserve uranifere mondiali, aggiornato al 1° gennaio 2009. Noto come Red Book, questa ricognizione globale delle risorse di uranio è frutto del lavoro congiunto della IAEA – NEA (agenzia OECD per il nucleare) ed è pubblicato ogni due anni.

Notevoli le novità dell’ultima edizione rispetto a quella del 2007: le riserve uranifere mondiali certe sono aumentate del 15% arrivando a 6,3 milioni di tonnellate dai 5,5 milioni del precedente Red Book. Questo aumento è imputabile principalmente a nuove valutazioni dei giacimenti già conosciuti. E' stata aggiunta una nuova categoria di prezzo, <260$/kg (100$/lb), dovuta a vari fattori: la progressione delle quotazioni dell'uranio dal 2003 ( superando i 100$/kg nel corso del 2007), l’aumento dei costi estrattivi (alcuni paesi hanno introdotto nuove tassazioni) e l’aspettativa di futuri rialzi con la progressiva realizzazione di nuove centrali in costruzione.

Per la lettura integrale continua su newclear

martedì 24 agosto 2010

Entro ottobre il piano del governo sul nucleare

Entro ottobre il governo presenterà il piano sul nucleare. L'annuncio è arrivato, da Rimini, al meeting di Comunione e Liberazione, dal sottosegretario allo sviluppo economico, Stefano Saglia, che ha spiegato che si tratterà «di un provvedimento sulla strategia energetica nel Belpaese e sarà realizzato d'intesa dai ministeri dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e dell'Ambiente, per essere sottoposto al varo del consiglio dei ministri».

Con il decreto, ha aggiunto Saglia, ci sarà «un quadro definitivo delle regole: gli operatori potranno fare domanda per chiedere l'autorizzazione per le nuove centrali da gennaio 2011. A quel punto le aziende avranno fatto domanda, individuando dei siti, quindi si conosceranno i primi a essere interessati»

Il decreto prevederà anche garanzie nel caso in cui il programma del Governo non dovesse completarsi o un Governo successivo dovesse contraddire la decisione già presa. «Sarà una sorta di indennizzo», ha detto Saglia: «valuteremo i modi, per impedire che i costi non riconducibili a inadempienze delle imprese si scarichino sulle stesse imprese». Saglia ha ricordato anche come l'accordo con le Regioni interessate sarà un passaggio fondamentale per la definizione dei siti dove saranno insediate le centrali nucleari. «Se la regione dovesse dichiararsi contraria solo con l'articolo 120 della Costituzione potremmo avvalerci dei poteri sostitutivi: ma è un'evenienza che vorremmo scongiurare perchè vorremmo trovare intese con le regioni interessate dalla localizzazione. Il percorso con i territori deve essere di condivisione e non di impostazione militaresca».

domenica 22 agosto 2010

Germania: 40 big per sostenere il nucleare

Rivolta di grandi manager e di personalità dello sport e dei media contro la politica energetica di Angela Merkel, che penalizza il nucleare e aumenta la tassa ecologica. In un "Appello per la politica energetica", pubblicato con inserzioni a tutta pagina sui grandi quotidiani tedeschi, oltre 40 protagonisti dell'economia nazionale invitano il cancelliere a non rinunciare al nucleare come fonte di energia e bocciano l'idea di tassare le 17 centrali atomiche tedesche in cambio di un rinvio della loro chiusura.

Tra i firmatari del clamoroso "appello dei 40" figurano, oltre ai responsabili dei grossi colossi energetici, anche il presidente di Deutsche Bank, Josef Ackermann, il presidente di Deutsche Bahn, le ferrovie tedesche, Ruediger Grube, i responsabili di colossi industriali come Bayer, Basf e Thyssen-Krupp, ma anche della distribuzione come Metro e perfino un grande ex calciatore ora tecnico della nazionale come Oliver Bierhoff. Nell'appello si chiede che, parallelamente all'ampliamento delle energie rinnovabili, si continui a mantenere la produzione elettrica basata sull'uso del carbone e del nucleare. Con lo slogan "Coraggio e realismo per il futuro energetico della Germania", i firmatari fanno presente che in gioco ci sono "la sicurezza di approvigionamenti vitali e il futuro della Germania". Nell'appello si concorda sul fatto che "il futuro appartiene alle energie rinnovabili e prive di CO2", ma questa evoluzione non puo' essere realizzata dall'oggi all'indomani. "Per una fornitura di energia sicura, pulita e soprattutto economicamente sopportabile", scrivono i manager, "non si puo' rinunciare per un lungo periodo alla produzione a costi ridotti basata sul carbone e sul nucleare". "Un'uscita troppo rapida da questi due tipi di produzione energetica distruggerebbe miliardi di capitale a spese dell'ambiente, dell'economia e della gente del nostro Paese", avvertono.

Fonte

venerdì 20 agosto 2010

Aumentano le centrali nucleari "galleggianti"

La Russia ha annunciato il prossimo varo di centrali nucleari galleggianti.
Secondo quanto riferisce The Voice of Russia, nei Cantieri Baltici di San Pietroburgo è stata realizzata una chiatta predisposta per il contenimento di due reattori nucleari da 35 MW ciascuno. Del tipo utilizzati dai rompighiaccio a propulsione nucleare in servizio in Russia da circa 50 anni.

La base galleggiante è lunga 144 metri e larga 30 ed ha una durata di vita stimata in circa 40 anni. E presenta una lunga serie di vantaggi.
A cominciare dal costo dell’energia generata, che è stimato pari a circa la metà del kWh prodotto da una centrale nucleare a terra, anche considerando i costi di smantellamento, infinitamente inferiori, e quelli delle infrastrutture ausiliarie ridotte, ad esempio per la trasformazione e il trasporto dell’elettricità, visto che le centrali possono essere situate a ridosso dei luoghi di utilizzo.
Inoltre, appunto, la centrale può essere rimorchiata presso qualsiasi località costiera, dove può elargire elettricità o calore o produrre acqua potabile.
Si tenga peraltro conto che 70 MWe (equivalenti a 300 MW termici) sono sufficienti a coprire la domanda di elettricità e/o calore per usi civili di una città con 500 mila abitanti (calcolando un consumo medio non da Paese in via di sviluppo, ma italiano, pari cioè a circa 3.000 kWh/anno per famiglia).


Fonte: Energy mix

giovedì 19 agosto 2010

A Padova si sperimenta il nucleare pulito

Qualche giorno fa parlavamo del progetto ITER - International Thermonuclear Experimental Reactor. Oggi torna a parlarne il Corriere del Veneto in un articolo di Riccardo Bastianello che descrive un progetto portato avanti da alcuni ricercatori del CNR di Padova.

Dal Corriere del Veneto del 19 agosto 2010:

"Tecnicamente si tratta di «iniettori di atomi ad alta energia» da utilizzate in Iter, l’International Thermonuclear Experimental Reactor del sud della Francia. Grazie a questo potrebbe diventare concreto il sogno di un nucleare pulito. Nel concreto si tratta di una sorta di «pompa della benzina» in grado di mettere in moto un motore enorme: il primo reattore a fusione nucleare mai realizzato, capace per quanto assurdo possa sembrare di produrre molta più energia di quanta ne consuma. Tradotto in termini ancora più semplici significa energia a volontà, a basso costo di produzione, senza bisogno di rare sostanze radioattive (la «benzina» la si ricava dall’idrogeno dell’acqua) e senza scorie difficili da smaltire. Nei mesi in cui la «questione nucleare» torna d’attualità la soluzione definitiva per un nucleare pulito potrebbe venire da Padova. O, meglio, potrebbe arrivare grazie al contributo dei ricercatori padovani del Cnr.

All’interno di Iter troveranno posto infatti iniettori da 100 milioni di euro che porteranno la firma padovana visto che saranno progettati e realizzati (quanto meno i prototipi) all’interno dell’area del Cnr di corso Stati Uniti. Per procedere allo studio e alla progettazione sarà necessario addirittura costruire un edificio ad hoc, di dimensioni notevoli per giunta: 28 metri di altezza su un terreno di 17 mila metri quadrati (9 mila quello calpestabile). Al suo interno, accanto ai laboratori sperimentali, troveranno spazio uffici, sale controlli, aule: tutto il necessario per portare avanti un progetto che vede la collaborazione di Unione Europea, Russia, Giappone, Cina, Stati Uniti, India e Corea del Sud e il cui costo previsto è di 10 miliardi di euro. A ricevere l’incarico e i finanziamenti per l’opera è il Consorzio Rfx, il gruppo padovano nato nel 1996 dall’unione delle forze di Cnr, Enea, Università di Padova e Acciaierie Venete spa (a cui poi si è recentemente aggiunto l’Infn). L’edificio per la progettazione degli iniettori costerà 16 milioni di euro e, stando ai tempi inseriti nel bando per l’appalto dei lavori, sarà pronto dopo 21 mesi a partire dal giorno dell’avvio dei cantieri. Al suo interno lavoreranno le circa 50 persone (di queste 35 ricercatori e scienziati) che gravitano attorno alla sofisticatissima progettazione. Il tutto nella speranza che i tempi per la realizzazione della struttura padovana siano rispettati. Anche qualche lieve ritardo nella consegna dell’edificio potrebbe creare non pochi problemi al progetto visto che sono già pronte per essere spedite a Padova tutte le sofisticatissime apparecchiature che serviranno allo studio e alla sperimentazione delle componenti (completata la sperimentazione due impianti identici dovranno essere installati in Iter).

«Una volta completati gli iniettori, messi a punto e installati di uguali nel reattore Iter - ha spiegato il professor Giorgio Rostagni, presidente del Consorzio Rfx - il funzionamento di Iter, previsto per il 2020, permetterà anche di fornire informazioni fondamentali sulla fisica del plasma, nozioni indispensabili per ottenere una fusione nucleare stabile e in grado di produrre enormi quantità di energia». Energia pulita, prodotta praticamente dal nulla e che non lascia alcun tipo di scorie.

martedì 17 agosto 2010

Germania: rimandare di 14 anni il phase out per diventare più verde?

Il trampolino per giungere all’agognata era delle energie rinnovabili si chiama nucleare? Così secondo Guido Westerwelle, ministro degli Esteri e vice cancelliere del governo Merkel , il quale, la scorsa settimana, ha riconosciuto che una moderata estensione della vita utile delle centrali tedesche, programmate per essere spente entro il 2022, è il passaggio necessario per conseguire un mix energetico con fonti pulite e sostenibili.
La sua dichiarazione, a margine di un gabinetto dei ministri che ha approvato il Piano Nazionale per le Energie Rinnovabili che dovranno balzare entro il 2020 al 20% del fabbisogno nazionale rispetto al 18% programmato partendo dall’attuale 10%, ha fatto il giro delle agenzie internazionali. Ha anche riacceso l’infuocato dibattito interno che, in prospettiva, potrebbe avere delle ripercussioni sui delicati equilibri di governo. In effetti, l’allungamento della vita utile delle centrali nucleari, ha spaccato l’esecutivo della Merkel, la quale finora ha sempre evitato di prendere pubblicamente una posizione netta. Da un lato, Norbert Röttgen, Ministro per l’Ambiente ed esponente del CDU, si oppone a un’estensione superiore agli 8 anni. Paradossalmente, gli oppositori a Röttgen, sono i suoi stessi colleghi di partito che guidano il governo regionale dei ricchi Stati del Baden- Württemberg e della Bavaria i quali, assieme al Free Democratic Party (guidato da Westerwelle), spingono invece per rimandare di altri 14 anni il phase out deciso dai Social Democratici e Verdi nel 2002. Secondo il settimanale Der Spiegel, il braccio di ferro sulla durata dell’estensione avrebbe una portata politica che travalica la scelta energetica federale ma determinerebbe addirittura l’assetto della prossima coalizione di governo. Diversi osservatori accusano Röttgen di preparare un suo futuro salto di barricata in un’ipotetica alleanza tra Social Democratici (SPD) e Verdi, la coalizione che tra 3 anni potrebbe spazzare l’attuale raggruppamento CDU, CSU e FDP.

Un compromesso potrebbe realizzarsi – secondo le indiscrezioni pubblicate dal quotidiano Rheinische Post – con la chiusura anticipata all’anno prossimo dei 2 o 3 impianti più vecchi compensata da un sostanziale prolungamento di vita delle rimanenti centrali accompagnato da un inasprimento delle norme di sicurezza.

Per ora queste speculazioni sono seguite con molta attenzione (e apprensione) da E.ON AG, RWE AG, Vattenfall Europe and EnBW AG, le 4 principali utilities che gestiscono reattori nucleari in Germania. Lo show down è atteso per il 27 agosto quando un comitato scientifico si esprimerà sulla road map energetica del governo Merkel.

Fonte: Newclear.it

venerdì 13 agosto 2010

Il cuore di ITER batte a Frascati

Nei Laboratori dell'ENEA di Frascati è stato completato un esperimento sulla fusione nucleare commissionato dai progettisti della macchina ITER, che sarà il più grande prototipo per la fusione nucleare. L'esperimento ha consentito di confermare la validità del progetto. Quando in ITER verranno prodotti 500 MW di fusione, i neutroni generati depositeranno l'80% di tale potenza nei componenti che circondano la camera di reazione che devono, pertanto, essere progettati in modo tale da proteggere completamente i superconduttori mantenuti a temperatura vicina allo zero assoluto.

Il Generatore di Neutroni di Frascati è uno dei pochissimi impianti di generazione di neutroni di intensità medio-alta disponibili al mondo per la ricerca sulla fusione, ed è tuttora la facility di riferimento in Europa. A partire dal 1992, a Frascati sono stati condotti numerosi esperimenti su prototipi di componenti che costituiscono oggi il data base sperimentale per la procedura autorizzativa alla realizzazione di ITER.

ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor, ma anche “cammino” in latino) è un progetto internazionale che si propone di realizzare un reattore a fusione nucleare in grado di produrre più energia di quanta ne consumi per l'innesco e il sostentamento della fusione. La Fusione è la sorgente d'energia del sole e delle stelle. Per soddisfare le necessità di una popolazione mondiale in continua crescita, la ricerca sulla Fusione Nucleare si propone di dimostrare che questa sorgente di energia può essere usata per produrre elettricità in modo sicuro, rispettoso dell'ambiente e con risorse di combustibile abbondanti.

Per più informazioni sul progetto visitate il sito web di ITER (c’è anche un video in cui si parla del laboratorio di Frascati), mentre per saperne di più sulla fusione nucleare (opportunità e vantaggi, sicurezza, costi, tecnologia, attività di ricerca in Italia e all’estero) visitate il sito di ENEA.

mercoledì 11 agosto 2010

Costi e occupazione del suolo di nucleare, eolico e solare


Qui sopra potete osservare una tabella, elaborata da Enerblog, che mette a confronto costi e occupazione del suolo per il nucleare, l’eolico e il solare (fotovoltaico e collettori cilindro-parabolici o CCP).

Vorrei far notare, in particolare, l’enorme occupazione di suolo di cui hanno bisogno le fonti rinnovabili per generare la stessa quantità di energia di una centrale nucleare.

Una centrale nucleare EPR da 1.600 MW (quelle che Enel ipotizza di realizzare in Italia) produce 12,6 miliardi di kWh/anno e occupa circa 20 ettari.

Per produrre la stessa energia con l’eolico sono necessari circa 3.000-4.000 aerogeneratori, che occupano direttamente 4.200 ettari e indirettamente 84.000 ettari (area totale intorno alle installazioni che può essere utilizzata per usi agricoli, di allevamento o simili, ma non per tutti gli usi).

Con il fotovoltaico si occuperebbero 7.800 ettari: bisogna tenere in conto che le superfici coperte dai pannelli fotovoltaici non possono essere utilizzate per altri usi, e che il suolo sotto i pannelli subisce un notevole degrado, in particolare dal punto di vista della riduzione della biodiversità.

Infine, sempre nell’ottica di produrre la stessa quantità di energia della centrale nucleare da 1.600 MW, con il solare CCP sarebbero necessari ben 12.643 ettari. I collettori cilindro-parabolici sono quelli utilizzati nella centrale Archimede che Enel sta completando in Sicilia, e attualmente costituiscono la tecnologia più efficiente per il solare termodinamico.

Fonte

martedì 10 agosto 2010

Energia nucleare: in Italia possibili otto centrali di nuova generazione entro il 2019

L’Italia potrebbe avere otto reattori nucleari di nuova generazione in esercizio per il 2019, e non è escluso che comprendano anche il modello americano AP1000. Lo ha detto a Washington il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Stefano Saglia, a margine del forum internazionale organizzato dall’amministrazione Obama sull’Energia Pulita. “Stiamo consolidando – ha detto Saglia – il nostro interesse verso tecnologie complementari. L’Italia è orientata ad avere quattro centrali da 1.600 megawatt, e accordi in tal senso sono avviati tra Enel e la francese EDF per centrali Epr. Ma non chiudiamo ad altre opzioni“. Come appunto quella dell’AP1000, tecnologia americana prodotta all Westinghouse Electric Company di Pittsburgh, che la delegazione italiana ha visitato il 7 agosto.

Riguardo un possibile dietrofront con la Francia, Saglia ha detto: “Diciamo che si consolida l’interesse italiano verso tecnologie più piccole e complementari a quelle francesi”. Alla luce di questa impostazione, secondo il sottosegretario l’Italia potrebbe “essere nucleare” per il 2019. “Entro il 2013 completeremo le fasi autorizzative – ha precisato – e le nuove otto centrali potrebbero essere in esercizio nel 2019. Le prime difficoltà politiche sono state superate. Le centrali saranno fatte d’intesa con le Regioni. Ovviamente ci sarà da costruire un consenso, ma la via imboccata è chiara. Sicuramente – ha concluso – chi ospiterà le centrali avrà vantaggi economici e forniture di energia gratuite. Diciamo che la prima lampadina è stata accesa“.

L’Italia potrebbe “posare la prima pietra” di un suo sistema nucleare “entro due-tre anni“: lo ha detto a Washington il ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, a margine della conferenza stampa tenuta con il segretario americano dell’Energia, Steven Chu, nell’ambito del forum sull’Energia Pulita, al quale hanno partecipato 24 ministri dell’Ambiente.

L’energia pulita è “il” tema del futuro – ha spiegato Prestigiacomo – e per affrontarlo bisogna prendere in considerazione anche l’ipotesi nucleare. Da questo punto di vista, l’Italia è negli Stati Uniti “per conoscere e capire“, nell’ottica di definire una via italiana al nucleare. “Stiamo procedendo – ha detto il ministro Prestigiacomo -. Abbiamo impiegato due anni per far partire l’Agenzia per la Sicurezza, ma direi che adesso siamo lì. Entro due, massimo tre anni potremo posare la prima pietra di una nuova centrale“. I problemi non mancano, primo fra tutti la scelta dei siti, ma il ministro ha precisato che “non è competenza del Governo scegliere i siti. Il Governo sceglie i criteri di fondo a cui una centrale deve attenersi, ma saranno poi i privati a fare proposte. Purtroppo in Italia c’é molta confusione sul nucleare“.

Fonte

giovedì 5 agosto 2010

Il nucleare in Italia, ora è legge

Via libera al ritorno del nucleare in Italia. Il Senato ieri ha convertito in legge il decreto sull'energia. L'ulteriore passaggio a Palazzo Madama si è reso necessario dopo le modifiche approvate alla Camera. Martedì in particolare era stato soppresso da due emendamenti di Pd e Idv l'articolo 3 che rendeva compatibile la nomina al vertice dell'Agenzia per la sicurezza nucleare con un incarico politico elettivo. Il senatore del Pd Umberto Veronesi, indicato per la guida dell'agenzia, dovrà dunque lasciare il seggio di Palazzo Madama.

Tra le modifiche introdotte, sono diventate definitive quelle relative all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti che dovrà, in posizione di terzietà, fornire assistenza tecnica sui programmi comunitari svolti dal ministero dello Sviluppo. Diverse, inoltre, le norme sulle fonti rinnovabili inserite nel provvedimento, che tra l'altro istituisce, presso l'Acquirente unico S.p.A., la società pubblica del Gruppo GSE, una banca dati dei clienti finali di energia e gas al fine di contrastare «fenomeni fraudolenti ed elusivi».

Entro il 2030 le fonti energetiche dovranno essere suddivise per il 25% da energia dal nucleare, per il 25% da fonti rinnovabili e per il 50% da idrocarburi. Intanto i consumi elettrici a luglio hanno fatto registrare un rialzo del 5,4%, il più alto dal luglio del 2003 una crescita record spinta dalla ripresa economica ma anche dall'ondata di calore che ha investito l'Italia.

mercoledì 4 agosto 2010

Ancora su Veronesi e il nucleare...

Ne Il Giornale di lunedì 26 luglio, Mario Capanna incita il Prof. Veronesi a non assumersi la responsabilità della presidenza dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. Per convincere l’eminente scienziato, Capanna tira fuori le solite banalità: “le centrali producono scorie di plutonio, materiale che non esiste in natura e ha tempi di dimezzamento della radioattività pari a 24.300 anni – resta dunque altamente inquinante per 240.000 anni. Vorrebbe, l’illustre oncologo , dire gentilmente dove le conserveremmo, in condizioni di reale sicurezza, in un paese ad alta sismicità come il nostro?”. Capanna afferma, inoltre, che il solare è la nostra soluzione, e che i soldi ci sono, come affermato dal Premio Nobel Rubbia e come, viceversa, messo in dubbio dal Prof. Veronesi.

Lo sa, il nostro esperto di problemi energetici, che se TUTTA l’energia elettrica in Italia fosse prodotta col nucleare, le scorie ad alta attività coprirebbero un campo da tennis per l’altezza di un metro? Ha mai fatto, il Capanna, un giro in Giappone per vedere i 54 reattori funzionanti senza un incidente anche in presenza di forti terremoti?

Il solare alla Rubbia è certamente interessante per piccoli impianti e dove non piove mai. L’impianto solare “Archimede”, inaugurato da poco vicino a Siracusa, dovrebbe, con i suoi 5 MW di potenza, essere sinergico e complementare alla vicina centrale a gas da 760 MW. Tenendo conto del fattore di utilizzo della centrale solare (20%) e di quella a gas (90%), risulta che la centrale alla Rubbia produce 1 e quella a gas produce 700! E si parla di complementarietà tra le due? Ridicolo. Spero proprio che il Prof. Veronesi accetti la direzione dell’Agenzia del nucleare e faccia piazza pulita di tutti questi pastorelli e pastorelle della Novella Arcadia, solo impedimento al moderno sviluppo del nostro Paese.

Fonte

martedì 3 agosto 2010

Perché sto dalla parte del nucleare

Intervista a Umberto Veronesi pubblicata sulla Stampa

Le polemiche sorte intorno alla proposta di una mia nomina a presidente dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare non mi stupiscono, anzi sono comprensibili e in gran parte giustificate.

In particolare capisco il pensiero del Pd di fronte all’offerta che mi ha rivolto il governo: riflette un dilemma che io stesso ho vissuto e sto ancora vivendo. Mi sono chiesto infatti se fosse giusto compiere una scelta che va contro la posizione del partito con il quale ho accettato di candidarmi al Senato.

Oppure se non fosse più corretto operare una sorta di autocensura e dire no al coordinamento di un piano che pure considero importante per lo sviluppo del Paese. Alla fine ha prevalso in me il desiderio di partecipare con decisione al ritorno del nucleare in Italia, se pure a condizione di un programma ineccepibile dal punto di vista della qualità scientifica, della sicurezza per l’uomo e per l’ambiente e della sostenibilità economica.

Con questa scelta è difficile continuare l’attività senatoriale. Già avevo elaborato dentro di me questa consapevolezza, che poi mi è stata espressa da molti membri del partito. Ha ragione il senatore del Pd Roberto Della Seta: non potrei perché gli impegni sarebbero troppi, ma anche perché la mia coscienza non me lo permetterebbe. La legittima discussione sulla mia scelta ha tuttavia oscurato agli occhi della gente le sue motivazioni: perché sono così convinto del nucleare da assumermi un incarico così spinoso e largamente impopolare? Che cosa glielo fa fare, professore, mi chiedono i pazienti e gli amici più stretti? Mi spinge la mia convinzione che l’energia nucleare è un progresso scientifico straordinario per l’uomo e, proprio poiché ci credo, ritengo in coscienza di dover offrire tutto il mio impegno di scienziato e di cittadino perché il mio Paese, che amo, sia all’avanguardia in questo settore e non rimanga arenato per motivi ideologici.

Vorrei ricordare che il nucleare è nato in Italia grazie a Enrico Fermi e quando nel dicembre 1942 lui e la sua squadra festeggiarono con un fiasco di vino Chianti (fiasco che fu firmato da tutti i fisici presenti e che diventò da allora un oggetto di «culto») si aprì una nuova era per la scienza e per l’umanità. Il brindisi era per la scoperta della «pila atomica» che era in grado di produrre enormi quantità di energia con la rottura di un atomo di uranio colpito da un neutrone. Fermi scoprì che per produrre energia non è necessaria la combustione (che consuma ossigeno) né il riscaldamento a carbone, o petrolio, e trovò quindi una soluzione potenziale al crescente fabbisogno energetico nel mondo. La politica poi fece un uso tragicamente improprio della sua scoperta, facendo costruire la bomba che gettò un’ombra indelebile su questo progresso.

Sul nucleare come fonte di energia io mi sento di poter rassicurare la popolazione circa la sostanziale assenza di rischio. L’attività delle centrali nucleari produce energia pulita, senza emissioni (presenti invece nei processi di combustione) di sostanze che rappresentano un rischio di malattie respiratorie, allergiche o tumorali nell’uomo.

Ma ciò di cui la gente ha paura sono gli incidenti alle centrali. Va detto che in 40 anni di utilizzo del nucleare nel mondo si sono verificati solo 2 casi: quello di Three Mile Island in Pennsylvania nel 1979, che non provocò nessuna contaminazione e nessuna vittima, e quello di Cernobil nel 1986, che fu un vero disastro. Spesso però si ignora che a Cernobil la causa fu la leggerezza e l’incompetenza del personale. Il direttore aveva esperienza solo di impianti a carbone e il capo ingegnere ne aveva soltanto con i reattori nucleari preparati per i sottomarini sovietici. Si è inoltre unito il fatto che il reattore era già allora inadeguato e tecnologicamente incapace di autoproteggersi dal rischio di malfunzionamento e infine che la tragedia avvenne nel corso di un esperimento, in cui furono paradossalmente violate tutte le regole di sicurezza e di buon senso. Si tratta quindi di un evento unico che ha dei tratti di pura assurdità, e che oggi non si potrebbe ripetere. La presenza di un rischio molto limitato non toglie nulla al compito dell’agenzia per la Sicurezza, che mantiene un ruolo importante e va gestita con fermezza e senza compromessi. Il mio obiettivo potrebbe essere non solo dare una certezza solida alla popolazione, ma anche mettere a punto un modello nuovo di approccio al concetto di sicurezza, più attento ai bisogni reali di salute e di tranquillità dei cittadini.

lunedì 2 agosto 2010

Proprio sicuri che l'energia solare costi meno del nucleare?

Sì, se si ricorre ad assunti irrealistici e trucchi contabili
di Carlo Stagnaro e Daren Bakst

Il solare costa meno del nucleare, quindi niente atomo, solo sole. Lo dice uno studio realizzato dagli economisti John Blackburn e Sam Cunningham, per conto dell'organizzazione ambientalista del North Carolina NC Warn. Il paper ha fatto rapidamente il giro del mondo: grazie prima al lancio del New York Times, poi all'attenzione dei maggiori quotidiani, anche nel nostro paese; e forse anche grazie alla penuria estiva di notizie. Nessun dubbio, del resto, che ne escano numeri sensazionali. Ma sono numeri convincenti?

Secondo gli autori, l'energia solare ha un costo medio di generazione di 15,9 centesimi di dollaro al kilowattora (in discesa), contro i 17 centesimi del nucleare (in salita) e un prezzo di mercato di circa 8 centesimi (nel 2008 in North Carolina, stato americano a cui lo studio si riferisce). Dietro questi dati ci sono una serie di ipotesi che tendono a sottostimare il costo del solare: per esempio, i due economisti assumono che i pannelli producano energia per quasi 1.600 ore l'anno, contro le circa 1.400 ore effettivamente registrate in North Carolina. Anche prendendo tutto per buono, si ottiene un risultato diverso: cioè 35 centesimi. Per scendere fino a 15,9 centesimi - cioè far apparire competitivo ciò che non lo è - ci vuole un trucco, immediatamente smascherato, ieri, in una nota dell'Associazione italiana nucleare: basta includere il credito fiscale federale e quello dello stato del North Carolina, rispettivamente del 30 e del 35 per cento. Con questo sussidio il costo unitario dell'investimento precipita da 6.000 a 2.730 dollari/kilowatt. Equasi triviale dire che, con la stessa logica, con una detassazione del 100 per cento, l'energia potrebbe sgorgare gratis... Ovviamente, così non è: semplicemente, anziché pagare i consumatori in proporzione a quanto consumano, lo farebbero i contribuenti in proporzione a quanto dichiarano. Cambiando l'ordine degli addendi, possono intervenire considerazioni di efficienza allocativa (che sconsigliano il ricorso alla leva fiscale, peraltro), ma non muta il risultato: il solare è ancora maledettamente costoso.

Un discorso uguale e contrario vale per il nucleare. Blackburn e Cunningham si affidano a una sola fonte, che pure fornisce stime largamente inferiori ai 35 centesimi. Il bello è che, applicando la stessa formula al nucleare, pur facendo una serie di ipotesi peggiorative e aggiungendo i costi del personale e della gestione degli impianti (ignorati per il solare), si arriva attorno ai 15 centesimi: cioè al di sotto sia del costo "vero" del solare, sia addirittura del suo costo "sussidiato". Tutto ciò senza neppure considerare i costi di rete. Come la leggendaria formichina, Blackburn e Cunningham si concentrano sulla foglia, e perdono di vista la foresta. A leggere il loro paper, infatti, pare che le utility del North Carolina - e, implicitamente, tutte le altre - abbiano una scelta secca: nucleare oppure solare. Non è così. La competizione non è mai tra una singola fonte e l'altra, ma tra un portafoglio di generazione e l'altro. Soddisfare la domanda elettrica di una società moderna richiede di sfruttare tutte le fonti disponibili, nella misura e per gli scopi in cui sono relativamente più convenienti. Il futuro non è, quindi, sole oppure atomo. L'unica cosa che sappiamo del futuro è che ci saranno sia i pannelli fotovoltaici, sia gli impianti nucleari: e pure il carbone, il gas, l'idroelettrico, eccetera. Beato quel mondo che non ha bisogno di tecnologie eroiche, ma usa razionalmente quel che l'ingegno umano ha creato, nell'attesa delle prossime, e migliori, invenzioni.

* Carlo Stagnaro, Istituto Bruno Leoni Daren Bakst, John Locke Foundation