giovedì 31 marzo 2011

Barack Obama è per il nucleare e le energie rinnovabili

Diminuire di un terzo, nei prossimi dieci anni, l’importazione di greggio dall’estero. Arrivare al 2025 con un’America sempre meno dipendente dall’oro nero, dalle crisi politiche mediorientali, dall’aumento del prezzo del petrolio per guerre e speculazioni varie. Questo uno degli obiettivi di Barack Obama.

Il presidente ha esposto il suo ambizioso programma in un discorso alla Georgetown University. Un’agenda energetica che potremmo definire controcorrente. Non solo perché rilancia gli investimenti sulle energie rinnovabili, ma anche perché, mentre tutto il mondo s’interroga sul destino dell’atomo, fa riemergere con forza l’idea che gli americani debbano puntare sulle centrali nucleari per avere l’energia necessaria per il futuro.

Nonostante Fukushima, nonostante il dramma della centrale atomica giapponese abbia posto quesiti a tutti i governi sulla sicurezza dell’energia nucleare, il presidente americano non cambia la rotta tracciata fin dalla (ormai) lontana campagna elettorale e ribadita in diverse occasioni, ultima delle quali il Discorso all’Unione dello scorso gennaio, quando annunciò l’obiettivo di passare dall’attuale 40% di energia prodotta da fonti pulite all’80% entro il 2035.

E, tra queste, oltre al vento, al sole e all’idrogeno, Barack Obama colloca l’energia nucleare. “Credo nella sicurezza degli impianti americani” - ha detto il presidente alla Georgetown University. E nelle potenzialità dell’atomo, fonte energetica che, nonostante il dramma giapponese, non possiamo togliere dal tavolo”.

Per lui, la priorità è diminuire la dipendenza dal petrolio. Farlo, non solo per evitare di essere appesi agli instabili equilibri del Medio Oriente, ma anche per lasciarsi alle spalle l’incubo della Macchia Nera del Golfo del Messico; le pressioni della lobby del greggio per avere i permessi di trivellazione in paradisi naturali come l’Alaska; per evitare l’altalena del prezzo della benzina, che ora ha raggiunto il quasi record di 3 dollari e 58 al gallone.

Da Panorama

mercoledì 23 marzo 2011

Stress test per le centrali europee

In seguito all'incidente nella centrale giapponese di Fukushima Daiichi, l'Unione Europea ha deciso di procedere a nuovi controlli di sicurezza sulle proprie centrali: nei 143 reattori in attività nell'Unione Europea saranno condotti "stress test", cioè verifiche per valutare la resistenza degli impianti in condizioni estreme. Gli stress test sono stati al centro del consiglio straordinario dei ministri dell'energia dei 27 Paesi membri, il 21 marzo a Bruxelles.

La proposta dei test è venuta dal commissario europeo all'energia Günther Oettinger e ha ricevuto l'apprezzamento di tutti i Paesi: «Per il momento tutti i Paesi hanno detto che parteciperanno, perché è interesse di tutti», ha dichiarato Oettinger.

Non è stato però raggiunto un accordo sull'obbligatorietà dei test, che saranno dunque facoltativi. Oettinger si è detto però ottimista sulla possibilità che tutti gli Stati membri intraprendano i test nella seconda metà del 2011.

I criteri in base a cui eseguire i test non sono stati ancora stabiliti, a causa delle profonde differenze tra i singoli Paesi sia dal punto di vista delle politiche nucleari, sia per quanto riguarda le tipologie degli impianti.

«Tutti mirano a standard comuni di sicurezza per minimizzare i rischi. Nelle prossime settimane, i Paesi membri e la Commissione elaboreranno un elenco dei criteri generali per la sicurezza con cui andremo nelle 143 centrali nucleari dei Paesi dell'Unione Europea per le verifiche», ha affermato Oettinger, esprimendo l'auspicio che i controlli siano effettuati anche nelle centrali dei Paesi confinanti con l'Unione Europea, come la Svizzera e l'Ucraina.

Gli aspetti relativi alla sicurezza dovranno comunque comprendere la progettazione dei diversi modelli di reattori, la loro durata di vita, i sistemi di emergenza, la resistenza a terremoti, inondazioni, attacchi terroristici e addirittura impatti di aerei.

Al termine dell'incontro il presidente del Consiglio energia, il ministro ungherese Tamás Fellegi, ha ricordato l'importanza cruciale dell'informazione al pubblico e della trasparenza: «La comunicazione è parte integrante della politica energetica. Tutto quanto facciamo in questo campo deve essere trasparente, i cittadini devono essere informati sulla situazione reale, perché mantenere la fiducia è importante non solo a livello di singoli Paesi ma a livello europeo: i rischi potenziali non si fermano ai confini».


Nuclear News

giovedì 10 marzo 2011

Romani e Conti accelerano sul nucleare

La crisi libica e l'impennata del petrolio riportano la necessità di diversificare le fonti di energia al centro del dibattito. E rilanciano la necessità del nucleare, in Italia osteggiato, ma allo stato attuale uno dei migliori modi per sfuggire alla dittatura dell'oro nero. Ieri l'ad di Enel Fulvio Conti ha ribadito la necessità di non mollare i progetti italiani per il ritorno dell'atomo. «L'Italia non è fuori tempo massimo per vedere la prima centrale nucleare realizzata entro il 2020: ma da adesso in poi, per raggiungere l'obiettivo, non sarà più possibile indugiare e bisognerà stringere sia sull'Agenzia per la sicurezza che sugli adempimenti amministrativi» ha detto Conti, davanti alla Commissione Bilancio della Camera. L'ad del gruppo elettrico ha anche messo però qualche paletto. «Se entro fine anno sarà completata la parte amministrativa e ci sarà la piena funzionalità dell'Agenzia per la sicurezza nucleare sarà ancora possibile avere la prima centrale entro il 2020, come previsto», ha spiegato Conti, assicurando quindi che «nonostante il ritardo accumulato, non siamo fuori tempo massimo». Certamente, gli adempimenti da portare a termine non sono pochi. E proprio ieri il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, ha parlato di «accelerata», ricordando che è stato approvato il regolamento per la scelta dei siti per recepire la recente sentenza della Corte Costituzionale che coinvolge le Regioni: «Gli operatori chiederanno alle Regioni la possibilità di individuare il sito e le Regioni, con il ministero e l'Agenzia, diranno se quel sito va bene o male», ha spiegato il ministro. È proprio questo il tema su cui concentrarsi l'anno prossimo, ha sottolineato Conti, secondo cui, per rispettare la tabella di marcia, è vitale che gli iter autorizzativi partano entro il 2012.

Fonte - Il Tempo

lunedì 7 marzo 2011

Il Canada finanzia un nuovo centro di ricerca

La provincia del Saskatchewan (Canada centro-occidentale) ha stanziato 30 milioni di dollari (22 milioni di euro) in 7 anni per creare un nuovo centro di ricerca nucleare presso l'Università del Saskatchewan di Saskatoon. Lo ha annunciato il 2 marzo Brad Wall, capo del governo provinciale.

Il progetto riguarda in particolare la ricerca nell'ambito medicina nucleare, della scienza dei materiali e della radiochimica. Per quanto riguarda le applicazioni industriali, si occuperà dello sviluppo dei piccoli reattori modulari: un progetto che secondo molti potrebbe rappresentare il futuro dell'energia nucleare.

Secondo Wall il nuovo centro permetterà al Saskatchewan di riconquistare la posizione di avanguardia nella ricerca nucleare che aveva avuto per decenni. Walll ha ricordato infatti che proprio nell'Università del Saskatchewan, all'inizio degli anni Cinquanta, gli scienziati avevano sviluppato una delle prime terapie nel campo della medicina nucleare: un trattamento contro il cancro a base di cobalto 60, ancora oggi largamente usato in tutto il mondo.

«Con questo nuovo entusiasmante centro di ricerca multidisciplinare, la nostra università farà fruttare le proprie risorse storiche. Diventerà un centro di eccellenza a livello internazionale per la ricerca, l'innovazione e la formazione nel campo dell'energia nucleare, ma anche per gli studi sui suoi aspetti sociali e ambientali. Potremo ingaggiare nuovi ricercatori, finanziare borse di studio e in generale creare opportunità di ricerca a livello di avanguardia», ha dichiarato il rettore Peter MacKinnon.

L'Università del Saskatchewan dispone già di varie apparecchiature di ricerca nucleare: il Canadian Light Source synchrotron, il reattore di ricerca Slowpoke e il reattore sperimentale a fusione STOR-M.

Il Saskatchewan, con una popolazione di un milione di abitanti, ha una produzione di 10.000 tonnellate di uranio all'anno. La vocazione nuclearista della provincia coinvolge anche il mondo politico e industriale: pur non avendo centrali nucleari, è fra i candidati per ospitare il deposito nazionale di scorie. Inoltre le ricerche che saranno condotte nel nuovo centro potranno creare opportunità commerciali.

Fonte: NuclearNews

giovedì 3 marzo 2011

Veronesi: "Senza nucleare l’Italia è un Paese morto"

Vista con gli occhi di Umberto Veronesi, la questione del ritorno all’atomo è estremamente semplice. «Senza il nucleare l’Italia muore. Tra 50 anni finirà il petrolio, tra 80-100 il carbone, seguito poi dal gas. Altre fonti non saranno sufficienti a fornire l’energia di cui abbiamo bisogno. Il risultato? Non avremo la luce, non potremo far funzionare i computer o i frigoriferi e neppure far viaggiare i treni. Se lo immagina?».

Se questa è la (apocalittica) premessa, non è difficile capire perché il medico più famoso d’Italia, a 85 anni, abbia deciso di abbandonare il Senato e accettare la presidenza dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. L’incarico - c’è da scommetterci - porterà con sé una cospicua dote di polemiche, ma Veronesi non ha dubbi che il piano possa realizzarsi senza pericoli per le persone e l’ambiente.

Professore, recenti sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani è contraria al nucleare. Non la preoccupa andare controcorrente?
«No, anzi, la conflittualità mi stimola. Sono abituato ad affrontare problemi scabrosi. L’importante è essere sicuro che la scelta che faccio sia moralmente corretta».

E in questo caso lo è?
«Assolutamente sì. Come oncologo conosco molto bene le radiazioni e i modi per proteggere i pazienti. Voglio dedicare i prossimi anni ad assicurare i cittadini che non corrono rischi».

Conoscerà altrettanto bene le contestazioni mosse dal fronte degli oppositori, vero? «Guardi, ci sono essenzialmente tre problemi per quanto riguarda un reattore nucleare. Primo, garantire la sicurezza nel funzionamento ordinario, obiettivo non difficile. Poi c’è la questione delle scorie e mi creda, nessuno mai è morto per inquinamento da scorie. Infine c’è il fattore umano, la possibilità di poter disporre di personale qualificato è fondamentale. Basta pensare che i due grandi incidenti nelle centrali nucleari hanno avuto una caratteristica comune: sono dipesi da errori umani. E’ stato così a Three Mile Island, negli Usa, come a Cernobyl».


C’è chi sostiene che le tecnologie scelte dall’Italia per le nuove centrali rischino di risultare superate una volta che gli impianti entreranno in funzione. Come risponde? «Ma noi non abbiamo ancora fatto una scelta definitiva, per cui l’obiezione non è fondata. E poi, una centrale è studiata per durare da 60 a 100 anni. Se anche ne trascorrono 10 per averla operativa, certo non potrà essere considerata vecchia».

Torniamo al primo problema che lei ha sollevato, il funzionamento del reattore. Gli ambientalisti ripetono che, pure in condizioni di normalità di un impianto, ci sono piccole dispersioni che creano conseguenze per la salute. E’ vero?
«E’ un’invenzione assoluta. Non esce nulla. Meglio, esce dell’acqua, che può avere minime quantità di radiazioni, ma molto inferiori anche rispetto al livello di legge. Non crea problemi».

Resta la delicatissima questione delle scorie e di come smaltirle. Quando nel 2003 il governo individuò Scanzano Jonico come sede del deposito nazionale, ci fu una sollevazione popolare. Come pensa di affrontare questo aspetto?
«Il discorso è complesso, provo a ridurlo all’essenziale. Solo una piccola parte delle scorie richiede millenni per depotenziarsi completamente. Vanno messe in sicurezza, e ci sono le soluzioni per farlo, dentro una montagna o a grandi profondità. Al tempo stesso, si stanno affinando tecniche per renderle innocue più in fretta. Soprattutto, l’Italia potrà non avere depositi di scorie pericolose».

In che senso?
«Si tende a individuare un unico sito per Continente. In Europa ci sono tre soluzioni allo studio, tutte fuori dai nostri confini. Ma il punto vero è che le scorie sono sì un problema serio e costoso, ma non devono spaventare. Non si sorprenda se dico che c’è più radioattività in un ospedale. O ancora, lo sa che c’è uranio anche in un bicchier d’acqua? ».

Ma tra un bicchier d’acqua e una centrale esiste una bella differenza. La realtà è che c’è ancora paura fra la gente. Questo non conta?
«Ho trascorso la mia vita a combattere le paure ingiustificate. Soltanto 40 anni fa in Italia c’era ancora il timore a usare il forno a microonde, per non dire di quando cominciò a girare la storia che il pane congelato in freezer fosse cancerogeno. Assurdità, lo sappiamo. Ma voglio dire che spesso la paura è frutto di ignoranza. Sono timori vaghi, confusi, sui quali giocano alcuni movimenti politici. Il risultato? Non si possono usare gli Ogm, non si fa la Tav, si bloccano i termovalorizzatori... ».

Le fonti rinnovabili non possono essere un’alternativa?
«Sarebbe bellissimo, ma dobbiamo intenderci. Dalle biomasse può arrivare l’1-2% del fabbisogno italiano, così come dalla geotermica. L’idroelettrica è praticamente già al massimo. L’eolica? Procede, ma abbiamo poco vento e bisogna pensare anche al paesaggio e al turismo. E se comunque, per assurdo, riempissimo la penisola di pale, arriveremmo a coprire il 10-15%. Resta il solare, io sto giusto mettendo un impianto nella mia casa in campagna. Ma è questa la dimensione, va bene per le famiglie, non per una grande fabbrica».

Lei, pur non essendo iscritto, è stato eletto nelle fila del Pd, un partito contrario al nucleare. Ha provato imbarazzo per questa diversità d’opinione?
«Difendo le mie posizioni di uomo di scienza. So che nel Pd c’è chi ha idee diverse, lo rispetto, ma restiamo distanti. Comunque, non è per questo che mi sono dimesso da senatore».

Così come nel 1987, c’è ancora un referendum che può bloccare il nucleare in Italia. Teme il voto?
«Le rispondo con una battuta. Se dovessero prevalere i contrari, io avrei più tempo libero per dedicarmi alla famiglia e ai miei interessi. Peccato che a rimetterci sarebbe il Paese».


Fonte - La Stampa

venerdì 25 febbraio 2011

Online la nuova versione dello spot del forum nucleare

Lo spot del Forum nucleare italiano è stato sospeso, dopo che il Giurì dell'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria lo ha definito «comunicazione commerciale ingannevole».

Secondo il Giurì lo spot «non comunica al telespettatore gli obiettivi sociali che l'associazione inserzionista intende raggiungere»: in pratica, il Forum avrebbe dovuto dichiarare di avere una posizione a favore dell'utilizzo dell'energia nucleare.

Lo spot, in cui le posizioni a favore e contro il nucleare erano rappresentate dalle mosse di una partita a scacchi, era stato criticato dalle associazioni ambientaliste, secondo cui l'apparente neutralità era tradita da alcuni accorgimenti subliminali: il giocatore a favore del nucleare aveva i pezzi bianchi, e quello contrario i neri. Inoltre anche i toni di voce sarebbero diversi: più tranquillizzante quello del filonuclearista, più incerto e dubbioso quella dell'antinuclearista.

In realtà però il Giurì non ha criticato questi aspetti, ma solo l'assenza di una presa di posizione dichiarata. Perciò il Forum ha deciso di adeguarsi alla deliberazione, modificando il filmato, anche se solo in minima parte: ed oggi è online la versione nuova. Sfido ora a trovare le differenze con la versione precedente. E concludo che tutta questa storia mi sembra molto figlia di una situazione tipicamente italiana.

mercoledì 23 febbraio 2011

Emergenza in Libia e il petrolio s'impenna

Le tensioni in Libia per il momento non rappresentano un problema per l'Italia, ma fanno riflettere sull'eccessivo sbilanciamento del Paese per quanto riguarda le forniture energetiche. Il problema dell'eccessiva dipendenza italiana dai fornitori stranieri di gas e petrolio riapre il dibattito sul nucleare, la cui scelta potrebbe essere la via più giusta.

A causa dell’emergenza in Libia, infatti, l’Eni ha sospeso le attività legate alla produzione del petrolio e del gas naturale, e ha provveduto a mettere in sicurezza gli impianti relativi alla lavorazione di queste risorse energetiche. Inoltre sembrano ormai prossime alla conclusione le operazioni di rimpatrio dei dipendenti della multinazionale, cominciato ieri. Precisamente, mancano ancora 34 lavoratori da rimpatriare, ma l’Eni sta nel frattempo effettuando un costante monitoraggio della situazione.

Questa mattina, il “Quotidiano Energia” ha comunicato che Eni avrebbero effettuato un progressivo svuotamento del gasdotto Greenstream, che conduce il gas dalla Libia alla Sicilia, data la situazione di pericolo creatasi in Libia. La diminuzione dei flussi energetici toccherà anche il gruppo Edison, che ha ricevuto una comunicazione da parte dell’Eni, in cui la società spiega che a causa della critica situazione nel Paese nord africano, non sarà più possibile garantire tutti i flussi di gas previsti per Foro Bonaparte, che è il maggiore cliente di Greenstream.

martedì 22 febbraio 2011

Le nuove regole olandesi

L'Olanda andrà avanti con l'energia nucleare, ma con regole nuove e rigorose. Lo ha annunciato il ministro dell'economia, dell'agricoltura e dell'innovazione, Maxime Verhagen.

I reattori dovranno essere di terza generazione, con standard di sicurezza elevatissimi: la struttura di contenimento deve essere in grado di resistere all'impatto di un aereo di linea, e il rischio di fusione del nocciolo deve essere inferiore a uno in un milione di anni.

Inoltre il governo non si farà carico dei costi: saranno tutti a carico delle società elettriche, compresi quelli per la gestione delle scorie e lo smantellamento delle centrali, che dovrà iniziare appena cessata l'attività. Inoltre le società dovranno fornire in anticipo adeguate garanzie finanziarie al governo e versare una quota in favore della ricerca sulle scorie. Il governo in compenso si impegnerà a facilitare il processo autorizzativo: lo scopo è iniziare i lavori per la costruzione nel 2015.

La politica del governo olandese è in favore dell'energia nucleare, vista come un'opzione economica e affidabile nel passaggio verso un sistema energetico a basse emissioni di anidride carbonica: le nuove centrali dovrebbero chiudere nel 2080, lasciando spazio a un mix energetico basato sulle fonti rinnovabili.

Due società hanno già dimostrato interesse per il nuovo programma nucleare olandese: Delta ed Energy Resources Holding, attualmente comproprietarie al 50% della centrale di Borssele (Sud del Paese), dove è in funzione l'unico reattore commerciale olandese. Entrambe le proposte riguardano la costruzione di un secondo reattore a Borssele.

NuclearNews

giovedì 17 febbraio 2011

Si può fare a meno dell’energia nucleare?

Per rispondere alla domanda- si può fare a meno dell'energia nucleare? - ci sono numerose considerazioni da valutare.

La prima considerazione riguarda l'Europa. Nel Vecchio Continente (UE e altri Paesi europei, Russia compresa), vi sono grandi centrali elettriche per circa 500.000 MW che nei prossimi 20-25 anni dovranno essere messe fuori servizio per anzianità. E quindi sostituite da nuove centrali per una potenza equivalente (senza qui considerare l'ulteriore potenza necessaria a soddisfare la nuova domanda, che, pur in presenza di politiche di risparmio e di efficienza energetica, è prevista in notevole crescita).

Si tratta in gran parte di centrali "di base" (soprattutto nucleari e a carbone) il cui servizio è cioè indispensabile tutto l'anno, di notte e di giorno, in giornate ventose e senza vento, per cui è impensabile che possano essere sostituite da fonti rinnovabili, se non in minima parte.

Chi è convinto che si possa rinunciare al nucleare in Italia dovrebbe anche dire quale alternativa ci sia alla sostituzione di queste centrali. Anche in considerazione dei vincoli di competitività, di sicurezza degli approvvigionamenti, di inquinamento locale e di emissioni di gas serra che sono già forti oggi e che saranno di anno in anno crescenti.

Ovviamente non è né logico né razionale ipotizzare che tutta questa potenza venga sostituita da nuove centrali nucleari. Ma certo è difficile immaginare un futuro senza un rilevante ruolo anche per il nucleare, è che l'unica fonte che offre grandi potenze unitarie a prezzi competitivi, senza accrescere la dipendenza da altri Paesi , senza emettere alcun tipo di inquinante (ossidi di zolfo e di azoto, polveri, diossine e altri inquinanti chimici) e senza impatto sul clima globale.

La seconda considerazione è di carattere più generale. Sulla Terra vivono 6,7 miliardi di persone, di cui "i ricchi" (1,2 miliardi, pari al 18% circa) consumano quasi il 50% di tutta l'energia primaria prodotta e il 60% di quella elettrica. Dei rimanenti 5,5 miliardi, che si dividono il restante, circa un miliardi e mezzo di persone non ha nemmeno accesso all'elettricità.

Inoltre continuiamo ad aumentare di numero: tra poco più di 30 anni saremo 9 miliardi, con un incremento di popolazione tutto a carico dei Paesi oggi in via di sviluppo, che quindi raggiungeranno la cifra di 7,5-8 miliardi, mentre noi "occidentali" resteremo più o meno 1,2 miliardi.

Ebbene, è lecito e giusto sperare che quei 7-8 miliardi di "altri" possano avere un consumo di energia elettrica adeguato a soddisfare dignitosi livelli di vita. Diciamo: un consumo, tra 30-40 anni, pari alla metà di quello medio oggi in Europa (e quindi ad a un quarto di quello medio americano).

Nell'auspicabile modesta ipotesi appena fatta, i consumi di energia elettrica nel mondo dovranno molto più che raddoppiare rispetto ad oggi. Il che vuol dire che occorrerà reperire una quantità enorme di energia supplementare, da utilizzare nel rispetto dell'ambiente e senza impatti sul clima globale.

In questo caso un ruolo di primo piano, forse determinante, potrà sicuramente essere svolto dalle fonti rinnovabili. Ma per la copertura della grande domanda di base proveniente da Paesi sempre più urbanizzati e sempre più industrializzati sarà comunque indispensabile una larga quota di energia prodotta da grandi centrali di potenza. E dunque, di nuovo, si pone la domanda: si può fare a meno dell'energia nucleare?

lunedì 14 febbraio 2011

Nucleare: siglato un accordo tra Forum e AIN

Il Forum Nucleare Italiano e l’Associazione Italiana Nucleare (AIN) hanno siglato un accordo di collaborazione con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo della produzione di energia elettrica nucleare col massimo consenso, nel pieno rispetto delle norme e della sicurezza dei cittadini e dell’ambiente. In particolare, l’intesa vuole rafforzare la cooperazione tecnico-scientifica per la promozione di iniziative congiunte sulle caratteristiche dell’energia atomica e sul programma nucleare italiano.

L’accordo rappresenta il punto di partenza per il necessario coordinamento delle attività dei due soggetti, che opereranno in tandem su numerosi progetti volti a favorire l’informazione e il consenso in tema di nucleare: oltre ad un costante interscambio di documentazione ed expertise e alla creazione di gruppi di lavoro ad hoc, il Forum Nucleare Italiano si avvarrà della validazione scientifica di AIN sul materiale informativo prodotto, così da garantire la correttezza dei messaggi trasmessi.

“Questo accordo rappresenta la volontà di agire sinergicamente per contribuire ad alimentare il dibattito sul ritorno all’atomo in Italia – commenta Enzo Gatta, presidente di AIN – la nostra Associazione si impegna a supportare, anche attraverso il nostro autorevole Consiglio scientifico, il FNI nelle sue iniziative, allo scopo di contribuire a un’informazione scientificamente corretta in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini, delle Istituzioni e di tutti i soggetti che operano nel settore energetico. Uno stimolo ad un confronto realista e non pregiudiziale ancor più importante alla luce dell’imminente appuntamento referendario”.

“Grazie all’impegno sottoscritto con AIN, il dibattito sul nucleare si arricchisce di un contributo scientifico importante. Mai come in questo momento – sostiene il presidente del Forum Nucleare, Chicco Testa – occorre unire le forze per garantire al maggior numero di persone possibile informazioni corrette basate su criteri oggettivi. Non è possibile che il dibattito venga monopolizzato, così com’è stato negli ultimi decenni, sempre dalle stesse voci basate su argomentazioni che non hanno più niente a che vedere con la realtà sociale, economica e ambientale in cui viviamo”.

venerdì 11 febbraio 2011

Nucleare e rinnovabili: il finto dilemma

Quando si parla di scelte energetiche, sembra impossibile superare il dualismo nucleare vs rinnovabile. Ma siamo davvero convinti che il nucleare e le rinnovabili siano due soluzioni antitetiche e non integrabili? Non sembrerebbe pensarla così il presidente degli Stati Uniti Barack Obama che il 25 gennaio scorso a Washington si è pronunciato in difesa delle fonti pulite, cioè quelle a basse emissioni di gas serra. Tra le energie pulite egli menziona ovviamente le fonti rinnovabili ma, a sorpresa, anche il nucleare.

Più del 50% dell'energia che consumiamo proviene da paesi extra-UE e il tasso di dipendenza è in aumento. Una gran parte dell'energia arriva dalla Russia, le cui dispute con i paesi di transito hanno provocato negli ultimi anni ripetute interruzioni delle forniture.
Tra i paesi del G8 solo l'Italia non ha adottato il nucleare e oggi l'energia elettrica è prodotta in gran parte dall'utilizzo di fonti altamente inquinanti e costose (olio combustibile, gas e carbone) mentre solo il 13% deriva da fonti rinnovabili come l'energia eolica o solare.
Poiché le fonti rinnovabili non bastano e non sono in grado di garantire il soddisfacimento dei crescenti bisogni energetici, l'Italia si trova a dover dipendere sul piano energetico da altri Paesi che con più concretezza e meno pregiudizi ideologici hanno affrontato il problema della scelta energetica.

Il dibattito sul nucleare e sulla necessità di una sua integrazione in un mix energetico ottimale si è riaperto negli ultimi anni ed è destinato ad aumentare in vista del referendum che chiamerà di nuovo gli italiani ad esprimersi su questo importante tema. Il nuovo spot firmato dal Forum Nucleare Italiano si chiude con questa domanda: "Tu sei a favore o contro l'energia nucleare o non hai ancora una posizione? ". Se in Italia ci si pone la domanda, a livello europeo, una posizione esiste, ed è rappresentata dal documento "Energia 2020" nel quale l'UE definisce le priorità nel settore dell'energia per i prossimi dieci anni.

Fonte: Il Tacco d'Italia

lunedì 7 febbraio 2011

Il nucleare spiegato agli italiani

Di seguito un'intervista a Giancarlo Aquilanti, responsabile Area tecnica nucleare di Enel, sui motivi e le necessità di rintrodurre il nucleare in Italia.

Pensa che passare al nucleare potrebbe soddisfare il nostro bisogno energetico tanto da renderci indipendenti?
Il nucleare non darà il 100% della produzione. Non c'è nessun paese in grado di farlo, la Francia, ad esempio, sta circa al 70%. Quindi possiamo dire in generale che in Europa ci sia un mix di generazioni in cui il nucleare occupa uno spazio che va dal 15% fino al 70% della Francia. Oggi l'Italia è a zero e quello a cui dovrebbe aspirare in qualche modo è arrivare ad una percentuale di circa il 25% così da poter bilanciare la generazione nucleare con quella di altre fonti.

Il costo dello smaltimento delle scorie inciderà sui cittadini? Chi se ne occuperà?
Il costo dello smaltimento delle scorie è già incluso nello smaltimento di costo del nucleare perché uno dei criteri, previsto anche dalla legge attuale è che durante l'esercizio dell'impianto si accumula un fondo che non viene gestito dalla società, ma da una struttura pubblica che poi alla fine dell'esercizio dell'impianto avrà fondi sufficienti per lo smantellamento dell'impianto e la gestione finale anche dei rifiuti radioattivi. Questi costi dunque non influiranno sul pubblico non li pagheremo cioè in bolletta ma sarà l'ente elettrico stesso che accantonerà i fondi per poter fare questo tipo di operazioni.

Prima di procedere all'impianto di nuove centrali saranno smaltite le scorie ancora presenti sul nostro territorio?
Sono due attività che vanno in parallelo, da una parte c'è il trattamento di quello che è rimasto cioè del materiale vecchio dell'87 e dall'altra la costruzione di nuovi impianti. Sono due discorsi che non possono esser messi sequenzialmente, il problema del mix sbilanciato è un problema di oggi, quello del decommissioning richiede a tutti quanti i Paesi un certo periodo di tempo. Sono inoltre diverse anche le società impegnate in tali operazioni, noi ci candidiamo ad essere uno degli investitori sul nucleare, Sogin è quella che si occupa di fatto dello smantellamento degli impianti e del deposito finale per quanto riguarda il combustibile.

Saranno italiani a occuparsi della realizzazione degli impianti o saranno manovalanze e cervelli stranieri?
Ci saranno diversi settori, quelle 3000 persone impegnate direttamente nella realizzazione delle centrali, più le altre 6000 coinvolte indirettamente nel nucleare saranno ripartite su diverse fasce, ci sarà quella degli operai in cantiere, quella che riguarda gli operai nelle fabbriche, quella del controllo del progetto e così via. Ci sarà quindi una gradazione che andrà dall'operaio fino al manager. Per quanto riguarda la manodopera speriamo e prevediamo che possa essere locale così come per le mansioni via via più alte. In Italia il tipo di disponibilità che abbiamo sia come risorse specializzate sia come manovalanza dovrebbe essere tale per cui noi, di fatto, facciamo fronte con tutto personale nazionale, per quanto possibile. Ovviamente qualora ci fosse indisponibilità di specializzazione, si potrebbe avere un completamento all'estero.

A che punto è in Italia la ricerca sul nucleare?
Oggi la ricerca sul nucleare è ovviamente ridotta perché, di fatto, è finanziata per una parte abbastanza modesta dallo Stato e dall'altra da fondi modesti da parte dell'Unione europea, però nonostante i finanziamenti scarsi l'Italia è riuscita a mantenere tutta una serie di poli di eccellenza della ricerca che vengono molto apprezzati anche a livello europeo. Cito l’Enea, alcuni istituti di ricerca, l'industria e cito ancora naturalmente alcuni centri universitari che hanno sviluppato competenze di nicchia nel nucleare anche a livello internazionale, quindi la base c'è. Non partiamo da zero, chiaramente va sviluppata.
Cosa che d'altronde farete anche con i progetti con il Politecnico, con le borse di studio e con il master. Tutte queste iniziative hanno la funzione di attrarre giovani verso questo tipo di settore, la ricerca ha la funzione di sviluppare competenze dentro l'Università.


Non vi spaventano i problemi riscontrati durante la costruzione della centrale finlandese?
No, non ci spaventano, stiamo attentamente monitorando il cantiere, oltre ad aver mandato un certo numero di persone a osservare il progetto francese. Vogliamo imparare cosa lì non è stato fatto bene, questa esperienza può essere vissuta come fonte di paura e spingerci a ritirarci o come occasione per capire cosa deve esser fatto per migliorarci. Oltre al cantiere finlandese e a uno francese c'è un cantiere cinese che sta facendo lo stesso tipo di impianto, sono partiti dopo e siamo andati a vedere come loro se la stanno cavando con la stessa tecnologia. Se la stanno cavando in maniera eccezionale, hanno messo a frutto quello che in qualche modo è venuto fuori dalle cose da migliorare nell'impianto finlandese. Abbiamo visto, per esempio, che i ritardi non ci sono più, mentre in Finlandia c'era un ritardo di due o tre anni, loro seguono perfettamente il programma e hanno risolto inoltre i problemi di gestione dell'interfaccia dei diversi contractor. Tutto quello che si fa dunque è in qualche modo un bagaglio di esperienza che si acquisisce.

Cosa pensa degli Epr per quanto riguarda la sicurezza?
L' Epr è un impianto che oggi si colloca al massimo dal punto di vista della sicurezza. A livello internazionale è al top, è un impianto estremamente complesso, forse un po’ più costoso degli altri, ma è un prodotto sviluppato con requisiti di sicurezza molto elevati. Basti pensare che è progettato intorno ad un bunker che proteggerebbe tutto l'impianto da un eventuale impatto aereo.

Sembra che gli altri Paesi chiudano o tentino di farlo e noi...
No, non tutti i Paesi che dopo Cernobyl avevano deciso di rinunciare al nucleare lo hanno poi fatto e al contrario hanno riconsiderato la decisione, solo noi abbiamo chiuso subito.
La Germania e la Svezia che avevano deciso di chiudere gli impianti dopo un certo numero di anni, hanno esteso l'esercizio delle loro centrali e questa è una manifestazione di fiducia verso il nucleare. La Svizzera poi è in fase di approvazione di nuovi impianti. In Europa dunque la tendenza è a realizzare nuovi impianti o a mantenere in vita quelli già esistenti.


Fonte NovaSocietà

giovedì 3 febbraio 2011

È obbligatorio sentire il parere delle Regioni, non seguirlo

Per costruire una centrale nucleare il governo dovrà sentire il parere della Regione interessata. Parere che sarà obbligatorio richiedere prima di qualsiasi decisione, ma che poi non sarà vincolante.

La Consulta, chiamata a esprimersi su una serie di ricorsi presentati dalle regioni Puglia, Toscana ed Emilia Romagna sul provvedimento che disciplina la realizzazione e il funzionamento delle centrali nucleari, li ha dichiarati inammissibili o infondati per la gran parte, ma ha invece dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto legislativo del 15 febbraio 2010, numero 31”.

La Corte Costituzionale – spiega il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo – ha confermato e ampliato l’opzione della piena condivisione con il territorio delle scelte per la localizzazione delle centrali. La decisione non mette in discussione la responsabilità finale del governo, ma aggiunge di fatto un parere delle Regioni anche in sede di autorizzazione unica. Nessuno ha mai pensato di fare le centrali contro il parere delle comunità. Adesso occorre soltanto andare avanti speditamente mettendo in moto l’Agenzia per la sicurezza nucleare”.

“Si apre la strada per una positiva competizione fra le diverse regioni – commenta Chicco Testa, presidente del Forum Nucleare Italiano – fra chi saprà e vorrà assumersi la responsabilità di ammodernare il proprio sistema energetico e produttivo, riducendo l’inquinamento e la dipendenza dai combustibili fossili, e chi continuerà a seguire le vecchie strade. Meglio un consenso esplicito che una lunga e sfiancante guerriglia nei Tar di tutta Italia”.

martedì 1 febbraio 2011

Chicco Testa risponde sul nucleare e la comunicazione

Chicco Testa parla della comunicazione sui temi scottanti e complicati, internet, YouTube e i blog, i costi della futura energia elettrica e il referendum che verrà.
"Molte persone usano il web, i blog e i social network come una lavagna a cui affidare le proprie emozioni (come Beppe Grillo insegna). La maggior parte delle critiche che ci fanno provengono da utenti che non fanno altro che dire: no, no e no! Senza argomentare e senza entrare nel merito delle questioni".




Dal canale Youtube di AvoiComunicare

lunedì 31 gennaio 2011

Per il nucleare servono 10mila esperti

Per la realizzazione completa del programma nucleare italiano (8 reattori di terza generazione) servono 10.000 esperti in 10 anni. Questo, in sintesi, quanto emerge da un rapporto dell’Enea, sulle necessità formative, presentato nel corso del convegno “La formazione delle risorse umane nel nuovo programma nucleare”.

Secondo lo studio con la costruzione di quattro centrali con doppio reattore la distribuzione percentuale per settore si divide in un 60% dedicato alla costruzione, in un 25% per le operazioni, e in un 15% per la produzione. Ogni centrale di terza generazione di tipo Epr richiede non meno di 2.500 addetti per anno per un periodo di circa 6 anni, con una quota di 800 persone che rimangono in organico per la gestione.

La quota di laureati ‘nucleari’ - afferma il rapporto - rimane entro il 40%, con la stima di una disponibilità di 1.000 laureati per centrale. Gli istituti che offrono formazione nucleare sono organizzati in un Consorzio interuniversitario per la ricerca tecnologica nucleare a cui aderiscono sette università italiane: il politecnico di Milano e quello di Torino, le università di Bologna, Padova, Palermo, Pisa, Roma.

Secondo il commissario dell’Enea, Giovanni Lelli, “la carenza di competenze può diventare una criticità per lo sviluppo dei programmi nazionali, nel caso si dovesse determinare uno squilibrio tra domanda e offerta di risorse qualificate”. Per questo, aggiunge Lelli, “la qualificazione delle risorse è indispensabile per affrontare la sfida tecnologica che comporta una sfida di sistema come un programma nucleare”.

A proposito di futuri ingegneri, tempo fa avevo parlato di Alexis Kaplan, tra gli 11 studenti che stanno per laurearsi in ingegneria nucleare presso la prestigiosa University of California, Berkeley, una delle prime 3 università al mondo per i programmi in ingegneria. Oggi sul blog di Chicco Testa, c'è la testimonianza di un altro studente di dottorato in Ingegneria Nucleare all’Università della California Berkeley. Qusta volta è italiano, e spiega perché gli studi sulla tecnologia nucleare lo hanno portato all'estero.

giovedì 27 gennaio 2011

Il London Eye, il divertimento a basse emissioni


Uno dei simboli più famosi di Londra è ora alimentato da energia pulita e rinnovabile, a zero emissioni CO2. La Merlin Entertainment, proprietaria della ruota gigante London Eye, ha stretto infatti una partnership di tre anni con EDF Energy per ridurre la ‘carbon footprint’ dell’attrazione turistica.

Tramite l’accordo, EDF Energy garantirà che ogni unità di energia usata per alimentare il London Eye sarà prodotta da fonti a basse emissioni di carbonio, come il nucleare e le rinnovabili.

Per celebrare l’impegno verso un futuro energetico più verde e sostenibile, Merlin Entertainment e EDF Energy hanno illuminato i cieli di Londra con uno show speciale di luci, invitando i cittadini del Regno Unito ad attivarsi nella lotta contro il cambiamento climatico.

Fonte: London Eye e EDF Energy

mercoledì 26 gennaio 2011

Nuclear Science Week


Sul blog Nuclear Fissionary, leggo aggiornamenti dalla settimana americana dedicata al nucleare, ovvero la nuclear science week. Un'iniziativa molto interessante, organizzata per valorizzare, approfondire e insegnare agli studenti il contributo che l'industria nucleare fornisce ogni giorno alla società americana. Inaugurata il 24 gennaio, con un incontro dal tema “Get to Know Nuclear", l'iniziativa prosegue fino al 28 gennaio con l'obiettivo di promuovere l'educazione scolastica in questa materia, favorire la partecipazione e la comunicazione su un tema tanto importante, delicato e indispensabile.

Sul sito ufficiale, riassunti in cinque punti i motivi che stanno alla base di inizative di questo tipo. Innanzitutto perchè la "Nuclear science" gioca un ruolo fondamentale nella vita degli americani e nel mondo. E poi perchè ...

18 milioni di procedure di medicina nucleare vengono eseguite ogni anno su 305 milioni di persone; (http://www.world-nuclear.org )

104 reattori nucleari negli USA impiegano 700 persone che lavorano in 31 stati che hanno le centrali nucleari; (http://www.nei.org )

20% dell'elettricità nazionale americana è generata da nucleare; (http://www.nei.org)

436 centrali nucleari sono funzionanti in 30 Paesi, fornendo il 14% dell'elettricità mondiale.

53 nuove centrali nucleari sono in costruzioni in 14 Paesi; (http://www.nei.org)

martedì 25 gennaio 2011

Più sole e atomo: la strategia energetica di Riad

Meno dipendenza dal petrolio, più energia da fonti alternative, in particolare dal sole e dall'atomo.
Partendo da altre premesse e altri scenari geo politici, arriva alla stessa conclusione della neccessità di diversificare le fonti energetiche anche il paese di re Abdullah, il più ricco al mondo per riserve petrolifere. Oggi, infatti, si trova davanti a un bivio: continuare a basare il proprio sviluppo sull'estrazione del greggio, rischiando tra pochi anni di non poter garantire i livelli di export attuali, oppure avviare nuovi progetti per differenziare le proprie fonti d'approvvigionamento e "salvaguardare" le riserve petrolifere.

La questione, riporta il sito web dell'emittente "Financial Times", è vitale per l'economia del paese del Golfo. Un recente rapporto governativo indica che nei prossimi 17 anni il fabbisogno energetico della popolazione saudita quasi triplicherà, passando da 3,2 milioni di barili al giorno a 8 milioni, che è pressapoco il dato della produzione attuale. Il rischio è che la maggior parte delle risorse debba essere destinato al mercato interno, riducendo le esportazioni di greggio sulle quali il paese ha finora fondato la sua ricchezza.

"Le esportazioni di petrolio e la crescita economica saranno frenate se non ci sarà un incremento di energia prodotta da altre fonti", ha affermato Hashim Yamani, presidente della Città di re Abdullah per l'Energia atomica e rinnovabile. La strategia di Riad di diversificare le fonti d'approvvigionamento energetico risponde quindi alla crescente domanda interna. Negli ultimi mesi i vertici di Riad hanno discusso con Mosca la firma di un progetto di accordo di cooperazione per lo sviluppo di energia nucleare a scopi civili.

lunedì 24 gennaio 2011

Nuovo rapporto sul nucleare in Italia


Nei giorni scorsi è stato presentato a Roma, presso la Camera dei Deputati, il rapporto "Energia Nucleare in Italia. Come proseguire il percorso", realizzato dalla Fondazione Energylab ed edito da Gruppo Italia Energia. Lo studio analizza lo scenario italiano in rapporto al ritorno al nucleare e alle trasformazioni avvenute negli ultimi due anni.

"Una piccola percentuale di utilizzo di carbone e grande di gas, l’assenza di nucleare nazionale, ma una significativa frazione di nucleare importato e un costo sensibilmente più alto rispetto ad altri Paesi: ecco le anomalie che caratterizzano il settore elettrico in Italia e che rendono necessario un radicale ripensamento del mix energetico."

Partendo da queste premesse, due anni fa, la Fondazione EnergyLab pubblicò il Rapporto Preliminare sulle Condizioni per il Ritorno all’Energia Elettronucleare in Italia. Trascorsi due anni, il volume appena pubblicato prosegue il cammino nel solco già tracciato dal precedente e analizza lo scenario italiano in rapporto al ritorno al nucleare e in considerazione delle trasformazioni avvenute in questo ultimo lasso di tempo.

Dal rapporto emerge una fotografia della situazione in cui ai risultati già ottenuti devono seguire in tempi rapidi scelte puntuali come la definizione delle competenze e delle procedure o l’operatività dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. Tanto il rapporto quanto i relatori intervenuti alla presentazione concordano soprattutto sulla necessità di dialogo e informazione per permettere al Paese di comprendere tutti gli aspetti relativi ad una scelta che rappresenta una grande sfida per l’Italia non solo nell’ottica delle politiche energetiche.

Per rispondere in maniera adeguata a questa sfida il rapporto invita ad uno sforzo corale, che coinvolga i decisori politici a ogni livello, il mondo imprenditoriale e quello scientifico, i mass media e l’opinione pubblica. Perché i cambiamenti avvenuti tra il 2008 e il 2010 sono importanti. Ma oggi l’Italia è solo all’inizio; rimane da percorrere ancora molta strada.

Tra i temi trattati nel rapporto: Il contesto legislativo e normativo (dalla Legge 99/2009 all’Agenzia per la Sicurezza Nucleare), Energia nucleare e protezione della salute e dell’ambiente, Radioprotezione e sicurezza degli impianti, Localizzazione degli impianti: aspetti tecnici, amministrativi e strumenti di partecipazione, Il consenso sociale (informazione, comunicazione, impatti economici e compensazioni), Aspetti economici (ciclo del combustibile, costi di investimento e di generazione), Il modello consortile e le implicazioni economico-industriali, Decommissioning e smaltimento dei rifiuti radioattivi.

giovedì 20 gennaio 2011

Greenpeace? No grazie

"Ho lasciato Greenpeace perché a un certo punto, l'associazione ha abbandonato la scienza e la logica. Fino a quando si trattava di salvare le balene era semplice ma oggi l’organizzazione ha scelto la via della disinformazione, del sensazionalismo e della paura. Le loro posizioni sono spesso contrarie per partito preso: dicono no al nucleare che potrebbe diminuire l’inquinamento, diffondendo paure inesistenti. [...]

Una centrale termoelettrica a carbone o gas non la sostituisci con dei bei pannelli fotovoltaici ma soltanto con la fissione dell’atomo. Fare le barricate contro quest’ultimo equivale a costruire autostrade per le fonti fossili. A che serve costruire una centrale fotovoltaica o una idroelettrica, se poi devi affiancarle una robusta e inquinante centrale a carbone?"

Patrick Moore

mercoledì 19 gennaio 2011

Premi e borse di studio per gli studenti

Enel bandisce borse di studio e premi di laurea destinati agli studenti di ingegneria nucleare. L'iniziativa, partita il 17 gennaio, è rivolta agli studenti di 5 università italiane: Pisa, Palermo, Roma "La Sapienza", Politecnico di Milano e Politecnico di Torino.

Le borse di studio consistono ciascuna in seimila euro destinati a studenti iscritti al primo anno della laurea specialistica in ingegneria nucleare o energetica. I premi di laurea sono destinati a iscritti al secondo anno della laurea specialistica in ingegneria nucleare o energetica che conseguiranno il titolo nell'anno accademico 2010/2011e consistono ciascuno in un finanziamento di tremila euro. Il termine per la presentazione delle domande è il 14 marzo 2011.

L'iniziativa, giunta alla seconda edizione, si inserisce nel progetto di collaborazione fra il mondo industriale e quello accademico per favorire la formazione dei tecnici specializzati che si dovranno occupare delle future centrali italiane.

In particolare, gli obiettivi dichiarati dell'Enel sono tre: «Sostenere le nuove generazioni, creare nuove opportunità di lavoro e sviluppare l'innovazione e le competenze nel settore dell'ingegneria energetica e nucleare in particolare».

lunedì 17 gennaio 2011

Quando la California puntò solo sulle rinnovabili...

Nel 1980 il futuro governatore della California Jerry Brown decise che lo Stato doveva abbandonare il carbone e il nucleare e diventare il primo utilizzatore di "energia alternativa”, solare e eolica. Il risultato fu che nel 2000 la California non ha avuto abbastanza elettricità per far funzionare i semafori.

Il punto cruciale di questa ondata di energie rinnovabili fu la legge PURPA, la Public Utilities Regulatory Policy Act del 1978, che imponeva alle compagnie elettriche di acquistare energia da qualsiasi piccolo produttore. La legge fu propagandata come l’ "apertura della rete ai produttori alternativi." Di fatto le compagnie elettriche dovettero acquistare l'elettricità che chiunque produceva a un prezzo vantaggioso per il produttore.

In California, l'effetto fu quello alzare il prezzo dell'energia elettrica, le compagnie elettriche infatti furono sovraccaricate di elettricità che dovevano pagare a costi esorbitanti. Quando lo Stato ha cercato di deregolamentare il sistema, alla fine del 1990, rendendo le compagnie elettriche libere di scegliere se comperare o no l’elettricità “alternativa” dei privati, l'intero sistema è crollato e la California si è ritrovata senza energia. Le "Utilities" della California risolsero la carenza elettrica mediante la rapida costruzione di 30.000 megawatt di nuovi generatori a gas naturale. Sistema costoso ma in grado di compensare l'imprevedibilità del vento.

Questa analisi, la cui fonte si può leggere su NuclearTownhall e in italiano ripresa su Green Illusion dimostra l'errore di investire tutto solo su rinnovabili. Che poi, ci si trova a "rimediare" investendo di nuovo su gas e carbone.

venerdì 14 gennaio 2011

In viaggio con frecciarossa e wifi


Ieri, tornando da Milano con il Frecciarossa, ho avuto una piacevole sorpresa: ho trascorso le tre ore del viaggio, navigando su internet grazie al wifi a bordo, il nuovo servizio annunciato a dicembre da Ferrovie dello Stato. Parlo di "piacevole sorpresa" perché prima di partire avevo letto alcune critiche sulla lentezza della connessione o della difficoltà di autenticarsi alla rete Wifi (password troppo lunghe…ecc).

Mi è capitato di leggere anche qualche disappunto sul fatto che il servizio fosse a pagamento, visto che la connessione ha un prezzo simbolico di €0,01. Non so ora se ci si lamentava del centesimo da spendere (la transazione serve solo a rendere tracciabile tramite carta credito l’utente che si connette) o del fatto che dopo due mesi gratuiti, questo servizio avrà un costo (ancora non è stabilito) per ogni ora di utilizzo. A me sinceramente non sorprende il fatto di dover pagare per navigare. Insomma nulla di nuovo, visto che siamo in Italia e che (purtroppo) sono ancora rari i luoghi pubblici in cui è possibile collegarsi alla Rete gratuitamente. Anzi, il prezzo per navigare "fuori casa" non accenna a diminuire. Nel caso degli hotspot le tariffe sono addirittura aumentate: fino a 6,50 euro per un'ora di connessione.

Ma torniamo al viaggio. Mi sono collegato alla rete e non avuto problemi con l'autenticazione. Infatti tramite sms ho ricevuto le credenziali per accedere. Escluso il tratto in prossimità di Bologna, (connessione più lenta) non ho avuto difficoltà nemmeno in galleria! Ho fatto anche una conferenza audio con Skype, ricevendo sempre un ottimo segnale.

Forse è finita la fase di sperimentazione, magari le prime settimane sono state un test per tutti (Ferrovie e Telecom comprese) e ora il servizio è effettivamente migliorato. Comunque bisogna sempre considerare che sopra il treno, il router può collegarsi ad internet solo tramite rete cellulare (in UMTS o HSDPA) e le velocità reali sono tra 1 e 2 Mb/s. Quando siamo a casa invece, il nostro router utilizza l’ADSL e andiamo molto più veloci.

Per me, il wifi su frecciarossa ha superato la prova! E leggo con piacere che a partire da marzo, molto probabilmente anche Wind e Vodafone offriranno lo stesso servizio sui treni.

giovedì 13 gennaio 2011

Un premio alla centrale nucleare!


Può sembrare strano, ma una centrale nucleare può essere un modello di ecologismo: non solo non immette sostanze pericolose nell'ambiente, ma in alcuni casi applica programmi per la conservazione della natura. È quanto è successo alla centrale di Peach Bottom, in Pennsylvania (Stati Uniti nord-orientali), che ha ricevuto un premio dall'organizzazione ambientalista Wildlife Habitat Council (WHC) per la protezione degli animali e la difesa della biodiversità.

La centrale, gestita dalla società Exelon, ha due reattori ad acqua bollente in attività da 1140 MW ciascuno, mentre il primo è stato spento nel 1974. Lo staff della centrale ha predisposto aree protette dedicate a ricreare l'habitat dei pipistrelli e a ospitare un giardino per le farfalle. Ha inoltre installato sensori per il monitoraggio delle attività.

Il WHC è nato nel 1988 per portare le istanze ambientaliste all'attenzione del mondo industriale. In particolare si adopera per convincere le società proprietarie di grandi estensioni di terreno inutilizzate a dedicarne una parte alla protezione della natura.

La Exelon gestisce 10 centrali nucleari negli Strati Uniti, per un totale di 17 reattori. Fra queste, quella di Peach Bottom è la sesta centrale della Exelon a ricevere il riconoscimento, dopo quelle di Oyster Creek (New Jersey), Limerick (Pennsylvania), Quad Cities (Illinois) e Clinton (Illinois). Lo scopo della società è ottenere la certificazione ambientalista per tutte le proprie centrali nucleari. In tutte le 10 centrali sono già stati avviati programmi di conservazione della natura.

Da NuclearNews

mercoledì 12 gennaio 2011

"Il nucleare in America, tra fusione e formazione"

Due fra le più importanti società americane di energia elettrica, Duke Energy e Progress Energy, hanno deciso di fondersi, dando vita alla più grande società di tutti gli Stati Uniti nel settore dell'energia e in particolare del nucleare.

La fusione sarà perfezionata in tutti i dettagli entro la fine del 2011. La nuova società manterrà il nome di una delle due: si chiamerà Duke Energy. Agli azionisti della Duke andrà il 67%, mentre a quelli della Progress il restante 37%.

Il bacino di utenza della nuova società comprende 6 Stati (North Carolina, South Carolina, Florida, Indiana, Kentucky e Ohio), per un totale di oltre 7 milioni di abitazioni. In tutto la potenza sarà di 57.000 MW, il 20% dei quali provenienti da 12 reattori nucleari.

E sempre restando in America, leggo su Nuke Notes che il "New York Times" ha annunciato il "Nuclear Energy,” un corso interattivo di due settimane proprio sulla storia e le prospettive future della tecnologia nucleare. Il corso è tenuto da Matt Wald, un giornalista del Times che si occupa di energia da circa 30 anni. Il suo blog è una fonte di notizie utili e preziose per chi vuole approfondire l'argomento.

lunedì 10 gennaio 2011

I numeri del 2010 secondo la WNA

Secondo una ricerca effettuata dalla World Nuclear Association, le nuove costruzioni ‘nucleari’ iniziate nel 2010 ammontano a 13.813 MWe lordi: otto in Cina, due in Russia e due in India. Inoltre, sono ripartiti i lavori per il completamento di Angra 3 in Brasile e di Ohma in Giappone.

Nel 2010 l’entrata in esercizio di nuova capacità nucleare è ammontata a 2.839 MWe netti. Protagonisti i reattori Rostov 2 (Russia), Rajasthan 6 (India), Ling Ao 3 e Qinshan II-3 (Cina). Inoltre, il Shin Kori 3 (Corea del Sud) è stato collegato alla rete elettrica ad agosto e presto fornirà ulteriori 1.000 MWe.

L’unico reattore a essere chiuso a livello mondiale è stato il reattore Phenix a febbraio in Francia. Ma l’impianto aveva smesso di produrre elettricità già nel 2009 ed è stato, di conseguenza, conteggiato nei dati di due anni fa.

I 14 progetti di costruzione avviati nel 2011 danno continuità alla tendenza di crescita dell’energia nucleare nel mondo. Nel 2009, il numero di nuovi lavori era 11, mentre nel 2008 e nel 2007 era 10.

mercoledì 5 gennaio 2011

Lettera aperta del Forum Nucleare Italiano

"Da circa due settimane è partita la campagna di comunicazione del Forum Nucleare, la prima iniziativa di questo tipo mai realizzata in Italia. Il nostro obiettivo è consentire a ogni cittadino di informarsi sull’opzione nucleare evitando valutazioni basate su idee faziose e lontane dalla realtà economica, ambientale e sociale in cui viviamo. In quest’ottica l’interrogativo che poniamo agli italiani non è affatto retorico, ma vuole porre l’attenzione su un’opzione energetica, secondo il nostro punto di vista vantaggiosa, sulla quale occorre informarsi e farsi un’opinione.

Questa è la ragione che ogni giorno induce il Forum a produrre un’informazione seria e scientificamente attendibile su questo argomento. Il Forum è un’associazione non profit che opera in modo del tutto trasparente per garantire che la discussione si svolga in modo non ideologico allo scopo di sviluppare la cultura scientifica dei cittadini. Non è, e non vuole essere, un’organizzazione al di sopra delle parti. Non si finge neutrale. Al contrario, esprime in modo chiaro nel suo Statuto la convinzione che quella nucleare sia una scelta necessaria per il Paese. Ma ritiene che questa scelta debba essere accompagnata da una discussione feconda e da un’informazione a tutto campo. Tutte le nostre comunicazioni, anche quelle disponibili sul nostro sito Internet, sono incentrate sulla trasparenza e sulla chiarezza delle informazioni. L’elenco completo dei 25 soci è infatti ben in evidenza e disponibile a chiunque entri sul nostro sito Web. Non c’è quindi alcuna intenzione di rimanere “celati” o di indossare “mentite spoglie”.

Proprio per dare voce alle diverse opinioni, anche a quelle contrarie, abbiamo aggiunto un apposito blog, che si trova in alto a destra nella home page del sito, dove ognuno può dar voce alle proprie opinioni sul nucleare. Non c’è alcun intento “ingannevole”, nessun “perverso gioco comunicativo”, solo la sincera voglia di riaprire questo importante discorso sul futuro energetico del nostro Paese. Sempre nel sito, oltre a numerosi interventi anche contrari che è possibile leggere, nella sezione normativa, si possono trovare informazioni sul referendum del 1987, sulle attività successive e anche sulla raccolta firme promossa dall’IDV per un nuovo referendum abrogativo della legge n. 99 del 23 luglio 2009 sul nucleare. Come si vede, siamo aperti al dialogo e desiderosi di instaurare un confronto serio e approfondito lasciando da parte posizioni basate su inutili preconcetti..."

La lettera integrale pubblicata sul Forum Nucleare

lunedì 3 gennaio 2011

Una nuova politica energetica a partire dal nucleare

L’Italia deve ripartire da una nuovo piano energetico basato sul nucleare. Ne è convinto Ezio Bussoletti, professore ordinario di fisica e tecnologie spaziali all’università Parthenope di Napoli e responsabile di numerosi comitati a livello internazionale. Il suo messaggio è semplicissimo: negli anni ’50 il nostro Paese era il primo produttore mondiale di elettricità da nucleare. Ora bisogna ripartire da questa tradizione interrotta, guardando però al futuro.

Il segreto è nella diversificazione delle fonti energetiche: oggi l’Italia dipende per il 75% dagli idrocarburi, con conseguenze negative per i costi dell’energia. Ma non solo: l’uso degli idrocarburi è condizionato dalla situazione geopolitica e di mercato, mentre l’uranio geograficamente è più distribuito ed è legato a paesi politicamente più “affidabili”.

E le rinnovabili? Sono utili, ma non determinanti, per un serie di ragioni. Innanzitutto, dipendono troppo dalle condizioni meteo, che non garantiscono quella continuità necessaria all’alimentazione elettrica di un paese. Alcuni impianti hanno avuto, poi, dei problemi:in Italia sono stati bloccate alcune centrali eoliche, perché alterano visivamente il paesaggio, così come denunciato più volte dal Ministero dei Beni Culturali.
Svantaggi assenti, invece, per l’energia nucleare, che è continua, competitiva (le centrali di terza generazione hanno costi del Kilowattora assolutamente convenienti in rapporto alle altre fonti) e poco inquinante.

Le ragioni per ripartire dal nucleare ci sono. Ciò che manca – afferma Bussoletti – “è un piano energetico nazionale che stabilisca una pianificazione certa delle fonti e ne assicuri la realizzazione in tempi brevi” . Speriamo solo che l'attesa non sia troppo lunga.