giovedì 30 settembre 2010

Qualcuno salvi il nucleare dalla cattiva informazione

La scorsa settimana la Sogin, società di gestione degli impianti nucleari controllata dal ministero dell'Economia, avrebbe dovuto pubblicare l'elenco dei siti per il deposito nazionale di stoccaggio dei rifiuti nucleari. Il lavoro è stato svolto in modo accurato ed entro i tempi previsti. Tuttavia il ministro ad interim dello Sviluppo Economico ha preferito procrastinarne la pubblicazione in mancanza del definitivo varo dell'Agenzia Nazionale della Sicurezza. Il rinvio, tuttavia, rischia di trasmettere un senso di insicurezza nella popolazione, di cui subito hanno approfittato i "professionisti della disinformazione".
È bastato che trapelassero i nomi della cinquantina di siti potenziali per far scatenare le prese di posizione da parte di amministratori locali allarmati, ambientalisti oltranzisti e oppositori in servizio permanente effettivo. È evidente allora che l'inizio del nuovo programma nucleare italiano non può prescindere da un'adeguata campagna d'informazione rivolta al grande pubblico e volta a dare una convincente risposta alle sacrosante preoccupazioni dei cittadini. Operazione da svolgere parallelamente al lavoro tecnico di individuazione delle aree potenziali di stoccaggio dei rifiuti nucleari.
In caso contrario, si rischia di lasciare il campo libero a un'informazione ideologica e artatamente falsata. Il cui unico obiettivo finale sembra essere soltanto mantenere viva la fiamma del terrorismo psicologico che ha già portato più di venti anni fa a uscire inopinatamente dal mondo dell'energia atomica. Con le conseguenze sulla bolletta energetica ancora oggi tangibili.
Il pregiudizio è ormai talmente radicato da non risparmiare anche gli opinion maker solitamente più accorti, come nel caso del vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini. Che in un suo recente editoriale a sostegno delle ragioni degli antinuclearisti è riuscito a infilare una serie non invidiabile di errori marchiani. O come nel caso del rigoroso Riccardo Iacona, che nel suo Presa Diretta ha spinto eccessivamente sul tono minore della presentazione, dipingendo a tinte troppo fosche i risultati di uno studio epidemiologico sulla popolazione attorno alle centrali nucleari in Germania.
Si dirà, è solo l'inizio di un appassionato dibattito. Può darsi, ma in realtà i due fronti contrapposti sembra che non riescano a trovare neanche un linguaggio comune. Basta pensare a tutti gli studi che dimostrerebbero il crossover di costi tra fotovoltaico e nucleare, in realtà finanziati da lobby ambientaliste e basati su una contabilità piuttosto stravagante, che include anche gli incentivi offerti dallo Stato. Davvero difficile replicare se non c'è un minimo di disponibilità da parte dell'interlocutore. Peggio:se c'è il pregiudizio ideologico, che fa saltare a piè pari ogni minima regola di serietà professionale. Segno di quanto sia necessario partire al più presto con una campagna informativa seria. Sfruttando tutte le potenzialità aggregative offerte dalla rete. Si può discutere a lungo e approfonditamente. E poi, però, finalmente, prendere una serena decisione.

Fonte dell'articolo

mercoledì 29 settembre 2010

L'oriente e il nucleare - parte 2

Un altro importante mercato del nucleare sarà il Medio Oriente. Gli Emirati hanno piani molto ambiziosi, di cui i quattro reattori già ordinati a Seul sono solo l'inizio. Intanto, in questi ultimi mesi, Egitto, Giordania e Kuwait hanno già confermato il prossimo avvio dei loro programmi nucleari. Presto anche l'Arabia Saudita comunicherà le sue decisioni, che probabilmente comprenderanno anche un impianto di arricchimento. Infine, la Turchia intende acquistare almeno una centrale, forse russa.

I costruttori offrono una vasta gamma di reattori di nuova generazione più avanzati ed efficienti, oltre che più sicuri. I canadesi hanno una nuova versione del reattore Candu, che ha la particolarità di operare con uranio naturale e occupa una speciale nicchia di mercato. La francese Areva offre il nuovo Epr, ma due reattori in costruzione (uno in Finlandia e uno in Francia) accumulano ritardi e costi più del previsto.

Altri due Epr sono in costruzione in Cina. Areva rischia di avere un forte concorrente nel nuovo APR1400 coreano, che dopo il contratto con gli Emirati sta suscitando un grande interesse internazionale. Un possibile leader di mercato, secondo alcuni, è l'AP1000 di Westinghouse (Usa), offerto in tutto il mondo.
Significativo segno dei tempi: i primi quattro esemplari di AP1000 sono costruiti in Cina, che ne ha anche acquistato la tecnologia, cosicché potrebbe presto offrire sul mercato un proprio reattore derivato dal modello Westinghouse. Altro segno dei tempi: la divisione nucleare di Westinghouse nel 2006 è passata sotto il controllo della giapponese Toshiba. L'altro "big" del nucleare americano, General Electric, opera in joint-venture col costruttore giapponese Hitachi. E la francese Areva lavora in joint-venture con la nipponica Mitsubishi per sviluppare e vendere il nuovo reattore Atmea-1. I russi propongono ulteriori sviluppi della loro linea di reattori VVER, con una politica commerciale molto attraente.

Si parla di possibili successi, a tempi brevi, in Turchia e Vietnam. La grande attesa per il prossimo futuro riguarda l'ingresso di Cina e Corea del Sud nel club degli esportatori di centrali e altri impianti nucleari. E dopo toccherà anche all'India.
Intanto, tutti i costruttori asiatici, russi ed europei (con Areva) stanno sviluppando nuovi prototipi di reattori auto-fertilizzanti (o fast-breeders): una tecnologia già sviluppata negli anni 70, poi abbandonata e ora ripresa con grande interesse. Se l'operazione avrà successo, già verso il 2030 questi reattori potrebbero segnare una svolta storica per l'atomo civile.

martedì 28 settembre 2010

Oriente all'assalto dell'atomo - 1° parte

Per il nucleare sembra iniziare una promettente primavera. «Non è un'esagerazione dire che siamo entrati in una nuova era», sostiene il capo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Yukiya Amano. L'interesse per l'energia atomica è in forte ripresa in tutto il mondo, con grandi potenzialità in particolare in Medio Oriente e in Asia. I recenti successi della Corea del Sud sottolineano il crescente ruolo tecnologico dell'Asia nell'industria nucleare globale, ormai non più dominata in via quasi esclusiva dai costruttori americani ed europei. Presto anche la Cina entrerà con tutto il suo peso sul mercato mondiale con impianti di propria progettazione.

Intanto, secondo l'Aiea, ad agosto 2010 nel mondo erano in costruzione 59 nuovi reattori nucleari, con un aumento di circa il 50% rispetto a due anni prima. A questi bisogna aggiungere 150 reattori già in programma e altri 344 ancora allo stadio di proposta. Aumentano i paesi decisi a entrare nell'era nucleare e diminuiscono quelli che vogliono restarne fuori.

L'Italia, dopo aver lasciato il nucleare, vi sta tornando. La Germania, che nel 2002 decise di uscire dal nucleare, pensa di rinnovare le sue 17 centrali (anziché chiuderle) per prolungare la loro vita operativa di altri 8-15 anni, a seconda dei casi. Anche gli Usa (104 reattori in funzione), in ritardo rispetto al revival atomico globale, aggiornano e potenziano le centrali esistenti.

Oggi il nucleare fornisce il 14% circa dell'energia elettrica totale (quota che, secondo l'Aiea, salirà al 16,6% entro il 2030) e il 5,7% del totale mondiale dell'energia primaria. All'agosto scorso, sempre secondo l'Aiea, erano in funzione in tutto il mondo 440 reattori, di cui più del 50% nei paesi occidentali e oltre un quarto (114 reattori) in Asia. Ma la geografia del mercato del nucleare civile sta mutando, e in modo spettacolare, sia dal lato della domanda di reattori, sia da quello dell'offerta.

Dei 59 reattori oggi in costruzione del mondo, più della metà sono posti in cinque paesi asiatici: Cina (23), Corea del Sud (5), India (4), Giappone (2), Taiwan (2). La Cina, in particolare, ha un imponente programma per l'ulteriore costruzione di decine di altri reattori. Anche Hong Kong, territorio cinese autonomo, pensa a una propria centrale. E tutti i paesi dell'Asean, salvo Brunei e Laos, vogliono entrare nel settore. Il Vietnam, che ha già firmato (o sta negoziando) accordi di cooperazione nucleare con diversi fornitori di tecnologia (Russia, Giappone e Stati Uniti), intende costruire 14 reattori entro il 2030 e avere anche un proprio impianto per arricchire l'uranio. L'obiettivo ultimo è di acquisire, grazie alla collaborazione con società straniere, il know how tecnologico per progettare e costruire centrali.

Fonte: il Sole24ore

lunedì 27 settembre 2010

Il nucleare fa bene all'ambiente e riduce le emissioni

"Una sorta di gioco dell’oca, in cui arrivati ad una casella si scopre che bisogna tornare indietro”. Così il direttore generale per lo Sviluppo sostenibile, l’energia e il clima del Ministero dell’ambiente, Corrado Clini, ha descritto l’architettura normativo-istituzionale che inquadra il rilancio del nucleare in Italia. Il convegno a Palazzo Marini dedicato al tema “Produzione di energia elettrica da centrali nucleari: gli aspetti ambientali e l’esperienza francese” è stata un’occasione utile ad approfondire la questione nucleare come questione ineludibile per affrontare con realismo il tema della riduzione delle emissioni di CO2, ma anche per stilare un’analisi lucida della normativa approvata lo scorso febbraio per consentire l’avvio di nuovi progetti nel settore nucleare.

La validità dell’opzione nucleare per una politica ambientale che guardi con concretezza e pragmatismo agli obiettivi di abbattimento delle emissioni è stata posta ben in chiaro. Roberto Menia ha ricordato che “se la Francia, la Gran Bretagna, la Germania, la Spagna, la Svezia, non avessero il nucleare le emissioni di CO2 nel settore energetico sarebbero superiori del 35% circa rispetto ai livelli attuali”. Lo stesso sottosegretario all’ambiente ha ricordato che “le emissioni prodotte dall’intero ciclo nucleare, decommissioning e gestione delle scorie comprese, sono un decimo di quelle generate da una normale centrale elettrica a carbone”. Una tecnologia su cui puntare per il futuro. Non a caso la green economy di Obama comprende la prospettiva di un forte ulteriore sviluppo del settore nucleare.

Se in Europa le istituzioni comunitarie si mostrano timide nell’affermare l’importanza ai fini ambientali del nucleare, va poi tenuto presente che Francia e Germania vi fanno affidamento per i decenni a venire. Infine, nel corso del convegno, è stato ricordato come l’Italia sia l’unico paese del G8 a non essere dotato della tecnologia dell’atomo. Proprio i benefici in termini ambientali conseguibili in un paese come il nostro, dove oltre ¾ dell’energia è generata da centrali termoelettriche, e gli obiettivi comunitari di riduzione delle emissioni spingono ad una riflessione sulla complessità delle norme emanate in materia e sulle relative difficoltà attuative.

Fonte: L'Occidentale

giovedì 23 settembre 2010

Scorie: sì a una norma europea

Di scorie, esattamente del "valore" delle scorie ne avevo già parlato precedentemente. Invece, è notizia di qualche giorno fa che la Commissione Europea emanerà in breve una direttiva per la gestione delle scorie nucleari. Lo ha annunciato a Bruxelles Ute Blohm-Hieber, capo del settore dell'energia nucleare della Commissione: «Sarà sul tavolo del Parlamento Europeo a ottobre», ha assicurato.

La gestione delle scorie è un problema che riguarda tutti i Paesi europei, non solo quelli dotati di centrali. Attualmente, però, manca un solido riferimento normativo a livello comunitario: l'unica norma, approvata nel 2009, si riferisce solo al trattamento dei materiali radioattivi presenti negli impianti, e non ai depositi di scorie.

La nuova direttiva stabilirà una cornice normativa per i 27 Paesi membri, e per la prima volta coprirà tutti gli aspetti della gestione delle scorie prodotte dagli impianti nucleari. Oltre a fornire una cornice di riferimento, richiederà a tutti i Paesi membri di elaborare un piano a lungo termine per la gestione delle scorie.

Il contenuto della norma si ispirerà alle proposte presentate il 10 giugno 2010 dal Gruppo dei regolatori europei in materia di sicurezza nucleare (Ensreg). Alla discussione hanno partecipato anche i cittadini europei: per restare fedele alla logica dell'approccio partecipativo, la Commissione Europea aveva lanciato sul proprio sito un questionario online, aperto a tutti, per raccogliere pareri e suggerimenti.

Secondo un'indagine dell'Eurobarometro, la stragrande maggioranza dei cittadini europei è a favore di una legislazione comunitaria sulle scorie nucleari. E per tutti, occuparsi di questo argomento è una garanzia di sicurezza.

Fonte: Newclear

mercoledì 22 settembre 2010

Il Friuli chiede una centrale nucleare

Vorrei commentare un articolo postato sul sito il gazzettino.it in cui gli industriali friulani chiedono di costruire una centrale nucleare nella loro regione, qualora all’Italia non fosse permesso di partecipare alla costruzione del reattore di Krsko, in Slovenia. Già a marzo, si era parlato qui del "No" della Slovenia agli investimenti italiani a Krsko (così gli italiani continuano a comprare energia elettrica a caro prezzo dalla Slovenia, avendo comunque una centrale nucleare a 130 km dal confine).

Quindi ora, il presidente regionale di Confindustria Alessandro Calligaris ha dichiarato, in occasione di un incontro con il presidente della Regione Renzo Tondo, la possibilità di ospitare una centrale in Friuli se dovesse saltare l'accordo con la Slovenia. Il motivo è poter garantire la sostenibilità industriale regionale, in modo da non dover andare in sofferenza e proseguire sulla strada dello sviluppo e del rilancio economico. Ma non solo di industria e di aziende si è parlato. E non solo di centrali da mettere in piedi. Si è parlato anche della costruzione di elettrodotti, altrettanto necessari per poter veicolare l’attuale disponibilità energetica, oltre a quella del prossimo futuro.

Si è poi anche affrontato il problema occupazionale, di come attuare (cito testualmente) la riconversione e ricollocazione per i 9mila lavoratori in mobilità, la gestione del credito a sostegno dei livelli occupazionali. Le posizioni del governatore sono state di disponibilità verso le infrastrutture di conduzione e di attesa riguardo alla centrale di Krsko, verso cui si nutre ancora la speranza di poter partecipare. Poi, naturalmente, si vedrà. Quello che ritengo importante è la richiesta di una parte del nostro paese, di una parte della nostra economia in quanto parte dell’industria; e questa richiesta va in direzione di un ragionevole, ma irrinunciabile progresso. Ritengo importante notare che non si tratta di aziende che vivono ‘di’ nucleare, cioè che ci lavorano, bensì di realtà industriali a cui il nucleare occorre ‘per’ vivere; per continuare a produrre; per continuare a dare lavoro; il che significa, si capisce, anche dare un contributo sociale e occupazionale. Ma un caso del genere non è la classica stonatura in un coro: anche in Piemonte si è verificata una richiesta simile. È così irragionevole chiedere di non fermare il progresso?

martedì 21 settembre 2010

La centrale nucleare è una medicina?

Lo riconosco, il titolo è un po' provocatorio, però questo post è un invito alla riflessione, provando a ribaltare i soliti luoghi comuni che alimentano l'opposizione al ritorno al nucleare.
Lo studio tedesco di cui si è parlato alla trasmissione "presa diretta" non evidenzia relazioni di causa ed effetto fra centrali nucleari e leucemie. Anche perché ammette la possibilità che nei casi esaminati possano essere entrati in gioco altri fattori.

Eppure lo studio viene citato per dire che le centrali fanno venire il cancro.

Con questo metodo si potrebbero dimostrare tanti risultati paradossali. Per esempio che le centrali nucleari non solo non causano tumori, ma anzi ne riducono il rischio. Assurdo? Vediamo: l’Italia è l’unico grande Paese europeo senza centrali nucleari. Eppure il tasso italiano di leucemie infantili è superiore a quello di tutti gli altri Paesi europei. Lo dimostra lo studio “Children’s Health and the Environment in Europe: a Baseline Assessment”, realizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (quindi difficilmente influenzato da eventuali lobby nucleari). Lo studio afferma infatti che la percentuale di leucemie fra i bambini sotto i 15 anni è nettamente più alta in Italia che in tutti gli altri Paesi europei, in particolare rispetto a quelli dotati di centrali nucleari.

Evidentemente, in Inghilterra, Francia, Germania, Svezia, Spagna, eccetera, le centrali nucleari in qualche modo proteggono i bambini dalle leucemie. Dunque, siamo punto e a capo!

lunedì 20 settembre 2010

Presa diretta: occasione persa per un confronto obiettivo

Servizi come quello sul nucleare trasmesso da “Presa Diretta” su Rai3 domenica sera sono importanti. Perché aprono la discussione su argomenti fondamentali di cui si parla sempre troppo poco.

In effetti la disponibilità di energia in quantità adeguate e a costi concorrenziali è una cosa letteralmente di vitale per una società industrializzata. E il dibattito su questi argomenti è indispensabile, soprattutto in un Paese come l’Italia, che dipende per l’85% dei propri consumi energetici dalle importazioni. Cosa che ha conseguenze pesanti sulla bilancia dei pagamenti, e soprattutto sulla capacità del nostro sistema industriale di competere ad armi pari con gli altri. L’energia elettrica, per esempio, viene prodotta in Italia ad un costo che è mediamente dal 30 al 50% superiore a quello degli altri Paesi europei con cui dobbiamo competere (e addirittura del 100% rispetto alla Francia, che la produce principalmente proprio con il nucleare, vendendocela in grande quantità).

Ben vengano dunque servizi come quello realizzato dal giornalista Riccardo Iacona. Peccato però che di queste cose (di costi, di competitività, di confronti tra fonti e tecnologie diverse) nel servizio trasmesso da Rai3 non si sia parlato.
E peccato anche che questo servizio lungo e articolato sia stata una ulteriore occasione persa per il confronto tra idee e posizioni diverse.
Si è infatti parlato a senso unico solo contro il nucleare, mettendone in risalto problemi e difficoltà. E anche in modo preconcetto, ideologico.

O peggio.
Perché è difficile credere che citando uno studio tedesco secondo cui i bambini che vivono vicino alle centrali nucleari hanno maggiori rischi di contrarre leucemie, tutto lo staff di Presa Diretta non sapesse che:
1) esistono decine di studi di maggiore autorevolezza che affermano il contrario;
2) non è vero che lo studio citato afferma quanto gli fa affermare Rai3 (gli autori dicono solo che “c’è il sospetto, che però non sono in grado di dimostrare”; per chi vuol toccare con mano veda a pag. 16 dello studio stesso, paragrafo “Attributable Risks”, consultabile in inglese);
3) che comunque, pur in base al semplice “sospetto”, il Ministero dell’Ambiente tedesco ha condotto uno studio di verifica che ha del tutto smentito quel “sospetto”.

Continuo a pensare che ci sia una domanda cui seriamente gli oppositori al rilancio del nucleare in Italia debbano rispondere. Ma davvero è pensabile che tutti i Paesi industrializzati e una buona parte di quelli in via di sviluppo che utilizzano il nucleare siano seriamente stupidi? Che non sappiano farsi i conti in tasca? Che non siano interessati alla salute propria e dei propri figli? E se sono tutti stupidi, perché hanno tutti un sistema energetico più efficiente ed economico del nostro?

venerdì 17 settembre 2010

L’Austria, il nucleare e Greenpeace

“Stop alla follia nucleare di Berlusconi”: con questo slogan circa una quarantina di attivisti di Greenpeace Italia e Austria hanno occupato i giorni scorsi l’ambasciata italiana a Vienna, in segno di protesta contro il programma nucleare del nostro Governo. Per l’associazione ambientalista, l’Austria sarebbe seriamente minacciata da ipotetici rischi legati alla presenza di centrali nel nord Italia. La richiesta è che l’Italia chiarisca il prima possibile i propri progetti e renda nota la localizzazione dei futuri impianti nucleari.

Durante la protesta si sono diffuse voci allarmanti, subito rimbalzate su molti siti ambientalisti: in caso di incidente nucleare nel nord Italia ci sarebbe addirittura il rischio di una nuova Chernobyl, con immediate ripercussioni anche in Austria. Il riferimento è principalmente alla città di Chioggia, indicata da molti come uno tra i possibili siti nucleari dell’Italia settentrionale, che si trova a soli 160 km dal confine austriaco. L’allarme lanciato dall’associazione ambientalista, da sempre in prima linea contro il nucleare, appare eccessivo e soprattutto non si fonda su solidi presupposti, per tutta una serie di motivi.

Innanzitutto l’Austria confina con altri Stati che hanno impianti nucleari funzionanti. Forse non vuole trovarsi nella situazioni in cui è l'Italia (sempre che già non ci sia..): infatti, a meno di 200 KM dai confini italiani ci sono 13 centrali nucleari. In caso di incidenti, dettati da errori umani come fu appunto quello di Chernobyl, noi subiremmo amare conseguenze. Senza però aver mai beneficiato dell’energia prodotta da questi impianti nucleari (eccetto averla comprata). Quindi sotto questo punto di vista non siamo mai usciti dal nucleare, ma ci siamo messi nelle condizioni di quelli che rifiutano i benefici ma subiscono in caso i danni!

Ma torniamo a Greenpeace e alle accuse di tenere nascosti i siti delle future centrali. Al momento non è stata ancora diffusa una “mappa” ufficiale delle future centrali nucleari, la cui definizione è stata affidata dal Governo all’Agenzia per la sicurezza nucleare, istituita dalla legge 99 del 23 luglio 2009 (cosiddetta “legge sviluppo”). Un ente che, di fatto, non esiste ancora e, di conseguenza, non può adottare nessuna deliberazione in merito, a dispetto delle accuse del portavoce della campagna per Greenpeace Italia Alessandro Gianni, che parla di “siti già determinati a porte chiuse”. Alla luce di tutto questo è chiaro che si tratta di una polemica ancora più priva di fondamento.

Allargando lo sguardo, anche il paragone con il disastro di Chernobyl sembra quantomeno azzardato: innanzitutto perché è ormai consolidata la tesi che attribuisce l’episodio a un errore umano, il che rende già di per sé questo incidente imparagonabile ad altri incidenti, passati o futuri. Poi perché gli impianti che nasceranno in Italia avranno standard di sicurezza ancora più elevati rispetto a quelli esistenti in altre nazioni, grazie alla tecnologia EPR, già adottata in Francia. Si tratta di una tecnologia con 4 sistemi di sicurezza ridondanti: i sistemi di salvaguardia, sono, cioè, replicati 4 volte per massimizzare la sicurezza.
Per evitare valutazioni affrettate sulla questione nucleare, quindi, la soluzione migliore sarebbe farsi un’idea sulla base di informazioni certe piuttosto che ragionare su semplici supposizioni.

giovedì 16 settembre 2010

I circoli dell'ambiente a favore del nucleare

È ufficialmente nato, in attesa della presentazione di novembre al Senato della Repubblica, il Network “I Circoli dell’Ambiente e della Cultura Rurale – ONLUS”, Associazione Ambientalista moderata che si ispira al principio dello Sviluppo Sostenibile.

È un movimento popolare che ha l’ambizione di coinvolgere ancor di più i Giovani attraverso i loro media preferiti: il sito internet, facebook, dove abbiamo un gruppo con quasi 2.000 iscritti, twitter, un forum, un blog, una newsletter pressoché quotidiana e presto anche un canale su youtube. I Circoli non sono un partito, non sono una corrente di un partito, sono un laboratorio di idee al servizio del cittadino e della politica intesa come amministrazione.

Il nostro manifesto, che usa l’acronimo 'Sostenibilità', così come il nostro programma, sono stati scritti e condivisi da fior di intellettuali ed esperti del settore, ma con il massimo coinvolgimento dei Giovani che animano le nostre attività sul territorio. Oggi proteggere l’Ambiente vuol dire conciliare sviluppo e tutela, vuol dire responsabilità, vuol dire superare i preconcetti e soprattutto svecchiare l’Ambientalismo italiano e guardare a quello europeo.

Noi proponiamo un Ambientalismo nuovo, quello del nostro programma, in cui chiediamo la costruzione delle centrali nucleari (fonte energetica economica, pulita e sicura), dei termovalorizzatori (per evitare discariche e, peggio ancora, i rifiuti in strada), del Ponte sullo Stretto e delle grandi infrastrutture, in cui dichiariamo di condividere le posizioni dell’N-Ipcc sui cambiamenti climatici, che abbiamo scritto, per le sezioni Attività venatorie e gestione faunistica, Difesa degli animali ed Agricoltura, con le associazioni specializzate. Questo e tanto altro ancora sono i Circoli dell’Ambiente e della Cultura Rurale: una grande avventura destinata al successo. Siamo Giovani, CON i Giovani, PER i Giovani!”

Il Velino

mercoledì 15 settembre 2010

Olkiluoto: la fatica di "essere un prototipo"






Il post in questione è di Rod Adams, blogger americano, che ha fondato Adams Atomic Engines Inc e che vanta un'esperienza decennale nel settore del nucleare.

Si parla dei ritardi nella costruzione della centrale a Olkiluoto, e Rob Adams offre un punto di vista molto più approfondito rispetto alle dichiarazioni delle associazioni ambientaliste: "l'impianto a Olkiluoto è in ritardo rispetto alla tabella di marcia. Costa di più di quanto stabilito all'inizio e quindi è un fallimento".
In realtà le cose non stanno così. E vista la complessità della situazione, sarebbe troppo riduttiva una conclusione così catastrofica. Piuttosto sembra una conlusione dettata da una volontà di screditare quanto di importante nella storia del nucleare si sta facendo in Finlandia.

Di seguito, in breve qualche estratto dal post di Rob Adams, che però vale la pena di leggere nella sua versione integrale:
"[..] non c'è nulla di realmente "nucleare" legato alla complessità di realizzare un progetto come quello di Olkiluoto, che deve affrontare costi elevati, dispute tra governo e soggetti privati (incaricati della costruzione dell'impianto) e continue minaccie di interruzioni dei lavori. Tutto questo ha a che fare molto di più con i grandi progetti che subiscono la crisi economica (mondiale), con costi soggetti ad inflazioni continue.

" [..] Per molti Paesi era da tempo che non si costruivano più impianti nucleari. Intanto l'industria è andata evanti c'è una nuova generazione impegnata in tecniche che si sono evolute a partire dal 1970. C'è molto da imparare e migliorare in questo settore e puntando all'eccellenza si cade spesso in ritardi e aumento di costi. Che triplicano se ci si mette di mezzo anche la burocrazia.
E poi c'è il fattore del prototipo. Avete mai provato a costruire un "primo modello"? Ci sono sempre lezioni nuove da imparare, errori da fare, soldi da investire... Immaginate il caso di Olkiluoto:
4.000 lavoratori che parlano lingue diverse, coinvolti nella costruzione di un disegno ancora mai completato ... [...]".


Infine, conclude: "Alla luce di tutto questo la vera notizia sarebbe stata che l'EPR in costruzione a Olkiluoto procedeva senza ritardi e costi aggiuntivi".

Come dire, i ritardi a Olkiluoto non sono il risultato di un fallimento, ma sono il prezzo da pagare quando si intraprende una nuova strada verso il progresso.

Nucleare finlandese

Come noto in Finlandia (sull’isolotto di Olkiluoto) è in costruzione da alcuni anni il primo reattore EPR di III generazione, lo stesso che Enel propone di costruire in Italia. Con risultati catastrofici, come sottolineano gli antinucleari nostrani, che non perdono occasione di ricordare i ritardi là maturati e il lievitare dei costi per sottolineare il fallimento economico e tecnologico del nucleare che si vorrebbe realizzare anche da noi. Ed è certamente vero che a Olkiluoto si accumulino ritardi e aumentino i costi rispetto ai piani di progetto, senza considerare che si tratta di un prototipo assoluto, senza esperienze precedenti da far valere.

Ebbene, con un simile "fallimento" in casa, la Finlandia ha presentato altri 3 progetti di reattori simili. Due sono stati approvati e uno respinto (per ora, il discorso non è chiuso). Motivo: i progetti sono nell’interesse del Paese, che deve ridurre le emissioni di CO2 e anche la dipendenza dall’estero (di energia in generale e anche di elettricità, importata per il 17% dalla Russia).

Prima osservazione importante. Al governo di coalizione finlandese partecipano anche i Verdi, con 2 ministri su 16. I Verdi si sono opposti, e la proposta è stata accettata con 14 voti a favore e 2 contrari. Fine: i due Verdi si sono limitati a dire che vale la maggioranza e, ovviamente, non hanno certo minacciato di uscire dalla Governo.

Seconda osservazione: i proponenti delle 2 centrali approvate sono dei consorzi industriali che ritengono di poter finanziare autonomamente i progetti (non sono previste garanzie economiche governative), guadagnandoci sopra. E - guarda caso – uno dei due è lo stesso consorzio che sta realizzando la nuova centrale di Olkiluoto. Sono davvero pazzi? No, loro conoscono esattamente i motivi dei ritardi di costruzione (tre anni) e gli aumenti di costo (del 50%, a 4,5 miliardi rispetto ai 3 di progetto), ma ritengono di aver imparato abbastanza dagli errori del passato, e sono convinti di poterli non ripetere in futuro.

Fonte: energy mix

martedì 14 settembre 2010

Il nucleare e la salute: rischi reali e bufale

La Germania allunga la vita delle centrali e gli antinuclearisti tornano alla ribalta con uno studio commissionato nel 2007 e presentato pubblicamente: l'"Epidemiological Study on Childhood Cancer in the Vicinity of Nuclear Power Plants", ossia il KiKK. In sintesi si trattava di una ricerca che denunciava una correlazione statistica tra la prossimità della residenza di una persona ad una centrale nucleare, al momento della diagnosi, e il rischio del soggetto a contrarre cancro (o leucemia) nei primi cinque anni di vita.

Lo studio fece brevemente il giro del mondo, tanto che il Ministero dell’Ambiente tedesco istituì una commissione internazionale, costituita da 8 ricercatori, inglesi, tedeschi e francesi soprattutto epidemiologi e radiologi. La commissione concluse che lo studio KiKK aveva numerosi deficit metodologici, soprattutto al riguardo della determinazione dell’esposizione alle radiazioni e della valutazione dei fattori biologici di rischio e pertanto non aveva alcun valore scientifico. Le valutazioni radio-ecologiche della commissione internazionale hanno indicato che l’esposizione a radiazioni derivanti dalla vicinanza degli impianti nucleari non poteva assolutamente spiegare i risultati evidenziati dallo studio KiKK.

L’esposizione ad una radiazione aggiuntiva causata dalla centrale nucleare, che effettivamente esiste ma è molto bassa, avrebbe dovuto essere di almeno mille volte superiore rispetto a quello che effettivamente è stato evidenziato nello studio KiKK per causare le leucemie che ha causato. Va sottolineato che la radioattività rilasciata nell’ambiente da una centrale nucleare è pari a circa un venticinquesimo della radioattività scaricata da un impianto a carbone di pari potenza.

Mai che succeda che uno dei tanti gruppi antinucleare si metta a far gli stessi rilievi su centrali a gas per poi comparare i risultati, troppo difficile e troppa paura immagino, e si che tecnicamente non ci vuole molto, se sono in grado di farlo per le centrali nucleari che problema c’è nel farlo pure per le altre?

Per approfondimenti Energy Mix
E qui: "In uno sforzo divulgativo e nell'intento di offrire una sintetica rassegna dello stato attuale della conoscenza scientifica in materia, il Forum Medizin und Energie, associazione elvetica che raggruppa diverse centinaia di medici, ha esaminato gli studi finora condotti, pubblicando le sue considerazioni nell'opuscolo “Leucemie infantili e centrali nucleari: è giusto preoccuparsi?

lunedì 13 settembre 2010

L’energia nucleare è la meno rischiosa

L'energia nucleare è la meno rischiosa per la vita umana, sia in termini assoluti come numero di morti, sia in rapporto all'energia prodotta. Lo dimostra il rapporto "Comparing Nuclear Accident Risks with Those from Other Energy Sources", che contiene i dati relativi a tutti gli incidenti con almeno 5 morti nel periodo che va dal 1969 al 2000.

Il documento, realizzato in base ai dati del centro di ricerca svizzero Paul Scherrer Institut, è stato pubblicato della Nuclear Energy Agency (NEA), l'agenzia nucleare dell'OCSE (l'organizzazione economica dei Paesi industrializzati). Il rapporto prende in considerazione le principali fonti di energia: carbone, petrolio, gas naturale, GPL, idroelettrico e nucleare.

Una conclusione evidente è la differenza fra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo: 8934 morti contro 72.324. Per quanto riguarda il nucleare, il numero totale di morti nei Paesi industrializzati è zero. In tutto il mondo, l'unico incidente mortale, quello di Cernobyl, ha causato 31 vittime accertate. A fronte di questi dati, il numero totale di morti per incidenti è di 20.276 nell'industria del carbone, 20.018 in quella del petrolio, 29.936 nell'idroelettrico. In rapporto all'energia prodotta, la fonte più pericolosa è invece il GPL, con quasi 2 morti per GWanno nei Paesi industrializzati e ben 15 nei Paesi in via di sviluppo: un rischio oltre 300.000 volte superiore a quello del nucleare.

Considerando anche le conseguenze future, il rapporto osserva che il numero di vittime di Cernobyl continuerà ad aumentare nei prossimi 70 anni. La cifra totale sarà compresa, secondo i dati della Commissione Europea, dell'Organizzazione mondiale della sanità e dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, fra 9000 e 33.000. «Anche nel peggiore scenario possibile, queste cifre sono dello stesso ordine di grandezza di un singolo incidente nell'industria idroelettrica: quello della diga di Banqiao, che provocò quasi 30.000 morti in Cina nel 1975», osserva il rapporto.

Inoltre, se si considerano le vittime per danni ambientali, bisognerebbe calcolare anche quelle provocate dall'inquinamento atmosferico: in base all'Environmental Outlook dell'OCSE, ogni anno muoiono 288.000 persone a causa del particolato emesso dalle centrali a combustibili fossili.

E soprattutto, conclude il rapporto, assimilare i dati di Cernobyl «non è appropriato, perché oggi le centrali nucleari nei Paesi industrializzati sono dotate di tecnologie più sicure e gestite con procedure più severe rispetto all'Ucraina degli anni Ottanta».

giovedì 9 settembre 2010

Le scorie «valgono» 79 milioni

Sulle provinciali ci sono ancora i cartelli: «Comune denuclearizzato». Uno di questi? Ecco Portoferraio, che nella primavera 2009, con la "rinascita nucleare" promossa dal governo, decise «di vietare su tutto il territorio comunale l'installazione di centrali che sfruttino l'energia atomica». Ma non è sicuro che il no al nucleare sia un toccasana.

Finora i comuni che ospitano rifiuti atomici hanno incassato 79 milioni di euro. Primo fra tutti, Caorso (Piacenza), 4.920 abitanti attorno alla rocca medievale dei Pallavicini e dei Mandelli. «Nel 2007 abbiamo ricevuto una prima parte dei contributi della legge 368 del dicembre 2003, circa 10 milioni», ricorda Fabio Callori, sindaco a capo di una giunta Pdl e Lega Nord. «Poi ci sono arrivati un paio di milioni per l'anno 2007 e stiamo aspettando i due milioni del 2008».
La legge assegna un contributo ai comuni in relazione con il cosiddetto "inventario radiometrico", cioè con la radioattività "contenuta" nelle istallazioni nucleari. Caorso, che rappresenta il 30% delle scorie, e poi Trino Vercellese, Sessa Aurunca (Caserta) per la centrale del Garigliano, Latina, Saluggia (Vercelli) per gli impianti Avogadro ed Eurex, Roma per l'Enea della Casaccia, Bosco Marengo (Alessandria) per la Fabbricazioni nucleari, Ispra (Varese) per il centro europeo ex Euratom, Rotondella (Matera) per l'Itrec. I soldi sarebbero stati tre volte tanto se una finanziaria non avesse sforbiciato le compensazioni. Con la graduale rimozione dei materiali radioattivi (in giugno Caorso si è liberata delle ultime barre di uranio) il contributo si riduce.


La presenza del nucleare non ha portato conseguenze negative sui valori dei terreni e delle case; al contrario, l'arrivo di tecnici ha generato un apprezzamento immobiliare e ha creato movimento in pizzerie e negozi. Il calo è avvenuto invece quando gli impianti sono stati fermati. Il futuro deposito nucleare e parco tecnologico (a settimane l'individuazione dei criteri per la scelta) porterà nel luogo prescelto centinaia di ricercatori e scienziati da mezz'Europa, con le famiglie.
Che cos'ha fatto Caorso, 2-2,5 milioni di bilancio annuale, con quella pioggia di soldi nucleari? Il sindaco Callori elenca orgoglioso: «Abbiamo azzerato i mutui del comune, abbiamo dimezzato la tassa rifiuti, paghiamo la metà delle spese scolastiche dei ragazzi, diamo un regalo di 500 euro a ogni neonato, abbiamo allestito un ambulatorio diagnostico, diamo incentivi al fotovoltaico, aiutiamo chi acquista auto a gas...»

Da Il Sole24ore

mercoledì 8 settembre 2010

Enel e il nucleare in Slovacchia

Prove generali per il nucleare italiano in Slovacchia. L'Enel, che con Edf ha in programma di avviare la realizzazione di quattro centrali nel nostro Paese, a Mochovce (con la controllata locale Slovenske Elektrarne) va avanti con i lavori per il completamento dell'impianto e, quindi, con la ricostruzione delle competenze necessarie per il ritorno dell'atomo in Italia dopo il referendum post-Chernobyl del 1987. Un passaggio fondamentale dei lavori è stata l'installazione del vessel, vale a dire l'involucro all'interno del quale avviene la fissione nucleare, in sostanza il 'cuore' della centrale. L'enorme struttura in acciaio, realizzata dalla ceca Skoda Js, è stata posizionata nell'unità 3 e mostrata ieri a membri del governo slovacco, del Parlamento, dell'Autorità di controllo e alla stampa. Il terzo reattore sarà pronto nel dicembre 2012, mentre otto mesi dopo, e con un investimento complessivo che arriverà a 2,8 miliardi di euro, saranno ultimati i lavori nell'unità 4. Con la 1 e la 2, già in funzione dalla fine degli anni '90, Mochovce sarà in grado di soddisfare il 45% dei bisogni energetici della Slovacchia. Ma, quel che è forse ancora più importante per l'Enel, è la possibilità di rientrare concretamente nel nucleare con la costruzione di una centrale partendo sostanzialmente da zero, cioè quello che occorrerà fare in Italia, dove le vecchie centrali sono state ormai dismesse. Nei lavori sono stati impiegati circa 500 italiani (e circa una trentina di aziende del made in Italy), chiamati a 'farsi le ossa' per affrontare la difficile sfida di casa nostra. «Le cose - ha spiegato il country manager dell'Enel per la Slovacchia, Paolo Ruzzini - sono complementari per competenze e tempistica».

martedì 7 settembre 2010

Il governo tedesco ha deciso: prolungata la vita delle centrali

Il sistema energetico «più ecocompatibile ed efficiente del mondo»: così il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha descritto il nuovo piano energetico che il suo governo presenterà ufficialmente il 28 settembre.

Il piano comprende la tanto discussa proroga delle centrali nucleari, che resteranno dunque in attività in media 12 anni più del previsto. Più precisamente, l'estensione sarà di 8 anni per i 7 reattori più vecchi, costruiti fino agli anni Settanta, e di 14 anni per i 10 impianti più recenti.

Il compromesso raggiunto dal governo il 5 settembre conferma anche un altro provvedimento contestato: la tassa sul combustibile. In cambio della proroga, le società che gestiscono le centrali dovranno pagare 145 euro per ogni grammo di uranio e plutonio. La tassa dovrà portare nelle casse del governo circa 2,3 miliardi di euro all'anno per 6 anni.

Il compromesso approvato è una dimostrazione della visione del governo Merkel: il nucleare come fonte di energia di transizione verso un futuro dominato dalle rinnovabili, del cui sviluppo si farà carico economicamente. Le società nucleari hanno comunque molto da guadagnare: secondo un rapporto realizzato dall'Energiewirtschaftliches Institut (Istituto per l'economia dell'energia) dell'Università di Colonia e dalla società svizzera di consulenza Prognos, la proroga comporterà incassi ulteriori per 6,4 miliardi di euro all'anno.

Il piano energetico testimonia la posizione della Germania come capofila dei Paesi attenti all'ecologia: prevede anche nuovi incentivi alle energie rinnovabili e varie altre misure per il risparmio energetico, l'efficienza della rete e la protezione dell'ambiente.

Secondo i progetti del precedente governo a guida socialdemocratica di Gerhard Schröder, l'ultima centrale nucleare avrebbe dovuto chiudere entro il 2022. Proprio il partito socialdemocratico, ora all'opposizione, ha annunciato la propria contrarietà al nuovo piano, promettendo di ritirarlo in caso di vittoria alle prossime elezioni politiche del 2013.

Fonte: Nuclear News

lunedì 6 settembre 2010

Il nucleare promette prezzi più bassi e tagli alle emissioni

Prezzi dell'elettricità europei, e quindi più bassi del 25-30%. Con un contemporaneo taglio di almeno il 20% alle emissioni medie di anidride carbonica le nostre centrali elettriche, che ci aiuterà non poco a rispettare i vincoli internazionali del patto di Kyoto. Il tutto con una bella iniezione di posti di lavoro: almeno 10mila. Ecco il ritorno italiano all'energia nucleare, nuovo Eldorado non solo per le nostre martoriate bollette elettriche ma anche per l'intera economia italiana.

Parola di Enel e Edf, alleate per dare corpo a sostanza al piano del governo Berlusconi per il nostro ritorno all'atomo elettrico. Via dunque alla mobilitazione di fior di economisti e scienziati per certificare la bontà dell'operazione sotto tutti i punti di vista: economico, ambientale, sociale.

Grandi promesse quelle formulate nella ricerca "Il nucleare per l'economia, l'ambiente e lo sviluppo" commissionata al The European House-Ambrosetti e presentata oggi nella giornata conclusiva del forum di Villa d'Este. Che però contiene anche un monito: la tecnologia nucleare è materia complicata e impegnativa. Ha bisogno di un quadro di regole complesse. Che nostro governo ha ben imbastito. Ma che scontano qualche pericoloso ritardo in atti applicativi nevralgici (la stessa Agenzia per la sicurezza nucleare è ancora lontana dalla sua operatività) per dare certezze agli investitori e la necessaria dose di fiducia ai cittadini sulla corretta confezione del piano di battaglia.

Ottima sfida, garantiscono comunque gli esperti che hanno messo faccia e reputazione nella ricerca. Il ritorno a nucleare - argomentano - può regalare all'Italia corposi benefici su almeno quattro versanti. Il primo: così di generazione elettrica più bassi e stabili nel tempo. Il secondo: un ambiente più pulito grazie al significativo taglio della Co2 in un settore che ora contribuisce in maniera massiccia alle emissioni inquinanti. E anche questo garantisce vantaggi economici importanti visto che le quote aggiuntive di anidride carbonica vanno compensate con l'acquisto a caro prezzo i diritti di emissione.

Terzo punto: le ricadute economiche e occupazionali degli investimenti per costruire impianti. Quarto punto: la sicurezza del sistema energetico nazionale che sarà garantita dall'affidabilità ormai assoluta – giurano gli estensori della ricerca – delle centrali nucleari, e da una diversificazione delle fonti di approvvigionamento davvero indispensabile per il paese che più al mondo importa energia e che dipende dall'estero per l'86% del fabbisogno primario affidandosi per tre quarti (un record anche qui) ai combustibili fossili.

Fonte: Il Sole 24Ore

giovedì 2 settembre 2010

L'energia da fonti rinnovabili è soggetta all'IVA

La tariffa fissa omnicomprensiva riconosciuta ai produttori di energia da fonti rinnovabili è soggetta a IVA se percepita da un soggetto che svolge attività commerciale, agricola o di lavoro autonomo; non assume rilevanza ai fini dell’IVA, invece, se è corrisposta ai titolari di impianti posti a servizio dell’abitazione o della sede dell’ente e destinati a soddisfare bisogni personali.
L’energia prodotta da fonti rinnovabili è soggetta all’IVA. Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 88/E del 25 agosto 2010, in risposta ad un quesito del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), il soggetto attuatore per l’incentivazione della produzione di energie rinnovabili.

Il GSE è l’ente che provvede al ritiro dell’energia elettrica ammessa al trattamento incentivante di cui all’articolo 2, comma 145, della Finanziaria 2008 (Legge 244/2007) e del DM 18 dicembre 2008. La tariffa omnicomprensiva rientra tra i “meccanismi incentivanti” ed è corrisposta ai produttori che immettono in rete l’energia non autoconsumata.

Nucleare italiano, scelta non rinviabile

Energia a basso costo e impatto ambientale zero. E soprattutto una grande chanche per rilanciare la competitività del sistema Italia.

Il contorno di polemiche che accompagna il dibattito sul ritorno dell'atomo in Italia non può, infatti, prescindere dai dati oggettivi sull'economicità della produzione di energia dai reattori.

Uno solo di questi, progettato con la terza generazione avanzata, il cosiddetto European Pressurized-Water Reactor (EPR) genera energia per circa 8.000 ore l'anno, contro le circa 2.000 ore di un impianto eolico o le 1.200 ore di un impianto solare fotovoltaico.
Così un solo impianto da 1.600 Megawatt potrebbe approssimativamente coprire il fabbisogno di energia elettrica di due città della dimensione di Milano per 60 anni.

Ben vengano le alternative in ogni caso ma se si volesse soddisfare lo stesso tale fabbisogno ricorrendo esclusivamente a fonti rinnovabili si dovrebbero installare oltre 15 mila ettari di pannelli fotovoltaici, pari a 20 mila campi di calcio regolamentari. Imparagonabile anche il confronto con l'eolico.

Per ottenere la stessa quantità di energia servirebbero oltre 3 mila pale da 2,5 MW, ognuna delle quali alta 100 metri e con un diametro di 80 metri.

Se le stesse fossero messe in fila sarebbe coperta la distanza in autostrada tra Rimini e Lecce e cioè circa 720 chilometri. Insomma energia pulitissima ma inquinamento ambientale da non sottovalutare.

Persino il promettente settore delle biomasse non sembra essere immune da critiche.

Per creare la stessa energia bisogna consumare circa 20 milioni di tonnellate di materiale organico all'anno, producibili solo da un'area interamente coltivata a pioppeto estesa come la somma di Emilia Romagna e Marche.

Non poco. Certo anche il nucleare ha una serie di controindicazione come la necessità di garantire standard di sicurezza elevatissimi e la produzione di scorie che vanno stoccate in depositi particolari.

Ma dalla sua l'atomo consente la produzione elettrica a costi molto contenuti con zero emissioni inquinanti e zero emissioni di anidride carbonica. Il nucleare può contare, inoltre, sulla stabilità e sull'ampia disponibilità di combustibile reperibile in un gran numero di Paesi del mondo.

Da non sottovalutare poi l'impatto ambientale. Il programma italiano prevede che il 25% dell'energia di sia prodotto con il combustibile fissile. Questo a regime genererebbe circa 100 TWh/anno (Terawattora/anno) senza l'emissione di CO2.

Se la stessa stessa quantità fosse prodotta con il gas (la fonte termoelettrica a più bassa emissione) nell'atmosfera arriverebbero comunque 35 milioni di tonnellate di CO2.

Il mondo ha comunque già dato la sua approvazione allo sfruttamento di questa tecnologia.In base alle informazioni fornite dalla International Atomic Energy Agency (Iaea), fino ad oggi risultano essere in servizio nel mondo 436 reattori nucleari per una potenza complessiva installata di circa 370.000 Megawatt.

Quelli in funzione forniscono all'incirca il 15% dell'elettricità prodotta nel mondo. E negli ultimi anni il trend di crescita del suo utilizzo è stato in costante ascesa. Nel 1980 i Terawatt prodotti erano solo 700 nel 2008 sono arrivati a quota 2.700.

Non manca una importante quota di energia atomica in Europa. Sono 15 i paesi Ue che hanno sul loro territorio 197 reattori con una potenza installata complessiva pari a circa 132 mila Megawatt. E in un raggio di 200 km dai confini Italiani, sono attive 27 unità nucleari per un totale di circa 24 mila Megawatt.

Fonte: Il primato.com

mercoledì 1 settembre 2010

La sicurezza sul nucleare e il modello da imitare

Il disastro ambientale del Golfo del Messico non sarebbe avvenuto se l'industria petrolifera avesse un sistema di sicurezza simile a quello dell'industria nucleare. Adesso, e per il futuro, è proprio il nucleare il modello a cui ispirarsi per evitare altre catastrofi. Lo ha affermato Bob Graham, senatore degli Stati Uniti e copresidente della National Commission on the BP Deepwater Horizon Oil Spill and Offshore Drilling, la commissione voluta dal presidente Barack Obama per indagare sull'incidente del Golfo, le responsabilità e le contromisure.

Negli Stati Uniti, ha osservato Graham, la cultura della sicurezza nucleare è avanti di decenni rispetto al settore petrolifero. Nel 1979, dopo l'incidente di Three Mile Island, l'unico di una certa gravità mai avvenuto in un reattore in Occidente, è stato creato l'Institute of Nuclear Power Operations (INPO): un ente non profit con l'incarico di «aiutare l'industria nucleare a raggiungere i più alti standard di sicurezza e di eccellenza».

Secondo Graham, l'INPO ha raggiunto perfettamente il suo scopo: «Ha stabilito delle best practice e le ha monitorate in modo assillante. Gli standard di sicurezza delle centrali negli ultimi anni sono migliorati enormemente». Negli anni Ottanta, un reattore subiva in media 7 blocchi automatici di sicurezza all'anno. Oggi la media è vicina allo zero. Inoltre la dose di radiazioni a cui è esposto un lavoratore è un sesto rispetto a quella di 30 anni fa.

«L'INPO non sostituisce gli organismi governativi, come l'Atomic Energy Commission e la Nuclear Regulatory Commission, ma è un loro complemento», ha aggiunto William Reilly, l'altro presidente della Commissione. Ora è giunto il momento di seguire l'esempio: «L'insegnamento dell'industria nucleare è molto istruttivo per quella petrolifera», ha concluso Graham.

Fonte: NuclearNews