giovedì 30 dicembre 2010

Le scorie? Problema risolvibile

Molti dei cittadini che hanno scritto criticando la campagna pubblicitaria del Forum indicano le scorie nucleari come una delle ragioni principali della loro opposizione al nucleare. Essi affermano che le scorie sono sostanze estremamente pericolose, destinate a restare tali per molti secoli. Aggiungono che non possiamo lasciare questa eredità alle future generazioni.

Quello delle scorie non è certo un tema da prendere alla leggera. Anzi, si tratta di un argomento caldo di cui si discute in tutto il mondo. Ma riteniamo che l’esperienza di questi ultimi decenni abbia dimostrato che il problema può essere affrontato in modo efficiente e sicuro. Per diverse ragioni.

Fino a oggi, dopo oltre 50 anni di esperienza in molte centinaia di centrali nucleari, le scorie non hanno mai causato un solo incidente di rilievo, al contrario di quello che accade con molti rifiuti speciali, che sono in quantità estremamente maggiore e non sono regolati da norme altrettanto rigide e sperimentate.

La quasi totalità dei rifiuti radioattivi generati dalle centrali sono paragonabili a quelli prodotti nei reparti ospedalieri, sia per pericolosità sia per quantità. Si tratta di diverse decine di migliaia di metri cubi di sostanze che avrebbero bisogno di un deposito nazionale definitivo che in Italia si fa fatica a localizzare. È un problema che prima o poi andrà risolto, almeno che non si voglia che i rifiuti ospedalieri vengano stoccati nei sottoscala dei reparti di radiologia.

La quantità di scorie nucleari ad alta attività è minima: da nove a quindici metri cubi all’anno per ognuna delle centrali di ultima generazione che dovrebbero essere costruite in Italia. Per fare un paragone, ogni anno l’industria italiana produce 10 milioni di tonnellate di rifiuti speciali altamente pericolosi, spesso a vita molto lunga (una quantità 10 mila volte maggiore rispetto a quella prodotta da otto grandi reattori nucleari). Ma in nessun settore industriale esiste la cultura della sicurezza e del controllo che si è sviluppata nel nucleare in decenni di ricerca internazionale.

Per le scorie nucleari sono possibili diverse soluzioni a lungo termine. In Finlandia e Svezia è stata scelta la soluzione del deposito geologico: le barre di combustibile vengono riposte in appositi contenitori di rame spessi 5 centimetri, progettati per durare almeno 100 anni anche se immersi in acqua. In altri paesi (Francia, Giappone, Gran Bretagna, Svizzera, Belgio, Cina) è stata scelta la via del “riprocessamento”, cioè la separazione chimica degli elementi contenuti nei combustibile esausto. Negli Stati Uniti un Rapporto del Mit di Boston suggerisce di allungare la soluzione temporanea (stoccaggio in superficie) perché le scorie potrebbero tra qualche decennio costituire una riserva di combustibile di valore inestimabile recuperando l’energia ancora non sfruttata al loro interno (oltre il 99,3%).

Da Newclear

martedì 28 dicembre 2010

Il nucleare, "tema" scientifico del 2010

Anche nel 2010 l'energia nucleare è presente fra gli eventi scientifici dell'anno, soprattutto per due aspetti: da un lato come un mezzo per contrastare i cambiamenti climatici; dall'altro per la ricerca nel settore della scienza dei materiali, che si dimostra sempre di più lo strumento cruciale per le innovazioni tecnologiche in tutti i campi.

Per esempio la rivista americana Discover, classificando i 100 eventi scientifici del 2010, mette al venticinquesimo posto l'impegno del segretario all'energia americano Steven Chu, che si è adoperato per combattere il riscaldamento globale. Chu, premio Nobel per la fisica nel 1997, era stato nominato segretario per l'energia dal presidente Barack Obama, e si era subito distinto dai suoi predecessori repubblicani per un forte impegno in favore delle energie rinnovabili e per la partecipazione degli Stati Uniti agli accordi internazionali per ridurre le emissioni di gas serra. In questo impegno, il presidente Obama e il segretario Chu hanno segnato il 2010 anche per quanto riguarda l'energia nucleare.

La rivista Cosmos, invece, sceglie la ricerca, e premia fra le 10 innovazioni dell'anno i progressi ottenuti al National Ignition Facility di Livermore (California) per dimostrare la fattibilità della fusione nucleare.

Anche i centri di ricerca hanno stilato le proprie classifiche. Il Los Alamos National Laboratory (LANL) americano ha inserito una pietra miliare della ricerca nucleare nella lista delle 10 innovazioni scientifiche più importanti ottenute dai propri ricercatori: un nuovo materiale particolarmente resistente agli ambienti radioattivi, e che potrà dunque essere usato per le prossime centrali nucleari. I ricercatori del LANL sono riusciti a realizzare questa sostanza grazie alle nanotecnologie: costruendolo strato dopo strato, a livello di pochi atomi per volta, sono riusciti a ottenere doti di resistenza molto superiori rispetto allo stesso materiale realizzato con le tecniche tradizionali. È legata a questa scoperta un'altra innovazione importante compiuta dal LANL nel 2010: una sostanza in grado di autoripararsi, a sua volta promettente per la costruzione di reattori nucleari.

Da NuclearNews

lunedì 27 dicembre 2010

Tutta la verità sul referendum del 1987

Da quasi una settimana circola sulle nostre tv lo spot del Forum Nucleare Italiano. Puntualmente si sono scatenate in rete le voci di dissenso degli antinuclearisti: la maggior parte di essi ha “ripescato” il referendum dell’ ’87, con cui l’Italia abbandonò il programma nucleare, accusando il Governo di tradire con il ritorno all’atomo la volontà popolare espressa più di vent’anni fa.

Ebbene, proprio il presidente del Forum Chicco Testa ha deciso, attraverso il suo blog, di fare chiarezza. Il referendum non ha cancellato il nucleare, per quattro precise ragioni: innanzitutto l’esito della consultazione ha risentito non poco dell’onda emotiva dell’incidente di Chernobyl (causato da un errore umano e non da un malfunzionamento del reattore, ricordiamolo).

Nel giro di vent’anni, poi, il contesto è fortemente cambiato: allora non esisteva l’emergenza del cambiamento climatico, o comunque non era ancora così avvertita come oggi. E in questi anni studi e ricerche hanno dimostrato che il nucleare è di gran lunga più sicuro e meno inquinante dei combustibili fossili.
Infine, volendo essere precisi, i tre quesiti referendari non riguardavano la chiusura delle centrali (decisione presa dalla politica), ma l’abrogazione di altrettante norme secondarie: un comma che attribuiva al Cipe poteri per la localizzazione delle centrali nucleari, un secondo comma sull’erogazione di fondi per le aree dove sarebbero state installate le centrali nucleari e una norma che consentiva all’Enel di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all’estero. Ma la realtà dei fatti ha sconfessato anche queste tre decisioni: il potere sostitutivo del Cipe ancora esiste, l’erogazione dei contributi ai territori che ospitano impianti termoelettrici è proseguita nonostante l’esito referendario. E il divieto per l’Enel di assumere partecipazioni all’estero nel settore nucleare è decaduto con la privatizzazione dell’azienda.

Il famigerato referendum, insomma, non ha in concreto messo la parola fine allo sviluppo del nucleare, che nel frattempo è andato avanti. E oggi la nostra dipendenza energetica e l’emergenza ambientale dimostrano come l’atomo sia più che mai indispensabile.

giovedì 23 dicembre 2010

È arrivato il momento... degli Auguri!!!!


Tanti auguri a tutti!!

Il cammino del nucleare si avvicina al traguardo

La fine dell’anno è spesso un’occasione per fare bilanci, anche in campo energetico. Il 2010 è stato segnato dal dibattito sul ritorno del nucleare in Italia, già avviato con la cosiddetta “legge sviluppo” del 2009. Un articolo de l’Occidentale, pubblicato qualche giorno fa, sintetizza efficacemente il nostro cammino verso il nucleare.

Le ultime tappe significative sono state lo spot del Forum Nucleare Italiano, che ha scatenato le (prevedibili) polemiche del mondo ambientalista. Gli antinuclearisti si sono appellati a presunte violazioni della par condicio, mettendo in dubbio un’importante occasione di confronto: “Oggi che per la prima volta si invita l’opinione pubblica a partecipare al dibattito in materia nucleare, si chiede l’interruzione dello spot e nuove regole – si legge nell’articolo”.

L’approvazione del Cipe della delibera che stabilisce le tipologie di impianto di produzione di energia nucleare, avvenuta la scorsa settimana, dovrebbe fortunatamente accelerare il ritorno all’atomo. Manca solo il parere (non vincolante) della Conferenza unificata e delle commissioni parlamentari. Il Cipe punta tutto sulla sicurezza degli impianti: se il provvedimento non subirà modifiche di alcun tipo, saranno realizzati in Italia solo strutture che rispettino standard in termini di efficienza e sicurezza più elevati rispetto a quelle attualmente funzionanti. Nello specifico, via libera solo alle centrali di terza generazione: i reattori installabili in Italia sono al momento gli EPR (European Pressurized Reactor), gli AP1000 (Advanced Passive) di Westinghouse/Toshiba, gli ABWR (Advanced Bowling Water Reactor) e gli ESBWR (Economic Simplified Bowling Water Reactor) della General Electric. Su tutti, in vantaggio ci sono gli EPR, che “hanno costi per unità di potenza installata inferiori del 10% rispetto ai reattori di seconda generazione. Trovano un impiego più flessibile, potendo quindi adattarsi più facilmente alla variabilità della domanda. Hanno, infine, un maggior rendimento (37% contro i 30-33% dei reattori di seconda generazione)”.

Le premesse per un “lieto fine” ci sono tutte. Non ci resta che aspettare il 2011.

martedì 21 dicembre 2010

Nucleare e rinnovabili non sono soluzioni alternative

Nella giornata di oggi saranno consegnate alla Camera le firme per la proposta di legge “Sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima”. Iniziativa che ha riscosso molte adesioni : il comitato “sì alle energie rinnovabili, no al nucleare”, che se ne è fatto promotore, parla di oltre 50mila firme. Tuttavia, proprio oggi leggevo un intervento del presidente Alfiero Grandi, di cui mi hanno particolarmente colpito alcuni punti.

Grandi afferma che “proporre un’alternativa al nucleare, fondata sul pieno e ordinato sviluppo delle energie rinnovabili viene avvertita come una scelta giusta, necessaria per affrontare la situazione preoccupante del clima ma anche come nucleo di un diverso sviluppo economico, di una politica di nuova e qualificata occupazione”. Innanzitutto ancora una volta si parla delle rinnovabili come un’alternativa al nucleare e non come un’opzione da affiancare tranquillamente all’atomo. Quella delle rinnovabili è sicuramente una “scelta giusta e necessaria”, ma non sufficiente. Da tempo è in atto un dibattito, su cui in questi giorni si è soffermato anche Chicco Testa, presidente del Forum Nucleare Italiano: Testa ha parlato di “limiti strutturali” di fonti come l’eolico e il solare, che dipendono dalle condizioni climatiche. È inevitabile, quindi, che le rinnovabili non siano in grado di garantire quella continuità di cui abbiamo bisogno. Ben venga, quindi, anche il nucleare.

I sostenitori dell’energia alternativa sono convinti, però, che fotovoltaico e simili siano l’unica soluzione per il Paese:“Non ci sono soldi per investire su tutto – continua Grandi. Il nucleare è alternativo alle rinnovabili e chi insiste per questa avventura pericolosa per l’ambiente e la salute dovrebbe anche chiarire come recuperare la differenza di posti di lavoro, visto che il nucleare bene che vada a parità di risultato vale non più del 10 per cento dell’occupazione creata dalle energie rinnovabili”. Sorvolando sui calcoli che hanno portato a questa cifra, colgo ancora una volta l’occasione per ricordare che le emissioni di CO2 del nucleare non sono più rilevanti di quelle delle rinnovabili e che le scorie, prodotte in quantità ridotta grazie alle nuove tecnologie e stoccate in depositi sicuri, non sono pericolose per la nostra salute. A questo punto credo che Grandi dovrebbe rivedere almeno la sua ultima affermazione.

lunedì 20 dicembre 2010

“Nucleare, e voi che posizione avete?”



Un uomo gioca a scacchi con un avversario che si rivela essere se stesso. Nel frattempo i due giocatori si scambiano opinioni opposte sul nucleare. Questo è lo spot televisivo del Forum Nucleare Italiano, in onda da ieri sulle reti principali.
Lo spot riesce in un obiettivo importante: mostrare in maniera sintetica i principali pro e i contro dell’energia atomica (resi efficacemente dall’opposizione nero-bianco della scacchiera), senza arrivare a una conclusione, ma invitando lo spettatore al dibattito. Il giocatore di scacchi parla della questione del fabbisogno energetico (“sono favorevole: anche i miei figli avranno bisogno di energia e tra 50 anni non potranno contare solo sui combustibili fossili”) , di quella ambientale (“i residui stoccati sono sotto controllo mentre la CO2 prodotta da combustibili fossili è incontrollabile”), delle opportunità per il Paese (“Il nucleare è una mossa azzardata per il Paese…o forse è una grande mossa”).

Alla fine una domanda: “E tu sei a favore o contro l’energia nucleare? O per caso non hai una posizione?”, con l’inquadratura che si allarga ad altre persone che giocano a scacchi con altrettanti “se stessi”. Un modo per sollecitare tutti al confronto su un tema fondamentale per il nostro futuro. Un confronto interrotto più di vent’anni fa.

venerdì 17 dicembre 2010

Gli incidenti nucleari sono tutti uguali?

Quando si tratta di definire con esattezza che cosa sia un incidente nucleare, c’è molta confusione tra la gente. Gli incidenti nucleari sono tutti uguali? Sono tutti una fotocopia del disastro di Chernobyl?

Possiamo chiarirci un po’ le idee grazie alla scala INESInternational Nuclear and Radiological Event Scale, che stabilisce sette livelli di gravità in cui rientra qualsiasi tipo di evento nucleare che comporti un danno a persone, cose o all’ambiente. Sono infatti tre le possibili aree di impatto di un incidente: persone e ambiente, ovvero la dose di radiazioni che coinvolgono i civili e il territorio al di fuori di una centrale; barriere radiologiche e sistemi di controllo, cioè la radioattività liberata e i danni provocati all’interno dell’impianto; difesa-in-profondità, intesa come l’insieme dei sistemi di sicurezza predisposti per evitare incidenti.

I livelli da 1 a 3 della scala sono classificati come guasti: la loro principale caratteristica è il danneggiamento più o meno grave degli impianti, senza effetti diretti sulla popolazione o sull’ambiente esterno. Al livello 3, un evento implica la contaminazione in dosi superiori al massimo consentito di persone che si trovano all’interno dell’area, senza conseguenze letali.

Dal livello 4 al livello 7 si parla invece di incidenti, con impatto più o meno esteso all’esterno della centrale. Il livello 4 comporta almeno una morte accertata a causa delle radiazioni, e una contaminazione di lieve entità a livello locale. Salendo sino al livello 7, quello del disastro di Chernobyl, i danni a persone e ambiente diventano sempre più gravi ed estesi.

A che cosa serve la scala INES? A creare consapevolezza ed informazione. Proprio come la scala Mercalli o la scala Richter per la classificazione dei terremoti: se non ci fossero, sarebbe molto difficile rendersi conto dell’entità di un evento, delle sue conseguenze e delle misure preventive – o correttive – da adottare.

Sviluppata nel 1990 dall’agenzia IAEA (International Atomic Energy Agency) insieme alla NEA (Nuclear Energy Agenc), è il modello di riferimento mondiale per gli eventi nucleari. La IAEA si assume la responsabilità di offrire una comunicazione officiale dettagliata di tutti gli eventi nucleari, in modo da evitare confusione, fraintendimenti o speculazioni mediatiche. A tal scopo è disponibile il Nuclear Event Web-based Sytem, che raccoglie tutte le informazioni su qualsiasi guasto o incidente.

Data la sua estrema importanza, la scala INES è costantemente revisionata, e nel 2008 vi è stata apportata una modifica fondamentale: la scala non riguarda più solo gli eventi verificatisi in una centrale, ma qualsiasi ambito in cui sia impiegata l’energia nucleare, anche nel campo della medicina. Ancora di più: la scala INES si applica anche in caso di evento accaduto non solo durante la produzione di energia atomica, ma anche durante le operazioni di trasporto, immagazzinamento o uso del combustibile nucleare.


Da Energia libera

giovedì 16 dicembre 2010

Marcegaglia: “Non sono più ammissibili ritardi sul nucleare”

Bisogna accelerare sul nucleare perché “il nostro è un Paese che non può più permettersi bizantinismi e ritardi”. Ad affermarlo è il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, nell’ambito del “Supply Chain Day”, organizzato ieri a Roma da Confindustria ed Enel. Sulla stessa linea anche il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani, che annunciato il completamento dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e l’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti, che ha auspicato che questi passi “siano fatti nel più breve tempo possibile” per “recuperare il danno subito dal nostro Paese”.

Con la conferma del Governo, il ritorno all’atomo è ormai una realtà, fortemente sostenuta dal mondo imprenditoriale per una serie di ragioni. Innanzitutto perché, come ha spiegato la Marcegaglia, “l’Italia è l’unica nazione nell’ambito del G8 senza reattori operativi sul proprio territorio. Un recentissimo studio dell’Osservatorio sui costi del non fare ha quantificato in 45 miliardi di euro il costo dell’abbandono di questa tecnologia tra il 1987 e il 2009”.

Per colmare questo ritardo molte aziende hanno già manifestato il proprio interesse verso il nucleare: “Oggi – ha continuato la Marcegaglia – possiamo dire che le imprese italiane ci sono, sono pronte. Ora il testimone passa a loro, alle aziende, agli investitori e alla politica. È il momento di tornare a parlare di politica industriale, di investimenti, di scelte di lungo termine, in una parola del futuro del Paese”. Al momento si parla di un indotto industriale di oltre 550 aziende di diverse regioni italiane, dalla Lombardia alla Campania, fino all’Abruzzo.

Si spera, quindi, che l’Agenzia si insedi al più presto, per poter finalmente sfruttare questa grande opportunità di sviluppo per tutto il Paese.

mercoledì 15 dicembre 2010

A Roma si parla di nucleare

Nonostante i ritardi accumulati dal mondo politico e le forti opposizioni da parte delle amministrazioni locali, il programma nucleare italiano andrà avanti. Anzi: è più in forma che mai. Ne sono convinti gli industriali del settore, riuniti a Roma per una giornata di studio organizzata il 14 dicembre dall'Associazione Italiana Nucleare (AIN).

È stato molto chiaro Francesco De Falco, amministratore delegato di Sviluppo Nucleare Italia, la joint venture creata da Enel e Edf proprio per il programma nucleare italiano: «Ci crediamo ancora al nostro progetto di iniziare i lavori nel 2013 e mettere in funzione il primo impianto nucleare nel 2020». Anche per quanto riguarda i ritardi, De Falco è fiducioso: «A livello industriale siamo riusciti a riassorbirli». È importante però che in futuro questi intoppi non si ripetano, altrimenti «un impatto negativo ci sarà sul progetto».

È ottimista, nonostante qualche preoccupazione, anche Sara Romano, direttore generale per energia nucleare, energie rinnovabili ed efficienza energetica del Ministero dello sviluppo economico: «Il processo è più solido rispetto a due anni fa». Sara Romano ha poi sottolineato l'importanza di una strategia di lungo termine: «Ritengo che le strategie di lungo termine debbano prescindere dai possibili avvicendamenti al governo: nessuno può prevedere cosa succederà tra 60 anni, ma il nucleare va visto come una scelta politica, che mira a diversificare il mix energetico nazionale».

È d'accordo il presidente dell'AIN, Enzo Gatta: «Malgrado tutto io resto cautamente ottimista perché comunque la Legge Sviluppo ha ottenuto il via libera del Parlamento e mi auguro che questo conferisca al rilancio del nucleare un carattere di irreversibilità».

Secondo Renato Angelo Ricci, presidente onorario dell'AIN, l'ottimismo della volontà dev'essere una spinta all'azione: «Vediamo ancora il rischio di un "pessimismo di ritorno" e guai a tornare indietro: perché se perdiamo il treno questa volta non ripasserà».

Da Nuclear News

martedì 14 dicembre 2010

Nucleare made in Italy: il 70% delle forniture delle nuove centrali arriverà dalla Lombardia

Le centrali nucleari italiane parleranno lombardo. Secondo uno studio di Euroimpresa, l’Agenzia di sviluppo territoriale che promuove il Distretto dell’energia dell’Alto milanese, le industrie della Lombardia forniranno circa il 70% di ogni nuovo impianto realizzato nel nostro Paese. Se, dunque, il progetto sarà d’importazione francese o americana, le forniture quasi completamente made in Italy. In particolare, dei 3,8 miliardi previsti per un reattore da 1600 MW, come l’EPR francese, 2,64 miliardi andranno alle imprese nostrane. La parte più consistente arriverà dalle opere civili (isola nucleare e convenzionale e fonti di raffreddamento), per un totale di 800 milioni di euro, e dalle forniture termomeccaniche (ad esempio generatori di vapore, semilavorati e componenti meccaniche dell’isola nucleare) per 750 milioni.

Un ottimo affare per le nostre aziende, in gran parte già attive nel nucleare:molte di esse, infatti, stanno partecipando alla realizzazione delle centrali EPR a Flamanville (Francia) e Mohovce (Slovacchia). Questo significa che l’Italia è già presente nel business nucleare estero.

Il ritorno all'atomo dell’Italia, quindi, rappresenterebbe un’occasione imperdibile per la crescita della nostra industria. Ne è convinto anche Giovanni Minelli, technical supervisor di Euroimpresa: “Chi oggi lavora nel nucleare deve poter vantare una struttura ben organizzata, perché significa lavorare esclusivamente con l’estero. Produrre una centrale in Italia sarebbe un’occasione per allargare il mercato interno e un’ottima referenza per andare sui mercati stranieri”. A trarne vantaggio sarebbe anche l’occupazione: nuove centrali equivalgono a nuove forniture e, quindi, nuovo lavoro.

lunedì 13 dicembre 2010

Mark Lynas: gli errori degli ambientalisti

Chi è contrario all'energia nucleare dovrebbe studiarla meglio: magari cambierebbe idea. È successo a molti, fra cui lo scrittore ambientalista inglese Mark Lynas.

Mark Lynas specialista dei cambiamenti climatici, giornalista e scrittore (molto noto il suo libro "Sei gradi. La sconvolgente verità sul riscaldamento globale") è consigliere del governo delle Maldive (uno degli Stati più a rischio di sparizione a causa dell’innalzamento del livello del mare).

Già in occasione della conferenza Energy Choices organizzata lo scorso anno dalla Nuclear Industry Association (NIA) britannica, Lynas aveva lanciato una dura accusa alla lobby anti-nucleare, e in particolare allo zoccolo duro degli ecologisti anti-nucleari, da lui definiti «prigionieri del loro passato».

Oggi, torna a parlare di nucleare in una trasmissione televisiva inglese: What the Green Movement Got Wrong. In questo contesto, diversi ecologisti hanno spiegato i motivi della loro conversione da oppositori a sostenitori del nucleare: fra loro anche Patrick Moore, uno dei fondatori di Greenpeace, e Adam Werbach, ex presidente dell'associazione ambientalista americana Sierra Club.

Lynas riassume così i motivi del suo dietrofront: «Più conosco l'energia nucleare, meno ne sono spaventato. Non sono mai stato un attivista particolarmente antinuclearista e tendevo solo ad accettare la convinzione generale che l'energia nucleare fosse non sicura e non necessaria. Ma ho cambiato idea di fronte al suo enorme potenziale di produrre elettricità senza rilasciare anidride carbonica. Non possiamo farne a meno se vogliamo seriamente contrastare i cambiamenti climatici».

Secondo Lynas, una delle cause più forti della paura del nucleare è lo shock di Cernobyl. Ma sono timori infondati: «È stato un incidente terribile. Non deve accadere mai più e infatti è molto improbabile che accada ancora: quello era un reattore pericoloso, niente del genere è mai stato costruito in Occidente».

Anche sulla necessità dell'energia nucleare Lynas è in controtendenza rispetto a molto ecologisti che vorrebbero affidarsi solo alle fonti rinnovabili: «L'energia nucleare e quella da fonti rinnovabili sono totalmente compatibili. Abbiamo bisogno di grandi quantità di entrambe per liberare il mix energetico da petrolio e carbone e quindi fare qualcosa per contrastare i cambiamenti climatici. Senza contare che la crescente diffusione di veicoli e di riscaldamenti elettrici aumenterà il fabbisogno energetico in tutta Europa». Perciò «per la maggior parte dei Paesi europei la strada da seguire passerà per una combinazione fra nucleare, solare ed eolico e per una maggiore efficienza energetica».
In definitiva, «nessun partito politico può permettersi di essere contro il nucleare». Neanche i Verdi.

venerdì 10 dicembre 2010

L'Africa passa al nucleare

Gli adolescenti africani che hanno imparato da soli a costruire mulini a vento riceveranno anche un'eccellente copertura dai mezzi di informazione occidentali, ma i governi africani sempre più spesso cercano di far fronte altrimenti alle proprie necessità energetiche, e in particolare guardano al nucleare. Attualmente esistono soltanto due impianti nucleari nel continente africano, entrambi in Sudafrica, ma è verosimile che presto saranno in buona compagnia.

A marzo il Senegal è diventato l'ultimo paese africano in ordine di tempo a impegnarsi a realizzare un impianto per la produzione di energia nucleare entro la fine di questo decennio, e la Francia – ex potenza coloniale – si è già offerta di prestargli assistenza tecnica. Anche Algeria, Egitto, Ghana, Kenia, Marocco, Tunisia e Uganda auspicano di avere in funzione propri impianti nucleari entro la fine del decennio e di poter far fronte al fabbisogno energetico aggirando l'aumento dei prezzi dei carburanti e le molteplici tasse applicate ai normali impianti elettrici oggi esistenti. Il Sudafrica vive un periodo di boom e cercherà di aggiungere entro il 2023 altri sei nuovi impianti a quelli già esistenti.

L'Africa possiede circa il 18 % dell'uranio reperibile nel pianeta, ma la sua tecnologia e il suo know-how nucleare sono molto scarsi. Di conseguenza Cina, Giappone, Russia e Corea del Sud hanno già iniziato a esportarvi la tecnologia nucleare.

Il Sole24Ore

giovedì 9 dicembre 2010

Testa: “Nucleare e rinnovabili non sono soluzioni opposte”

Non c’è una soluzione, ma tante soluzioni possibili”. Questo il parere di Chicco Testa, ex presidente di Legambiente e attuale presidente del Forum nucleare italiano, sulla questione energetica italiana. Qualche giorno fa Testa è intervenuto nella trasmissione di Rai tre “E se domani”, insieme al docente di chimica Vincenzo Balzani. Al centro del dibattito il confronto nucleare - rinnovabili, intese come fonti-chiave per il futuro del nostro Paese.

Secondo Testa “il dibattito sull’energia è considerato uno scontro tra tifoserie opposte, mentre bisognerebbe considerare nucleare e rinnovabili come due opzioni entrambe possibili”. Le energie “alternative” sono per molti un affare, perché accompagnate da grossi incentivi, ma i mezzi per utilizzarle sono ancora scarsi. Così una fonte come il solare, per esempio, contribuisce solo per lo 0,2% al nostro fabbisogno energetico.

Bisogna allora percorrere anche altre strade, come quella del nucleare: innanzitutto si tratta di una tecnologia in continua espansione (i reattori a fusione nucleare, in via di sperimentazione, permetterebbero di produrre altra energia pulita e senza limiti) . L’energia atomica risolverebbe, poi, i nostri problemi di dipendenza dall’estero: “Siamo l’unico Paese del G8 a non avere il nucleare – continua Testa. Siamo sicuri di avere sempre ragione? E se domani ci fosse una crisi, come faremo a risolvere il problema dell’approvvigionamento energetico?”

Sarebbe il caso di rispondere a questi interrogativi. La soluzione è nel mix energetico “pulito” di nucleare e rinnovabili. Speriamo che se ne convincano finalmente tutti.

Qui il link al video della puntata E se domani.

martedì 7 dicembre 2010

Un’altra polemica inutile sul nucleare

Negli ultimi tempi protestare contro il nucleare sembra quasi una moda. Oggi leggevo che il Kyoto Club, no profit impegnata nella lotta al cambiamento climatico, si fa promotore dell'ennesima protesta contro l'atomo. E mi meraviglio come a "scendere in piazza" sia proprio un'associazione molto sensibile alla questione del cambiamento climatico. Ossia, tu che parli di prevenire il cambiamento climatico perchè bocci a priori una delle poche soluzioni possibili? Vabbè, ma questa è solo una delle tante contraddizioni in cui cadono gli "ambientalisti anti nucleare."

Tralasciando il discorso economico, su cui ho scritto più volte, sottolineando come puntare sulle rinnovabili non sia stato proprio un “affare” per l’Italia, volevo far notare un’altra cosa.
Come già è successo altre volte, anche in questo caso queste risorse energetiche sono considerate un’alternativa al nucleare e non come un’opzione da affiancare all'atomo, altrettanto “pulito” , viste le bassissime emissioni di CO2. Tutta l’Europa, così come il nostro Paese, si sta orientando verso il mix energetico, in cui nucleare e fonti “alternative” avranno un ruolo importantissimo. Le rinnovabili, da sole, non possono sopperire al nostro deficit energetico. Innanzitutto perché non sono applicabili su larga scala, ma anche perché non possono garantire per loro natura quella continuità necessaria ad alimentare un intero Paese.

A questo proposito qualche tempo fa ho letto un post, che riprendeva uno studio del Laboratoire des Sciences du Climat et de l’Environnement :la ricerca afferma che, nel periodo dal 1979 al 2008, la velocità del vento di superficie è diminuita del 5-15% in quasi tutto l’emisfero Nord, in particolare in Europa e Asia. Rallentamento probabilmente legato a un aumento della biomassa negli ultimi 30 anni.

Cosa significa tutto questo? Molti potrebbero dire che quella eolica non è l’unica rinnovabile a disposizione o contestare l’attendibilità della ricerca. Può anche essere così, ma, a mio avviso, è un segnale che non va sottovalutato. Non dico che l'eolico fra qualche anno non funzinerà, per carità! Io sono a favore di un investimento sulle rinnovabili. Dico solo che l’eolico, come le altre fonti “alternative”, non basta oggi a soddisfare il nostro fabbisogno energetico, ancora di più se un giorno si dovesse esaurire.
Mi chiedo allora: non sarebbe più costruttivo aprire finalmente le porte anche al nucleare ?

lunedì 6 dicembre 2010

Lelli: “La sicurezza delle centrali è al massimo livello ammissibile”

A pochi giorni dalla nomina dei membri dell’Agenzia che gestirà il ritorno all’energia atomica, Giovanni Lelli, commissario dell’ENEA, celebre polo di ricerca italiano sul nucleare, fa il punto della situazione su Rinnovabili.it. L’ENEA non ha mai interrotto la ricerca (di recente sono stati riattivati i “mini-reattori” Triga e Tapiro) e avrà il compito di supportare sia lo sviluppo dell’industria che l’attività dell’Agenzia, così come accade in altri Paesi “ad esempio in Francia, dove si utilizza un Istituto Scientifico per svolgere funzioni di technical support operator per l’Agenzia di Sicurezza”.

Lelli parla dello “stato dell’arte” del nucleare, cercando di sconfiggere i classici pregiudizi che ancora suscitano perplessità nell’opinione pubblica. A partire dal discorso sicurezza e dal problema scorie: “La questione sicurezza attualmente è al massimo livello ammissibile. Dobbiamo rientrare nell’ordine delle idee che un evento come Chernobyl non può accadere di nuovo”. Gli stessi rifiuti radioattivi non sono da considerare un problema, ma un vantaggio: “Non vedo problematiche nello stoccaggio delle scorie. Anzi in un certo senso la vedo un’opportunità più che un problema… Noi abbiamo avuto l’idea di mettere accanto al deposito un polo tecnologico di interesse economico-territoriale che si occuperà di gestire attività inerenti il deposito stesso”.

Anche l’impatto ambientale di una centrale è poco influente: “Per ciò che concerne l’impatto ambientale va considerato l’intero ciclo di vita della trasformazione della fonte primaria di energia, sia essa petrolio, gas o uranio, in forma di vettore energetico, e quindi di energia elettrica. Pensiamo al Golfo del Messico, gli incidenti in Cina e gli ultimi fatti in Nuova Zelanda, ricordiamo il vagone del treno esploso a Viareggio: questo, a mio giudizio, è vero impatto ambientale. Ricordiamo le colline di ceneri prodotte da una centrale a carbone. Parliamo anche di impatto ambientale del fotovoltaico, che ormai si vede ovunque nelle campagne – infatti è molto avvertito il problema della sua integrazione – come anche quello dell’eolico. Per quanto invece riguarda l’impatto ambientale di una centrale nucleare, se per un attimo tralasciamo il problema della sicurezza, dobbiamo pensare ad una costruzione con una cupola, una torre ed una ciminiera”.

Senza dubbio le parole di un esperto come Lelli sono un'ottima garanzia dei vantaggi del nucleare. Gli italiani possono dormire sonni tranquilli.

venerdì 3 dicembre 2010

Tempi di anniversari per l’energia nucleare

Il 2 dicembre è stato un anniversario doppio per l'energia nucleare: 68 anni dalla prima "pila nucleare" realizzata da Enrico Fermi a Chicago" e 53 anni dal primo reattore americano a grandezza naturale. Il 2 dicembre 1942 un gruppo di scienziati, guidati da Enrico Fermi e dall'ungherese Leo Szilard, riuscirono per la prima volta a realizzare una reazione nucleare a catena controllata. Il laboratorio era stato ricavato in un campo da squash sotto le tribune dello stadio del football dell'Università di Chicago.

La reazione a catena iniziò alle 15,25 e terminò 28 minuti dopo, quando Fermi la bloccò. Il rudimentale reattore conteneva 6 tonnellate di uranio, 40 di ossido di uranio e 380 tonnellate di grafite. L'esperimento costò in tutto 2,7 milioni di dollari (pari, al cambio attuale, a 27 milioni di euro). Erano tempi di guerra, e i risultati della fisica nucleare furono applicati in primo luogo all'uso militare. Ma il reattore di Fermi e Szilard è alla base anche dell'energia nucleare a scopo pacifico.

Riguarda invece esclusivamente gli usi pacifici il secondo anniversario. Il 2 dicembre 1957 entrò in piena attività il reattore di Shippingport (Pennsylvania), il primo degli Stati Uniti a grandezza naturale. Il reattore, dalla potenza di 60 MW, era stato costruito dalla Westinghouse in collaborazione con l'Atomic Energy Commission.

In assoluto, il primo reattore degli Stati Uniti ad aver prodotto elettricità (anche se in quantità trascurabile) era un modello sperimentale, l'Experimental Breeder reactor, entrato in funzione nell'Idaho nel 1951. I primi reattori sovietici e britannici erano invece entrati in funzione nel 1954 e nel 1956 rispettivamente.

Spento nel 1982, il reattore di Shippingport è oggi aperto al pubblico.

NuclearNews

giovedì 2 dicembre 2010

Nella cittadina di Arturo nasce un centro studi sul nucleare


Dal prossimo anno Caorso, nel piacentino, diventerà sede di una scuola di “formazione, radioprotezione e sicurezza” sul nucleare voluta da Sogin, società di gestione degli impianti atomici. In realtà, si tratta del potenziamento di una struttura nata nel 2008 e dipendente da Roma. Ora, però, si compie un significativo passo in avanti: per la prima volta la società dà vita a una delocalizzazione, realizzando un polo di ricerca autonomo, che punta ad affermarsi a livello internazionale. Operazione che richiederà una crescita dell’organico, con la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore energetico.

Il fatto che sia stata scelta proprio la cittadina emiliana è significativo: per chi lo ricorda, Caorso ha ospitato la più grande centrale nucleare del nostro Paese, meglio nota come Arturo, attualmente in via di smantellamento. L’impianto è tuttora al centro di polemiche: gli antinuclearisti sono ovviamente contrari a una nuova centrale in zona. La cittadella di studi potrebbe servire a suscitare interesse e a sensibilizzare sul tema dell’energia atomica. Senza dimenticare il ritorno di immagine per tutta la cittadina.

Negli ultimi tempi, infatti, il nucleare è tornato in voga nelle università e nei centri di ricerca italiani, basti pensare all’aumento delle specializzazioni in ingegneria energetica nei nostri atenei, o al successo di strutture già affermate, come il centro Enea di Casaccia . Di recente, anche il presidente della Provincia di Milano Guido Podestà ha lanciato una proposta per far nascere sul territorio una cittadella di ricerca sul nucleare .

Del resto, l’Italia è stata per anni fiore all’occhiello per gli studi sull’atomo. È arrivato il momento di riprendere questa gloriosa tradizione.

Yes in my bedroom!



Ho letto il suggerimento lanciato da Nuclearnews: suggerivano di rinnovare lo slogan anti-sindrome di nimby da “yes in my back yard” a “yes in my bedroom” ed io ho colto al volo la proposta!

mercoledì 1 dicembre 2010

Rapporto Enea: sette centrali nucleari in Italia entro il 2050

Entro il 2050 saranno realizzate in Italia sette centrali nucleari, per un investimento complessivo di 35 miliardi di euro. Ad annunciarlo è l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), che ha presentato ieri il Rapporto Energia e Ambiente. L’energia prodotta dagli impianti nucleari contribuirà al fabbisogno energetico nazionale per il 20%, oltre a determinare una riduzione del 10% delle emissioni di gas serra.

Il nucleare, quindi, porterà un cambiamento significativo nel nostro mix energetico, composto oggi in gran parte dalle fonti fossili, che non solo importiamo dall’estero, ma sono anche le più inquinanti. L’energia atomica, invece, ci renderà meno dipendenti sia da carbone e petrolio, oltre che dal gas: la produzione di elettricità da centrali a gas, spiega l’Enea, “risulterà fortemente ridimensionata, passando da un’incidenza del 49% al 32% nel 2050 nello scenario di riferimento”.

Produrre nucleare, poi, contribuirà in modo significativo alla nostra autosufficienza energetica: secondo i dati Enea, nell’ultimo anno il nostro livello di dipendenza energetica dagli altri Paesi è invariato rispetto al precedente (85% rispetto a una media Ue di circa il 70%). L’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili è, però, in aumento: più 16%, un quinto dei consumi complessivi di elettricità.

Ci stiamo sempre più orientando, quindi, verso uno sviluppo economico sostenibile, in cui le rinnovabili, ma soprattutto il nucleare (vista la capacità di produrre energia in larga scala), avranno un ruolo di primo piano. Ne è convinto anche il commissario dell’Enea Giovanni Lelli, che ha presentato il Rapporto: “Un sistema energetico più efficiente e sostenibile per un futuro a basse emissioni di anidride carbonica è possibile, anzi il processo di trasformazione tecnologica è già in atto”.