venerdì 24 aprile 2009

Nucleare, spunti e riflessioni


Appena finito di leggere l'articolo sull'Espresso (che ho riportato ieri), ho dato un'occhiata ai commenti che hanno popolato la discussione "torna il nucleare, cosa ne pensi?"
Ecco le cose che emergono:

- La sfiducia totale nei confronti del governo di saper gestire in sicurezza un ritorno al nucleare.

- Le centrali sono "antieconomiche e pericolosissime".
Invece su circa 450 centrali attualmente in servizio nel mondo, l'unico incidente grave che si ricordi è ancora quello di Cernobyl. Al confronto, gli incidenti che hanno riguardato l'industria chimica, siderurgica, aeronautica, mineraria per non parlare dell'edilizia, sono gravi allo stesso modo. Eppure a nessuno è venuto in mente di farne a meno.

- Sul fattore economico, posso dire che attualmente sono in costruzione circa 40 nuove centrali in 14 paesi del mondo: dalla Francia alla Finlandia, dalla Cina alla Slovacchia, dalla Russia al Giappone. E che paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno appunto avviato un "rinascimento" nucleare perché considerano questa fonte indispensabile per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e abbattere le emissioni di gas a effetto serra. Anche paesi notoriamente pacifici e attenti all'ambiente come la Svezia e la Svizzera hanno annunciato la ripresa di investimenti in questo settore. Così come paesi ricchi di petrolio come gli Emirati Arabi e la Libia.

- Altro punto "caldo" è il referendum italiano di 22 anni fa.
Di fatto ha solo abolito alcuni articoli di legge: del resto, non si poteva certo chiedere di votare per l'uscita dell'italia dal nucleare per tutti i tempi a venire. Ricordiamo che i quesiti ai quali gli italiani hanno detto sì erano: Volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidono entro tempi stabiliti? Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone? Volete che venga abrogata la norma che consente all’ENEL di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all'estero?

L'Italia è stato l'unico paese europeo a rinunciare a questa fonte, mentre paesi anche più vicini a Cernobyl come la Germania hanno mantenuto il loro parco nucleare di cui continuano ad allungare la vita utile e che genera circa il 30% dell'elettricità tedesca contro lo 0,5% del fotovolatico di cui pure Berlino è leader mondiale.
Prendiamo esempio...

giovedì 23 aprile 2009

Intervista a Pierre Gadonneix, capo di Edf


Trovo molto interessanti le parole di Pierre Gadonneix, un punto di vista francese sull'Italia e la questione del nucleare

Presidente, come sta procedendo il ritorno al nucleare dell'Italia?
"L'Italia, che è stato il primo paese europeo a sviluppare il nucleare, ha dovuto rinunciarvi per l'incidente di Chernobyl e il successivo referendum. In questi anni il Paese ha costruito la sua forza sul gas e sul carbone, ma come tutti i paesi del mondo in questo periodo sta prendendo coscienza di due grandi problemi: la sicurezza degli approvvigionamenti di materie prime e la necessità di ridurre le emissioni di CO2. Entrambi conducono alla riconsiderazione del nucleare".

Che cosa prevedono gli accordi di Edf con il governo italiano?
"I negoziati sono iniziati 4-5 anni fa. Il governo ci propose un partenariato con l'Enel per preparare un eventuale ritorno del nucleare in Italia. Nel 2007 l'accordo è stato confermato da Prodi e un mese fa è stato ulteriormente rilanciato in un summit franco-italiano che ha definito le condizioni di questa collaborazione".

Quali sono queste condizioni?
"Enel detiene il 12,5 per cento della centrale di Flamanville, in costruzione nel Nord della Francia. E l'accordo prevede che possa mantenere questa quota non per questa sola centrale, ma per cinque. Per le prossime, Enel potrà avere accesso alla governance, se lo vorrà, e ha già opzionato la centrale di Penly, sulla Manica. È previsto che per la sua partecipazione Enel possa disporre di una quantità di energia pari al 12,5 per cento della produzione della centrale, che dovrebbe entrare in funzione nel 2017. Ma intanto stiamo anticipando alla società la fornitura elettrica, per permetterle di costituirsi un portafoglio di clienti in Francia. In cambio Enel dovrà consentire a noi di entrare in progetti europei o italiani di pari livello. Che vuol dire progetti nucleari, ma non solo. Anche perché sappiamo che il rilancio del nucleare in Italia non sarà veloce".
Ma secondo lei ci sarà?
"Diciamo che sarebbe logico che ci fosse, e che noi ce lo auguriamo. Ma è una decisione esclusivamente politica nella quale non possiamo entrare".

E se alla fine il nucleare in Italia non si dovesse fare? Che fine farà l'accordo con Enel?
"Attualmente il nucleare in Italia non c'è, ma la nostra partnership procede in modo molto soddisfacente. Enel ha inviato 50 ingegneri a lavorare a Flamanville, tutti di altissimo livello. Siamo estremamente soddisfatti. Per noi l'Italia è un mercato potenziale estremamente interessante, nel quale operiamo del resto già da tre anni attraverso la nostra partecipazione in Edison. Se non si aprirà, potremo comunque collaborare con Enel in altri paesi".

In ogni caso, gli ingegneri dell'Enel intanto fanno esperienza.
"Direi che si formano, è più preciso. Non necessariamente e non solo per lavorare in Italia. Il vostro Paese aveva un enorme patrimonio di competenze sul nucleare, ma l'ha parzialmente perso e ora è costretto a imparare di nuovo da chi invece è andato avanti".

Che altro prevede l'accordo per l'Italia?
"Abbiamo costituito una joint venture con Enel al 50 per cento, con la missione di studiare i progetti per la costruzione di quattro centrali nelle quali noi avremmo una partecipazione e anzi saremmo insieme ad Enel i due principali partner dell'operazione, che sarebbe comunque aperta anche ad altri investitori".

Anche allo Stato?
"Non ho sentito parlare dell'ipotesi che lo Stato italiano sia partner economico della costruzione delle centrali".

Chi le costruirà?
"Nella prima centrale, sarà Edf il leader delle operazioni di costruzione. Per le seguenti, trasferiremo tutta la competenza a Enel. Il nostro partenariato prevede che noi apporteremo le competenze per la costruzione, ma Enel ne apporterà altre, per esempio quella per la scelta dei siti".

In Italia abbiamo diverse centrali nucleari chiuse, da Trino a Caorso, fino a Montalto di Castro. Le nuove centrali si faranno dove già esistono quelle vecchie?
"Probabilmente. Il sito nucleare deve avere solo due caratteristiche: essere vicino a una fonte d'acqua, che può essere un fiume o anche il mare (ne abbiamo fatte diverse sul mare ultimamente) ed essere allacciato alle linee di alta tensione. Quindi è perfettamente possibile che una nuova centrale sia costruita a fianco di altre esistenti, anche termiche. Ma meglio ancora e più veloce sarebbe mettere le nuove centrali a fianco di quelle vecchie, per le quali i siti erano già stati scelti con cura molti anni fa".
Come per esempio Montalto di Castro?
"L'Enel non ha ancora scelto i siti, ma ha al vaglio un elenco e stiamo visitando alcuni tra quelli ritenuti più interessanti".

Siete stati anche a Montalto?
"Sì. Mi ha molto colpito vedere una centrale pronta per essere accesa, e mai messa in funzione".
Si potrebbe rimetterla in funzione?
"No, andrà completamente smantellata, e ci vorrà del tempo. Il nucleare è comunque sempre una scelta di lungo periodo. Dovranno trascorrere ancora dei mesi per capire che piega prenderà il tutto e quali saranno le scelte definitive del governo, perché prima si dovranno creare un sistema legislativo e una regolamentazione in proposito".
Alcuni dicono che non servirà una legge ad hoc.
"In ogni caso ci sarà bisogno di un quadro di regolamentazione che istituisca un'Autorità di sicurezza, indipendente e capace di definire le condizioni per l'approvazione dei diversi progetti".

Sembra una pratica lunga.
"Il governo ha detto che per guadagnare tempo l'Italia si potrebbe ispirare al modello francese. Da noi l'Autorità per la sicurezza del nucleare funziona da anni, si potrebbe semplicemente copiarne la struttura legislativa e regolamentare. È solo un'idea, perché questa chiaramente è una competenza del governo, in cui noi non possiamo entrare. Certo, alcune cose andrebbero modificate in funzione della legislazione nazionale, ma la parte principale della regolamentazione potrebbe rimanere quella, perché l'Autorità italiana sarebbe chiamata a valutare la sicurezza del reattore Epr, che è lo stesso che l'Autorità francese ha già autorizzato in Francia. Questo farebbe risparmiare tempo. Ma anche questa è una scelta politica, in cui noi non possiamo entrare. Da voi il nucleare è un argomento molto sensibile e il governo ne è ben consapevole. Sarà necessario in prima istanza ottenere il parere favorevole dell'opinione pubblica, poi avviare il dialogo con le collettività locali quando si tratterà della scelta dei siti. Ma nucleare vuol dire energia elettrica più a buon mercato, e questo è un buon argomento".

INTERVISTA DI Alessandra Viola - fonte Espresso

domenica 5 aprile 2009

Report: 3° parte


Poi si passa in rassegna l’Uranio, che si giudica fonte limitata per sostenere un investimento sul nucleare. Ma è vero? A leggere qui non si direbbe... Ma non basta. In Tv ecco le immagini delle popolazioni nigeriane coinvolte nell’estrazione dell’uranio e di un villaggio che ignaro della pericolosità del materiale, riutilizza gli strumenti usati per l’estrazione come utensili per il vivere quotidiano. Le immagini sono toccanti: bambini del terzo mondo che giocano con attrezzi ad alta percentuale di radiazioni. Ma la storia della Nigeria non è solo quelle legata all’Uranio e agli investimenti sul nucleare. È una storia di povertà, di fame e di guerra. Troppo vasta per approfondire qui. Direi quasi fuori luogo…

E dopo la Francia, Germania e Africa, arriviamo in Italia, all’accordo del 24 febbraio tra Berlusconi e Sarkozy. Accordo anticipato da qualche informazione sull'Areva e sul “disastroso” bilancio del 2008. In Rete l’associazione “Sortir du nucléaire” sembra non mancare mai di ricordarlo: «Incapace di riconoscere il suo fallimento programmato, Madame Lauvergeon (a capo dell’Areva) si è lanciata in una insensata che ha tutte le chance per finire in un disastro industriale e finanziario. Subito dopo si parla dell'accordo Enel EDF. E ai più digiuni, questa operazione, dopo tali premesse, ha il sapore di una fregatura. Poi è la volta di S. Lhomme, portavoce del movimento Sortir du nucleaire, arrestato per aver rubato un documento confidenziale di Edf in cui si riconosce che il reattore francese Epr non sarebbe sicuro per resistere ad un incidente aereo. Ma essendo il documento confidenziale, diciamo che è la sua parola “contro” Edf.

Sul finale della puntata si parla della borsa elettrica. E sul caro costo dell’energia, ne parla Filippo Giusto dell’Esperia Energia. E qui brutte notizie per tutti: i consumatori pagano a caro prezzo l’energia e non pagheranno meno con il nucleare. E allora la Francia? Perché non parlare anche delle bollette francesi?

E così eccoci giunti al lieto fine … quello fatto dalle rinnovabili e da piccoli risparmiatori che mettendo insieme qualche soldino, hanno partecipato all’iniziativa “adotta un Kilowatt”. Da questa iniziativa è nata una cooperativa: produttori e consumatori insieme per scambiarsi energia. Tutto ciò è bellissimo e ci trova d’accordo sulla necessità di investimenti di questo genere. Ma per carità … non ce lo fate passare come alternativa al nucleare.

Report: 2° parte


Dall’OMS si passa in Germania e la parola va a Wolfgang Hoffmann che introduce una ricerca del 2007 che dimostrerebbe l’aumento di leucemie in prossimità delle centrali nucleari. Da qualche ricerca sul Web, scopro che lo studio in questione è redatto dal Ministero dell’Ambiente tedesco. Interessante notare che (riporto testualmente):“the observed increase in cancer cannot be explained by radiation exposure from a nuclear power plant. The statistical study and known causal connections between the risk of cancer and radiation are thus not compatible”Insomma pare esserci una qualche associazione, ma è anche possibile che il nucleare non c’entri nulla. Qui c’è il rapporto in originale. Gli stessi scienziati tengono quindi a precisare che la correlazione tra incidenza e radiazione e’ tutta da provare. Certo Wolfgang Hoffmann ha lasciato intendere tutt’altro.

Interviene poi Bernard Laponche, famoso economista francese, sui costi del petrolio. Interrogata la Rete, ecco cosa esce su di lui:"Laponche fa parte della nutrita schiera dei nemici del nucleare." I sostenitori del NO fanno rimbalzare in Rete il suo intervento (Ritorno al nucleare. Conviene? Risolve?) al convegno sul nucleare organizzato a Roma dagli Amici della Terra e dai Radicali. Ecco spiegato l’intervento di Laponche. Ecco svelata anche la posizione di Laponche.

Report: 1° parte


Domenica scorsa in Tv la trasmissione della Gabanelli era tutta dedicata al Nucleare. Ecco, il titolo della puntata: “Report: l’inganno”. E io aggiungo: L’ inganno di un’informazione a senso unico. Ma solo questo discorso meriterebbe un post a se, quindi torniamo a Report e all’atomo. Il programma inizia con “C’era una volta un’idea brillante (1953 il discorso di Eisenhower e l’atomo per la pace) che poi si trasformò in un’idea molto cattiva (i primi incidenti nelle centrali nucleari) che si avvia verso un lieto fine solare (adotta un kilowatt). Protagonisti della storia i contrari al nucleare in Italia.


La prima intervista è quella di Luigi Sertorio, che non si è espresso direttamente sulla questione dell’atomo, ma ha riportato quanto scritto nel suo ultimo libro “Cento watt per il prossimo miliardo di anni”. Ma ciò che pensa Sertorio riguardo il nucleare lo potete leggere su le nuove discussioni. Ecco il primo attore decisamente contro l’atomo.

Poi è la volta di Roland Debordes, Presidente del CRIIRAD che parlando del limite tra i rischi accettabili e quelli non accettabili del nucleare, fa intendere che nel primo gruppo è contemplato un TOT numero di morti. Ma chi sono questi della CRIIRAD? Sul sito si legge: La CRIIRAD, une commission de recherche et d’information indépendantes sur la radioactivité née depuis l’accident de Tchernobyl en Union Soviétique. Dopo una ricerca sul Web, leggo che alcuni blogger francesi la definiscono « une organisation affichant une certaine neutralité dans ses recherches, néanmoins proche de Greenpeace, l’organisation écologiste connue pour ses actions catégoriques dans la lutte contre le nucléaire ». Ovvero CRIIRAD è molto vicina a Greenpeace. Ok, ecco il motivo di quell’intervista. Ma andiamo avanti.

Si passa poi al rapporto tra OMS (Organizzazione mondiale della sanità) e AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica), due grosse agenzie dell’ONU. Si accusa la prima di essere così dipendente dalla seconda da non poter nemmeno diffondere le proprie pubblicazioni senza un’approvazione da parte della seconda. Risulta debole l'intervista di Carlos Dora (attuale dipendente OMS) che nega alcun tipo di sudditanza, visto che Report ha ben organizzato lo schema: due contro uno. I due in causa sono un ex ricercatore (oggi in pensione) e un ex direttore dell’OMS. Entrambi d’accordo sulla dipendenza dell’OMS nei riguardi dell’Aiea per le questioni atomiche, il secondo dichiara: “…Per gli affari atomici militari e civili l’Aiea è l’autorità. Sono loro che comandano.” Ecco, su questo punto sollevo un solo dubbio: chi ha curato la traduzione? Perché magari l’intervistato non ha utilizzato proprio il verbo “comandare”.