mercoledì 30 dicembre 2009

martedì 29 dicembre 2009

In Spagna lunga vita alle centrali nucleari

Chi crede che il nucleare sia passato di moda in Europa non ha dato un’occhiata a quello che sta accadendo in questi giorni in Spagna, dove il governo socialista guidato da José Luis Rodríguez Zapatero ha appena approvato un aggiornamento della legislazione sull’energia prodotta con l’atomo. Grazie al provvedimento approvato dagli spagnoli, è stato dato il via libera alla proroga della vita utile delle centrali oltre i 40 anni stabiliti e, in particolare, è stata fissata la chiusura della centrale di Garona al 2013 (in precedenza si era deciso 2011). Insomma l’impianto, salvo ulteriori proroghe, camperà ben 42 anni prima di andare in pensione. Questo in una nazione che non è mai stata troppo pro nucleare...

E non è tutto. Perché l’esecutivo iberico ha deciso pure la costruzione del deposito temporaneo che ospiterà le scorie ad alta radioattività, in attesa di sviluppi tecnologici sul fronte della gestione e del trattamento dei residui. Lo stanziamento deciso per la costruzione del deposito e del parco tecnologico circostante è di 700 milioni. Una mossa, quella di Zapatero, che avrà qualche effetto positivo sul fronte dell’occupazione visto che i lavoratori previsti nel deposito e nel parco sono, per ora, circa 500.

Infine, per adeguarsi alle regole di Bruxelles, la Spagna ha deciso che ogni impianto nucleare sarà gestito da una società ad hoc di cui le varie aziende elettriche avranno una quota. Gli impianti nucleari spagnolo sono otto, per un totale di oltre 7 mila megawatt installati (due ad Ascò, due ad Almaraz, Garona, Vandellos, Cofrentes e Trillo). Endesa, la utility elettrica acquisita da Enel, ne controlla quattro e partecipa ad altre tre. La spa guidata da Fulvio Conti, tra altro, sta partecipando alla realizzazione di ben tre centrali in Europa (oltre a Flamanville, ci sono cantieri in Slovacchia e Romani). Il nucleare, dunque, non è stato abbandonato nel Vecchio continente e nel Mondo. In tutto gli impianti in costruzione sono 53, 16 dei quali in Cina.

Da Libero News

lunedì 28 dicembre 2009

Tre nuovi libri sull’energia nucleare civile

Tre libri incentrati su altrettanti aspetti dell’energia nucleare a uso civile sono stati pubblicati recentemente dall’editore della rivista online di ingegneria nucleare Nuclear Engineering International.

Il primo libro, scritto da Steve Kidd, direttore della strategia e della ricerca della World Nuclear Association, si intitola Core Issues: un gioco di parole fra core (il nocciolo, nelle centrali nucleari) e l’espressione “core issues” (Questioni fondamentali). Kidd analizza le sfide che deve affrontare il settore dell’energia nucleare e offre una panoramica dell’industria nucleare oggi: a che punto si trova, dov’è diretta e come può superare gli ostacoli che incontra. Gli argomenti trattati nel libro coprono tutti gli aspetti del nucleare, con particolare attenzione al combustibile, agli aspetti economici e all’atteggiamento dell’opinione pubblica.

Il secondo libro, scritto da Ian Jackson, consulente sul nucleare per oltre 20 anni per enti pubblici e privati britannici, si intitola Nukenomics e tratta degli aspetti commerciali dell’industria nucleare nel Regno Unito. Il volume, quasi un instant-book vista l’attualità del tema, esamina i nuovi investimenti britannici nel nucleare alla luce di cinque questioni economiche fondamentali:
  • il mercato del decommissionamento
  • la vendita degli impianti nucleari
  • l’economia dei depositi di scorie
  • il mercato del plutonio e dell’ossido misto
  • l’economia dei reattori nucleari in prospettiva

Il terzo libro, scritto da David Mosey, esperto canadese di nucleare con oltre 30 anni di esperienza, si intitola Reactor Accidents e racconta appunto degli incidenti nucleari più famosi nella storia, argomentando che la loro causa profonda è da ricercare nelle colpe delle istituzioni coinvolte nelle centrali. Sono state queste istituzioni, secondo Mosey, che hanno portato a progetti difettosi e a una fiducia eccessiva nella tecnologia. Leggere il libro, e quindi conoscere queste cause, è allora un modo per evitare errori sistematici compiuti in passato.

mercoledì 23 dicembre 2009

Che il nucleare abbia inizio

Ieri si è compiuto il primo passo per un rilancio concreto del nucleare in Italia: è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto legislativo sulla localizzazione nel territorio nazionale di impianti per la produzione di energia elettronucleare.
I 33 articoli del provvedimento confermano sostanzialmente le attese in tema di criteri per l’individuazione dei siti, compensazioni e tempistiche. La novità principale riguarda l’elaborazione, entro 3 mesi dall’entrata in vigore del decreto (prevista a febbraio), di un documento programmatico contenente una vera e propria “strategia nucleare”.

Considerato parte integrante della strategia energetica nazionale, questo documento verrà proposto dal MiSE (Ministero Sviluppo Economico) con il supporto della futura Agenzia per la sicurezza nucleare e conterrà tutti gli obiettivi strategici del Governo: dalla sicurezza al combustibile nucleare, dalla realizzazione degli impianti alle compensazioni, fino alle alleanze internazionali.

Da sottolineare che il documento sulla “strategia nucleare” conterrà anche le procedure per la costruzione, l’esercizio e la disattivazione degli impianti, nonché i requisiti soggettivi che devono essere in possesso degli operatori, come pure le sanzioni applicabili in caso di violazione delle nuove norme. Questo a garanzia del fatto che le società e le imprese che si impegneranno nel nucleare non potranno in alcun modo agire secondo criteri o interessi di parte, ma dovranno operare seguendo precise indicazioni di interesse pubblico, avendo come criteri prioritari di azione la sicurezza, l’affidabilità e la trasparenza.

Del resto lo stesso Governo ha intenzione di procedere in modo trasparente e chiaro, visto che con il decreto legislativo prevede una preliminare valutazione del contributo dell’energia nucleare in termini di sicurezza, di diversificazione energetica, di riduzione delle emissioni di gas serra e di benefici economici e sociali. È evidente che sarebbe difficile proseguire con il piano di sviluppo del nucleare se queste valutazioni non dovessero essere pienamente soddisfacenti. Inoltre è anche previsto che i cittadini siano informati passo passo sulle mosse dell’esecutivo.

Questo dell’informazione è l’altro punto fondamentale e qualificante della “strategia nucleare” che si sta attuando. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo (per la cui approvazione è ora necessario il parere del Consiglio di stato, della Conferenza unificata Stato/Regioni e del Parlamento), verrà infatti varata una campagna d’informazione concertata tra MiSE, Minambiente e Ministero Trasporti, con il coinvolgimento, tra gli altri, della futura Agenzia per la sicurezza nucleare, dell’Autorità per l’Energia, di Ispra , Enea e Anci.

Si tratta di una azione indispensabile per la corretta gestione di un sistema complesso come indubbiamente è quello nucleare, ma anche per la sua accettabilità sociale. La gente ha infatti paura di quello che non conosce o non capisce. E non a caso tutti i sondaggi d’opinione confermano che il favore verso il nucleare è direttamente proporzionale al livello di conoscenza: più si sa e si è informati, più si è a favore.

In quest’ottica il tema delle compensazioni agli enti locali e cittadini, per quanto importante, dovrebbe quasi passare in secondo piano. È infatti previsto un beneficio annuale di 3 euro/MW (cioè circa 5 miliardi di euro per una centrale da 1.600 MW come quelle proposte da Enel) che si tramuterà in 0,4 €/MWh prodotto (cioè in circa 3 miliardi di euro l’anno per la stessa centrale da 1.600 MW) una volta che la centrale sia entrata in esercizio, di cui il 10% spetterà alle Province, il 55% ai Comuni interessati e il 35% a quelli limitrofi. Contributi che a livello locale possono dare una spinta determinante per lo sviluppo e la gestione del territorio.

Tuttavia, se pure è giusto compensare gli enti locali per l’occupazione del suolo e i vincoli che il nucleare impone, il beneficio che ne deriva non è locale, ma tangibile per l’intero Paese in termini di diversificazione delle fonti di energia, di maggiore sicurezza energetica e di riduzione della fattura energetica nazionale. In un Paese civile questi benefici dovrebbero andare al di la degli interessi locali, rendendo orgogliosi di poter contribuire in prima persona al bene pubblico e all’innovazione del Paese.

martedì 22 dicembre 2009

Flamanville: il modello nucleare francese

A Flamanville, cittadina nel nord della Francia, l’Edf con l’Enel sta costruendo un nuovo impianto nucleare.
“Il fatto di avere un’attività industriale importante, e duratura, qui ha messo in moto molte altre iniziative”. Parola di Patrick Fauchon, 56 anni, da 26 sindaco del comune di Flamanville, cittadina della Bassa Normandia, nel nord della Francia: qui l’Edf, insieme all’italiana Enel, sta costruendo un nuovo impianto nucleare, il terzo nello stesso sito sul mare e il primo di terza generazione avanzata, la tecnologia Epr che in futuro l’Enel vorrebbe utilizzare anche in Italia.
Prima delle centrali nucleari in questo territorio si era lavorato nelle miniere di ferro, ma sono state chiuse nel 1962. Intorno, c’è solo agricoltura. Ora si è messa in moto una storia diversa, senza che le caratteristiche del paesaggio siano state cambiate, al di là dell’area coperta dalle centrali nascoste dietro una collina e che non hanno bisogno delle alte torri di raffreddamento tipiche di altri impianti nucleari, grazie alla grande disponibilità di acqua di mare.

Quello di Flamanville è il migliore esempio di come le amministrazioni locali francesi abbiano saputo sfruttare la presenza delle centrali nucleari, senza per questo rinunciare a dibattiti e confronti. Esattamente come in Italia, l’opinione pubblica d’Oltralpe è divisa a metà sull’energia nucleare. E quando si verifica qualche guaio non mancano mai polemiche. Ma la decisione d’investire è stata presa, ci sono 58 reattori in funzione in 19 siti e l’effetto di questi investimenti è visibile sul territorio e valutabile per l’economia nazionale.

Proprio attorno a Flamanville, per esempio, il paesaggio è rimasto agricolo e la costa punteggiata di paesini pittoreschi. “La prima cosa che abbiamo realizzato è stata il porto turistico di Dielette. In questo pezzo di costa incontaminata e lunga una sessantina di chilometri non c’erano altri punti di sosta, oltre a Cherbourg. Oggi ne abbiamo potenziati cinque. È un investimento per il futuro” ha proclamato un anno fa Fauchon, quando si è trattato di votare sull’ampliamento della centrale nucleare. Fauchon è un socialista e, oltre che sindaco, è dipendente dell’Areva a Beaumont-Haugue, impianto di stoccaggio dove arriveranno anche le scorie delle centrali italiane in via di smantellamento.

Ma in Francia la decisione sulle centrali non è mai di una sola parte: coinvolge tutti e prevede, come passaggio obbligato, la consultazione delle amministrazioni locali. Così, quando è stato il momento di votare, nel comune di Flamanville il 95 per cento dei consiglieri comunali ha detto sì all’ampliamento della centrale; lo stesso è accaduto nel vicino comune di Siouville, retto da Roger Bonnemains, sindaco di destra vicino a Jean-Marie Le Pen.

A differenza degli italiani, i politici e gli uomini d’azienda francesi non parlano di “compensazioni”, ma di “ricadute sociali ed economiche” delle centrali. Ce ne sono di precedenti e di contemporanee ai lavori per la costruzione dell’impianto. Prima di fare arrivare i circa 3 mila tra operai e ingegneri che devono costruire in 5-8 anni una centrale, in Francia si preparano infatti le abitazioni, le scuole, i pronto soccorso, gli impianti sportivi, le infrastrutture viarie. I cittadini lo sanno, e l’entità di questi lavori preparatori pesa non poco sul loro giudizio finale, senza il quale peraltro non si procede. E così si mette in moto un volano di modernizzazione e di lavoro, che a sua volta favorisce iniziative anche in altri settori, come la piccola e grande distribuzione e la ristorazione. In alcuni casi le acque di raffreddamento vengono poi usate per gli allevamenti. Capita frequentemente con il pesce. Ma vicino alla centrale di Pierrelatte, nel sud-est della Francia, è stata addirittura creata una fattoria di coccodrilli, dove l’habitat, che è ideale per i rettili, favorisce la produzione intensiva di un animale altrove difficilmente allevabile.

Fonte: Panorama, 21 dicembre

lunedì 21 dicembre 2009

Il nucleare è più economico del solare

Riprendo da un mio amico una tabella molto interessante che elenca i costi da fonti energetiche diverse.

Questa tabella è stata elaborata grazie al Calcolatore dei costi di produzione dell’energia messo a disposizione dal SETIS, un sito varato dalla Commissione europea che consente di valutare il prevedibile apporto di ciascuna tecnologia agli obiettivi di riduzione della CO2 assunti dalla UE, sia dal punto di vista del potenziale tecnologico, sia da quello dei costi. Il calcolo effettuato fornisce i risultati dei costi attuali e proiettati al 2020 (a valori 2007) relativamente al MW elettrico prodotto (1 MW = 1.000 kW).
La tabella chiarisce che non è vero che il nucleare è la fonte d’energia più costosa e che produrre energia con il solare costa (costerà) dieci volte di più. Ora, se i dati sono attendibili, l’"argomento costi", per chi si oppone al nucleare, cade miseramente. E del resto, non si capirebbe altrimenti perchè il nucleare è presente nella maggiorparte dell'Europa, mentre continua la ricerca per migliorarne la qualità e per risolvere il problema delle scorie. Certo, ci vuole molto solare e anche eolico (che però, benchè competetivo ha i suoi problemi per la qualità dell’energia prodotta e per le ingenti spese di adeguamento della rete non calcolate nella tabella)...

E infine, consiglio anche questa lettura per avere un'idea più precisa sui costi del fotovoltaico in Italia.

venerdì 18 dicembre 2009

Nasce negli Stati Uniti nuova azienda per il nucleare

Negli Stati Uniti nasce una nuova, grande azienda per l’energia nucleare. È la Babcock & Wilcox, finora parte della società di costruzioni McDermott International. L’operazione dovrebbe concludersi entro 9-12 mesi.

La nuova società, che sarà quotata alla borsa di New York, stabilirà la sua sede a Charlotte, in North Carolina (Sud degli Stati Uniti). Fra il 2006 e il 2008, come parte della McDermott International, la Babcock & Wilcox ha prodotto profitti medi annui di oltre 3 miliardi di dollari.

La Babcock & Wilcox è specializzata nella costruzione di sistemi per la produzione di energia, fra cui generatori di vapore e altre componenti di reattori nucleari, e fornisce al governo americano vari servizi fra cui la lavorazione dell’uranio. Nel giugno 2009 ha poi annunciato il progetto di sviluppare un nuovo modello di reattore nucleare modulare da 125 Megawatt elettrici: secondo il produttore sarà un reattore ad acqua leggera di tipo avanzato, con struttura di contenimento sotterranea.

giovedì 17 dicembre 2009

Il nuovo sviluppo energetico cinese: 100 centrali nucleari in dieci anni

Oggi il New York Times pubblica la notizia che la Cina si accinge a costruire nel prossimo decennio un numero di centrali nucleari “superiore di tre volte a quello del mondo intero". Una vera e propria corsa che potrebbe contribuire a rallentare il riscaldamento globale”. In sintesi è in programma la costruzione di 100 centrali nucleari in dieci anni.

L’industria nucleare civile cinese – con 11 reattori operativi e la costruzione di altri 10 ogni anno – non ha mai subito incidenti in 15 anni di attività. Ed essendo il Paese il principale produttore di gas responsabili del riscaldamento globale, gli esperti ritengono che l’espansione del nucleare rallenterebbe l’aumento delle emissioni.

Questa notizia pone inoltre, l'accento sulla sicurezza di queste centrali visto uno sviluppo così rapido, seppure negli ultimi quindici anni l'industria civile nucleare cinese non abbia mai registrato incidenti rilevanti. Preoccupazione che non è solo statunitense, tanto che gli stessi cinesi hanno chiesto il sostegno e l'aiuto internazionale per la formazione di ispettori nucleari.

mercoledì 16 dicembre 2009

L'Inghilterra e il nucleare

Il nuovo programma di rilancio nucleare del governo britannico ottiene alti consensi dai cittadini, soprattutto da quelli più informati. Sono i risultati di un sondaggio condotto dalla società di statistica Ipsos MORI per conto della UK Nuclear Industry Association.

Il 43% degli intervistati si è dichiarato favorevole al progetto di sostituire i vecchi reattori con quelli nuovi, contro un 19% di contrari. Fra gli uomini la quota a favore del nucleare aumenta (53% contro 15% di contrari), mentre fra le donne diminuisce (33% contro 22%).
Secondo la Ipsos MORI, soprattutto i poco informati sono contrari al nucleare: “Diversi intervistati si dichiaravano contrari al nucleare ma in seguito alle altre domande si appurava che ne sapevano molto poco e non avevano basi su cui fondare la loro opinione”. Secondo i ricercatori, quindi, la contrarietà al nucleare è spesso una risposta data di default quando non si hanno abbastanza informazioni. In altre parole, “il vuoto di informazioni viene riempito da sospetti e paure, generati in molti casi dalla cultura popolare”.

Intanto, sempre in Inghilterra è nato il centro di eccellenza per i reattori Epr EPR Alan Cumming, vicedirettore del settore costruzioni dei Edf Energy, ha spiegato che il centro sarà il punto di riferimento per tutto il gruppo Edf.

Parlando alla conferenza annuale della UK Nuclear Industry Association, Cummings ha spiegato che per il centro saranno assunti circa 400 fra ingegneri e tecnici nell’arco dei prossimi 5 anni.

Cummings ha aggiunto che per l’estate del 2010 l’azienda proporrà un progetto per costruire una nuova centrale nucleare dotata di reattori Epr a Hinkley Point (Sud-ovest dell’Inghilterra). La richiesta per la licenza verrà rivolta alla nuova Infrastructure Planning Commission britannica. Hinkley Point è una delle 10 località selezionate dal governo britannico come possibili siti delle future centrali nucleari.

martedì 15 dicembre 2009

No al nucleare: e se a dirlo è Adriano Celentano...

Ognuno è libero di esprimere il proprio punto di vista, ma se quel qualcuno è un personaggio pubblico, (ad esempio Celentano), dovrebbe avere quantomeno lo scrupolo di informasi bene, prima di fare dichiarazioni inesatte...
Di seguito qualche osservazione, da parte di chi non saprà nulla di musica, ma di fonti energetiche si. “Capisco le paure, ma dobbiamo ricordare che il movimento antinucleare è nato vent’anni fa sull’onda dei disastri delle centrali nucleari: il referendum in Italia avvenne dopo Chernobyl, quando eravamo tutti comprensibilmente in preda al panico”, spiega Umberto Veronesi.

Il più celebre oncologo italiano è da sempre un sostenitore del ritorno all’atomo nel nome della fiducia nel progresso scientifico. All’amico showman riconosce il merito di saper esprimere con efficacia i sentimenti popolari, ma non ne condivide le apocalittiche preoccupazioni. “Oggi - ricorda Veronesi - sappiamo che quella centrale fu progettata per scopi militari, era un impianto obsoleto e carente di sistemi di sicurezza e oltretutto l’incidente fu causato da un tragico e incredibile errore umano, che oggi non potrebbe più occorrere perché, grazie alla ricerca tecnologica, i processi sono altamente automatizzati, e dunque il rischio è ridotto al minimo”.

Qualche tono polemico in più nelle parole di Piergiorgio Odifreddi. Persino lui, scettico sul ritorno al nucleare, preferisce lasciar parlare chi ne sa di più in materia. “Le posizioni espresse dai personaggi dello spettacolo su temi come il nucleare - spiega il matematico - non sono dissimili da quelle che esprime la Chiesa su argomenti come la fecondazione assistita e la ricerca sulle staminali: sono opinioni disinformate e non-tecniche su questioni che sono invece estremamente tecniche”. Secondo Odifreddi, che pure si dice scettico sul ritorno all’atomo e precisa di preferire di gran lunga investimenti massicci sulle rinnovabili, “non bisogna cedere a isterismi, lasciando parlare chi ha la competenza per farlo”.

lunedì 14 dicembre 2009

Chicco Testa: il nucleare si farà

Di seguito un commento e una risposta firmata da Chicco Testa all'articolo di Realacci/Ferrante sul quaderno speciale di Limes "Il clima del G2". Negare il nucleare significa sostenere i combustili fossili. L'argomento "costo" applicato alle fonti rinnovabili.

Con quali combustibili infatti deve confrontarsi il nucleare per essere definito più o meno conveniente? Naturalmente non con le rinnovabili, molto più costose, ma con olio, gas e carbone. Quindi, in sostanza, Realacci e Ferrante ci dicono che siccome è più conveniente usare soprattutto carbone e gas non è conveniente utilizzare l’energia nucleare. Francamente trovo alquanto singolare che per fare questo conto i due autori trascurino completamente l’impatto ambientale di questi combustibili fossili, il costo implicito delle cosiddette esternalità, a cominciare dal costo prodotto dalla CO2 e degli altri inquinanti, assente nella produzione nucleare.

Infatti lo stesso studio utilizzato dagli autori per confermare la loro tesi dice cose un po’ diverse da quelle citate. Si tratta di uno studio del MIT, molto recente, che aggiorna uno studio iniziato dallo stesso MIT nel 2003.

Cosa afferma questo lavoro?
In primo luogo che la voce che pesa di più sulla competitività del nucleare è il costo atteso del capitale (WACC) , ipotizzato dal MIT, dovuto non agli interessi finanziari, ma proprio ad una diversa percezione del rischio finanziario da parte degli investitori, che quindi richiedono una maggiore remunerazione del capitale di rischio. E’ importante sottolineare questo punto perché mostra che la differenza di costo non è dovuta a motivi industriali, dove il nucleare invece a costi assolutamente paragonabili a quelli del carbone, ma esclusivamente a motivi finanziari. Afferma infatti lo studio “ Se il premio per il rischio (finanziario) viene eliminato il costo dell’intero ciclo nucleare (compresi quindi scorie e smantellamento) scende da 8.4 c.$ a 6,6 e diviene competitivo con il carbone ed il gas naturale”.

Ma non è nemmeno questo il punto principale. Che è invece proprio di natura ambientale, perché gli autori si sono dimenticati di citare ciò che lo stesso studio dice e che avrebbero dovuto tenere nella massima considerazione. Vale a dire: “ … senza una tassa sulla CO2 prodotta e senza il sequestro della CO2 il nucleare è più costoso del carbone e del gas”.

In altri termini lo studio ci dice che se la produzione di CO2 degli impianti a carbone avesse un costo, come tutti chiedono e come dovrebbe essere deciso a Copenaghen, il nucleare vincerebbe la sfida.

Quindi se si riducesse il rischio costo del capitale e venissero considerati i costi esterni degli impianti a carbone e a gas l’energia nucleare sarebbe conveniente…. due volte!

Ci sono altre inesattezze nell’ articolo di Realacci e Ferrante. Quando per esempio si dimenticano di citare che se è vero che nessuna nuova centrale è in costruzione negli USA è altrettanto vero che sono in corso processi autorizzativi per 26 reattori.

O quella che afferma che “non a caso a livello internazionale (da Kyoto in poi), mai la tecnologia nucleare viene considerata fra quelle cui è necessario rivolgersi per ridurre le emissioni dei gas di serra”. Che non è affatto vero. Prima di tutto perché la stessa UE, all’epoca dell’accordo 20- 20 -20 ha dovuto accogliere le richieste francesi di riconoscimento dell’energia nucleare come energia completamente carbon – free. In secondo luogo perché tutti gli studi dell’ OCSE e dell’ AIE includono la scelta nucleare. In terzo luogo perché c’e’ una lista impressionante di paesi che ha scelto l’opzione nucleare coma antidoto contro i gas serra ( Cina, India, Uk, USA, Russia,Francia, Corea, Canada, ….).

Infine i due autori naturalmente si impegnano a dimostrare che efficienza energetica e rinnovabili potrebbero garantire quote importanti del fabbisogno energetico. Benissimo, ma quello che ancora non capisco è perché gli autori scrivano che in questo modo si potrebbe ottenere “l’equivalente di 10 centrali nucleari da 1000 MW” . Perché non propongono invece che in questo modo si potrebbero ottenere “l’equivalente di 10 centrali da 1000 MW a gas o a carbone?”. Mistero.

Né si rendono conto che applicando i loro stretti criteri econometrici ( il mercato!) le prime a saltare sarebbero proprio le fonti rinnovabili, bisognose di incentivi assai rilevanti.

Ma lo ripeto ancora è l’impressionante sottovalutazione del ruolo dei combustibili fossili, in continua crescita, che mi colpisce di più. Il nucleare, lo abbiamo detto tante volte, non costituisce e non deve costituire un’alternativa alle fonti rinnovabili. E viceversa. Il nucleare deve sostituire una parte della produzione di base oggi assicurata prevalentemente dai combustibili fossili. In Europa il nucleare contribuisce alla produzione di energia elettrica per circa il 30%. Immaginiamoci come sarebbero i conti delle emissioni se questo 30% fosse fatto con gas e carbone! E infatti gli stessi ambientalisti hanno rinunciato a chiedere la fine del nucleare a livello europeo e mondiale.

Per concludere una solo dato tratto dal recentissimo rapporto dell’ Agenzia Internazionale dell’Energia, che dimostrano in modo inequivocabile quale sia il problema.. Da qui al 2030 la crescita della domanda di energia sarà coperta per il 77% da carbone, gas e petrolio. Ma questo non sembra essere il problema principale per il mondo ambientalista.

venerdì 11 dicembre 2009

Intervista all'AD di Sviluppo Nucleare Italia

Enel e la corrispettiva francese EDF, il 3 agosto scorso, hanno costituito una joint venture, con il 50% delle quote a testa, denominata "Sviluppo Nucleare Italia Srl" con sede a Roma.

Questa nuova società ha il compito di realizzare gli studi di fattibilità per la costruzione in Italia di almeno 4 centrali nucleari con la tecnologia di terza generazione avanzata EPR, come previsto dal Memorandum of Understanding firmato da Enel ed EDF il 24 febbraio scorso durante il summit Francia-Italia di Roma.

L'Amministratore Delegato di Sviluppo Nucleare Italia è Francesco De Falco al quale, e proprio a lui sono state fatte delle domande. Riporto un estratto dell'intervista, pubblicata integralmente su Ligurianotizie:

Il nucleare è un tema destinato a dividere l’opinione pubblica e suscitare molte perplessità per la sicurezza dei cittadini.
"Il nucleare è una fonte ormai assolutamente sicura, grazie alle tecnologie avanzate su cui possiamo contare oggi e grazie ai controlli costanti delle autorità indipendenti a livello europeo ed internazionale che sorvegliano con la massima attenzione e sistematicità gli impianti, il loro funzionamento, la produzione e tutto l'indotto, dalla costruzione della centrale fino alla messa in funzione. I dati oggettivi ci dicono che dal 1987, all'indomani di Chernobyl, fino ad oggi tutti i reattori nucleari in esercizio nel mondo hanno lavorato per 80 milioni di ore senza che si verificasse alcun incidente. Inoltre, a titolo di esempio, non tutti sanno che il livello radioattivo intorno alle centrali nucleari è inferiore a quello generato da un solo viaggio aereo."

Si tratta allora soltanto di un problema di informazione e di comunicazione?

"E' proprio così: dobbiamo fare un grande sforzo di comunicazione e di informazione veritiera e trasparente per recuperare un ritardo di 25 anni e superare una serie di preconcetti e di luoghi comuni che non hanno fondamenti scientifici. Si tratta di un impegno che va gestito con responsabilità e buonsenso a tutti i livelli."

Quali benefici potranno avere i cittadini dall’introduzione del nucleare?
"Sono soprattutto vantaggi di tipo economico ed ambientale. Anche qui sono i numeri a far capire la portata e la bontà della produzione di energia elettrica da fonte nucleare. Per esempio, in Francia quasi l’80% dell'energia elettrica è prodotta da fonte nucleare e questo porta i nostri cugini d’oltralpe ad avere un costo delle bollette inferiore del 30% rispetto agli standard italiani. Allo stesso modo, avviene in Germania e in Spagna. L’Italia invece importa oggi energia nucleare per il 13% del proprio fabbisogno energetico, soprattutto da Francia, Svizzera, Slovenia, e si ritrova quindi con ben 27 impianti nucleari in un raggio di 200 km intorno ai propri confini, pur non potendo beneficiare dei relativi vantaggi economici. A livello ambientale, poi, basta dire che il nucleare non produce C02, né alcun altro tipo di emissione, per capire qual è l’effetto positivo: è stato calcolato che, con una produzione elettrica proveniente per il 25% da fonte nucleare, si eviterebbe l’immissione nell’atmosfera di qualcosa come 35 milioni di tonnellate di C02 ogni anno. Della sicurezza, infine, abbiamo già detto: aggiungo che le centrali di terza generazione, così come quelle future di quarta, hanno tecnologie tali da garantire la massima sicurezza perfino in caso di eventi sismici o di attentati terroristici mediante impatto con aerei di linea."

Il nucleare però ha il problema di generare scorie radioattive: come si pensa di risolvere la questione?
"La tecnologia Epr, che verrà adottata da Enel ed EDF per le centrali da costruire in Italia, consente di ridurre al minimo la produzione di scorie. Anche in questo caso sono le cifre a confortarci: in un impianto Epr da 1650 MW le scorie cosiddette di alta radioattività, che hanno cioè tempi più lunghi per lo smaltimento, sono pari a nove metri cubi all'anno, ovvero ne viene riempito l’equivalente di un container in 7 anni, mentre le scorie relative a radioattività media e breve sono di 90 metri cubi, il che significa poco più di un container l’anno. Si tratta di quantità molto limitate e soprattutto gestibili con sistemi di stoccaggio assolutamente garantiti dal punto di vista della sicurezza e del controllo istituzionale e degli organismi indipendenti preposti al compito, a partire da Euratom."

Il nucleare può essere quindi visto come la soluzione a tutti i problemi energetici dell’Italia?
"In ambito scientifico ed accademico si sente spesso dire che il nucleare non è la soluzione ma senza nucleare non c'è soluzione. Anch’io sostengo che il nucleare non è una panacea, ma certamente è una parte fondamentale ed insostituibile della soluzione alla questione energetica ed ambientale, così come lo sono le energie rinnovabili. Il mondo ha bisogno di energia abbondante, a basso costo e senza effetti negativi sull'ambiente e sul clima: ecco perché occorre puntare su un mix energetico che metta insieme diverse fonti: dai combustibili fossili, sempre in misura minore, al nucleare fino alle energie rinnovabili, che hanno grandi margini di crescita, ma che da sole non possono bastare. La nostra è una grande sfida che, per quanto riguarda l'Italia, intende affrancare il Paese dalla dipendenza da fonti energetiche importate da zone del mondo politicamente poco stabili, così da abbattere i costi e contribuire in modo determinante a contrastare il cambiamento climatico."

Quali sono i tempi previsti per l’avvio della produzione da nucleare in Italia e quali saranno i siti prescelti per le centrali?
"Ci auguriamo di poter mettere in esercizio il primo impianto nucleare nel 2020, per poi arrivare nel giro di 4 o 5 anni a soddisfare il 12,5% del fabbisogno energetico italiano attraverso l'energia nucleare, pari al 50% dell’obiettivo stabilito per il sistema Italia. Per quanto concerne le centrali, diciamo subito che è troppo presto per parlare di siti.
La decisione su dove localizzare le centrali spetterà alle aziende, ma prima il Governo dovrà definire i criteri in base ai quali saranno selezionati i siti: geologicamente adeguati, adatti per ospitare impianti di una vita utile di almeno 60 anni, in zone a bassa sismicità e vicine a grandi bacini di acqua, necessaria per il sistema di raffreddamento. Al momento dico che i cittadini possono stare tranquilli: gli impianti, come già detto, saranno realizzati con sistemi di massima sicurezza. I territori che accoglieranno le centrali avranno inoltre importanti ricadute socio-economiche; in Francia, giusto per fare un esempio, le municipalità fanno a gara per attrarre questo tipo di investimento che porta posti di lavoro, benessere, benefici economici e ambientali."

giovedì 10 dicembre 2009

I gas serra minacciano ambiente e salute

L’Agenzia per la Protezione Ambientale USA ha rese pubbliche le sue considerazioni rispetto al problema dei gas a effetto serra. Di seguito le conclusioni :

Greenhouse Gases Threaten Public Health and the Environment / Science overwhelmingly shows greenhouse gas concentrations at unprecedented levels due to human activity

I gas serra minacciano la salute pubblica e l’ambiente / Schiaccianti evidenze scientifiche mostrano una concentrazione di gas serra senza precedenti dovuta alle attività umane.

Per saperne di più qui il comunicato stampa EPA

"Perchè mi batto per il nucleare"

Oggi riporto un intervista a Marco Napolitano, professore ordinario di fisica generale presso la facoltà di scienze dell'università "Federico II" di Napoli. L'articolo si può leggere su denaro.it

Professore, è favorevole ad un ritorno al nucleare in Italia?
Lo sono sempre stato, anche al tempo del referendum: in un'ottica di diversificazione delle fonti energetiche. Un Paese saggio dovrebbe diversificare le fonti.

Com'è la situazione energetica italiana?
L'Italia importa quasi tutta l'energia elettrica di cui ha bisogno (circa il 78 per cento, ndr): importiamo da Francia, Slovenia e Svizzera dove sono presenti in totale circa 60 centrali nucleari, alcune molto vicine ai confini italiani. Il mix di produzione in Italia è sbilanciato verso le fonti più costose, gas naturale e petrolio, che sono anche in via di esaurimento. Il costo di generazione da carbone e nucleare è minore del 20 per cento rispetto a quello dei cicli combinati a gas.

Perché in Italia c'è questa forte opposizione al nucleare?
C'è un problema di accettazione del nucleare. Il nucleare colpisce negativamente l'immaginazione popolare. Si pensa subito alla bomba atomica o, peggio, al disastro di Chernobyl che è l'incidente più grave mai accaduto. Se si pensa però che nel mondo sono in funzione, da diversi decenni, poco meno di 500 centrali, è possibile affermare che la probabilità di incidenti ad impianti nucleari è molto bassa.

Qual è allora il problema?
Anche di conoscenza, mancano le necessarie informazioni su tale sistema di produzione energetica. C'è poi un problema politico. Spesso la politica preferisce non occuparsi di questa materia, considerandola una patata bollente da lasciare ad altri.

Come affrontare la questione legata alle scorie nucleari?
Ogni fonte energetica ha costi e svantaggi. La natura non dà nulla gratis. Sulla questione delle scorie radioattive, ovvero dello scarto di combustibile nucleare esausto (o spento) derivante dalla fissione nucleare, la soluzione scelta per l'Italia è quella del deposito geologico, ovvero dello stoccaggio in bunker sotterranei profondi e schermati in modo da evitare la fuoriuscita di radioattività nell'ambiente esterno.

Di quanti reattori ha bisogno l'Italia?
Basterebbero 4/5 impianti di terza generazione EPR (European Pressurized Reactor) – ad altissima sicurezza, progettati per rendere improbabili guasti tecnici o errori umani – per coprire almeno una parte del fabbisogno energetico nazionale. Si potrebbe partire con un 10 per cento di nucleare sul totale della produzione energetica italiana per poi allinearci alla media mondiale che si aggira intorno al 15 per cento.

Quanto ci vorrà per vedere in funzione la prima centrale italiana?
Un processo lungo dovuto all'accettazione dell'impianto da parte dell'opinione pubblica. Trovato il sito, accettato dalla popolazione, ci vogliono i vari permessi e la licenza integrata di costruzione ed esercizio (Col). Dopodichè devono partire i lavori delle infrastrutture connesse all'impianto come la rete elettrica che deve supportare la centrale.

Ha mai trovato nei suoi studenti degli oppositori accaniti?
No, devo dire di aver trovato sempre studenti molto interessati a saperne di più, ma senza preconcetti.

mercoledì 9 dicembre 2009

Dove le nuove centrali nucleari?

'Il governo e' favorevole alla reintroduzione dell'energia nucleare alternandole ad altre fonti energetiche, ma la scelta sul dove, come e quando sarà attuata una volta decisi i criteri di valutazione, considerando le varie realtà territoriali e le loro specificità, problematiche ed esigenze, attraverso un confronto con le comunità e le istituzioni locali.

La bufala lanciata dai Verdi, del resto già smentita dall'Enel, dimostra la leggerezza di alcuni nell'affrontare questioni importanti'. È quanto afferma il senatore Enzo Ghigo, coordinatore regionale del Pdl piemontese, a proposito dell'annuncio del presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, secondo il quale Enel avrebbe inviato al governo una mappa dei futuri siti per le centrali nucleari. ''La posizione della sinistra rossoverde e' di retroguardia - aggiunge Ghigo - ed ha il solo scopo di creare ingiustificati allarmismi. Non tiene in considerazione che il nucleare di nuova generazione e' pulito, sicuro e, in combinazione con altre fonti energetiche, consente di ottenere un considerevole riscontro economico''

Arrivata anche la smentita dell'Enel: «In merito a quanto dichiarato dal presidente dei Verdi Angelo Bonelli Enel precisa - si legge in una nota dell'azienda energetica guidata da Fulvio Conti - di non aver inviato al Governo alcun dossier che indica i siti per la realizzazione delle centrali nucleari in Italia».
«I siti - prosegue il comunicato - saranno individuati solo successivamente alla definizione da parte dell'esecutivo e dell'Agenzia per la sicurezza nucleare dei criteri per la localizzazione».


Insomma, credo che sia impossibile che questi siti siano già stati definiti. Se andate a vedere i nomi delle città pubblicate dai giornali, si nota che sono più o meno gli stessi luoghi di cui si parlava prima del referendum del 1987 e i giornali non hanno fatto altro che pubblicare quelli. I siti non li sceglie Enel, ma il governo. Sono le classiche notizie scritte per creare clamore. È normale che qualche idea si abbia perché cmq gli esperti stanno studiando i territori e stanno facendo le loro valutazioni, ma parlare di dossier segreti, mi sembra un fatto poco plausibile. Mi pare veramente impossibile che ci siano già i siti senza che il Governo abbia pubblicato i criteri per la localizzazione. Secondo me è la solita trovata di qualcuno per promuovere le proprie ideologie.

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sabato 5 dicembre 2009

Antonio Catricalà e il nucleare

Riporto una notizia, uscita online ieri su un intervista rilasciata al presidente dell'Antitrust Antonio
Catricalà, che viene interrogato sul nucleare e il suo possibile sviluppo in Italia. Ebbene Catricalà, si augura che l'Italia possa riprendere la sua corsa verso il nucleare. Parlando nel corso della sua lectio
magistralis presso l'Universitas mercatorum di Unioncamere Catricalà ha sottolineato: "Solo noi siamo stati capaci nell''86 dopo Chernobyl di smobilitare le centrali nucleari a disposizione e di perdere la possibilità di vendere quelle tecnologie che gli altri vendono ai paesi emergenti come la Cina".
 

"Speriamo - ha aggiunto Catricalà - che questa corsa possa riprendere anche per l'Italia certo con affanno". Catricalà ha poi invitato ad una iniziativa legislativa con cui centralizzare il sistema decisionale "totalmente polverizzato tra autorità e territorio con dei vincoli forti". "Qualsiasi decisione - ha detto - si scontra con i localismi. E' necessario un intervento che centralizzi - ha aggiunto - le decisioni delle autorità e le responsabilità, per stabilire chi decide e provvede alle
eventuali compensazioni".


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venerdì 4 dicembre 2009

Chi coglie l'atomo

Per uscire dalla dipendenza energetica dal gas, garantirsi una sicurezza negli approvvigionamenti dei combustibili che vada oltre delle incognite della geopolitica. Per disporre di energia elettrica a prezzi inferiori agli attuali, di gran lunga superiori alla media europea, nonché costanti nel medio-lungo periodo. Per contribuire alla diminuzione di emissioni di C02. E, infine, per utilizzare come volano economico un piano di investimenti che potrebbe valere 35 miliardi di euro, di cui il 70% potrebbe essere indirizzato nei confronti di maestranze, imprese e tecnologie italiane.
Sono queste le principali ragioni di chi, anche nel nostro paese, si è iscritto a quel movimento che è già stato battezzato come Rinascimento nucleare.
Un piano ambizioso, così come è stato definito dalla maggioranza degli osservatori, soprattutto per le croniche difficoltà a realizzare grandi opere pubbliche in Italia e per i possibili ostacoli che potrebbe incontrare il governo.

L'Italia dipende per oltre il 60% dall'energia termoelettrica alimentata dal gas e complessivamente per oltre 1'80% dagli idrocarburi. Una scelta che è comune al resto d'Europa, dove si consuma il 20% del gas mondiale e se ne produrre soltanto 1'8% (per altro nei giacimenti del mare del Nord che sono in via di esaurimento). Ma è l'Italia, in particolare, il paese che più di tutti all'interno dell'Eurozona dipende energeticamente dall'estero: per la precisione secondo i dati Eurostat del marzo scorso l'88,4% della sua produzione deriva da importazioni di combustibile. Ad analoghi livelli è soltanto la Spagna, la cui dipendenza estera raggiunge l'86,1%; molto più distante la Germania con una quota del 61,8%, mentre molto più autosufficienti sono la Francia (51,9%) e la Gran Bretagna (21,5%), contro una media che si aggira sul 60% La dipendenza ú fanno notare i fautori dell'atomo è minore là dove c'è un mix più completo tra le fonti, come in Francia e Gran Bretagna.

Nel complesso, le centrali nucleari contribuiscono alla produzione del 35% di energia in Europa e attorno al 15% nel mondo. Ma non è soltanto l'eccessiva dipendenza dal gas il problema dell'Italia. A rendere ancora più instabile la sua posizione è anche il fatto che il metano arriva nel nostro paese principalmente da soli tre paesi: Norvegia, Algeria e, soprattutto, dalla Russia. Già con l'inaugurazione del rigassificatore di Rovigo da parte di Edison a ottobre, l'Italia è riuscita a dotarsi di un secondo impianto per la lavorazione del gas liquefatto (dopo quello di La Spezia di propietà dell'Eni) per una capacità di 8 miliardi di metri cubi annui, provenienti dal Qatar, pari al 10% del fabbisogno nazionale.

C'è da dire che nell'ultimo anno il prezzo del greggio e di conseguenza del gas si è sensibilmente abbassato e ora si aggira tra i 75 e gli 80 dollari al barile. Un livello che dovrebbe mantenersi stabile a detta degli analisti di settore anche per i prossimi mesi, almeno fino a quando la ripresa dell'economia mondiale non si sarà stabilizzata. Un dato che si è riflesso sui prezzi dell'energia, come ha certificato anche l'Autorità dell'elettricità e del gas nella sua ultima relazione annuale. Ma è anche vero che per i prossimi anni, gli esperti prevedono che la domanda di energia salirà del 77%, soprattutto sotto la domanda dei paesi dove l'economia è in forte crescita, come Cina, India e Brasile. Di conseguenza, il timore è che i prezzi degli idrocarburi possano tornare a correre verso i 100 dollari. Se la soluzione sia per ridurre la dipendenza dall'estero sia per avere prezzi più competitivi arriverà dal rilancio del programma nucleare lo si vedrà presto. Il governo ha promesso che i cantieri apriranno entro la fine della legislatura nel 2013. Dopodiché i cantieri dureranno altri cinque anni. Andrà tutto come da programma?

Fonte: L'articolo completo

giovedì 3 dicembre 2009

Rubbia e il solare termodinamico

In un’intervista pubblicata su Repubblica il 30 marzo 2008, il professore Carlo Rubbia, rispondeva così:

[…] E allora, professor Rubbia, escluso il petrolio, escluso l'uranio ed escluso il carbone, quale può essere a suo avviso l'alternativa?
«Guardi questa foto: è un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere, si produce un terzo dell'elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità».

Rubbia fa riferimento alla centrale Nevada Solar One, una centrale termodinamica a collettori lineari che è in servizio dal giugno 2007 e che complessivamente occupa una superficie di 1,6 kmq, cioè un rettangolino lungo 1.000 metri e largo 1.600. Secondo il premio nobel, con 20 di queste centrali (nel deserto del Nevada, dove di sole nell’anno ce n’è un po’ più che nell’estrema punta sud dell’Italia), pari a oltre 1.200 MW, si produce un terzo dell’energia prodotta da una centrale nucleare da 1.000 MW, al modico costo di 200 milioni di dollari x 20 = 4 miliardi di dollari (=2,5 miliardi di euro).
La cifra importante è , come afferma a Rubbia (e come effettivamente è), ci vogliono 64MW solari x20 x 3 = 3.800 MW solari (arrotondando a favore del solare) per produrre l’equivalente di 1.000 MW nucleari.

A questo punto mi vengono dei dubbi:
Per spazio 1,6 kmq x 20 x 3 fanno 96 kmq (un rettangolo largo 10 km e lungo 9,6). Visto che secondo lui in Italia non si sa dove costruire una centrale nucleare, quale potrebbe essere il Comune che può rendere disponibile uno spazio di 96 kmq per produrre l’equivalente di una centrale nucleare (che peraltro produce energia di qualità incomparabilmente migliore)?

Rubbia (nell’intervista che gira in questi giorni) afferma che «4 o 8 centrali per l’Italia sono come una rondine in primavera, non risolvono il problema». Ma allora, per produrre la stessa quantità di energia di 4 centrali nucleari da 1.000 MW occorrono 96x4 = 384 kmq di centrali solari, anche in questo caso «per non risolvere il problema». Se poi il confronto si fa con 4 centrali EPR tipo quelle che ha in programma Enel, che hanno ciascuna una potenza non di 1.000, ma di 1.600 MW, i km solari diventano 518, sempre «per non risolvere il problema»

Infine, occhio ai costi. Per le centrali EPR da 1.600 MW l’investimento previsto è di 6-7 miliardi di dollari (= 4/4,5 miliardi di euro). Una di queste centrali produce da 4,5 a 5 volte l’energia delle 20 centrali solari tipo quella del Nevada citata da Rubbia. Siccome le 20 centrali del Nevada costano 4 miliardi di dollari, per produrre con il solare l’equivalente di una centrale nucleare EPR da 1.600 MW occorre un investimento di 18 – 20 miliardi di dollari.

mercoledì 2 dicembre 2009

Energia spiegata

Gli argomenti classici anti-nucleare di Greenpeace, Legambiente, WWF etc…. sono molto discutibili, anche senza molto sforzo, ma non è questo il punto.
Tanto per dirne una, il costo del kWh nucleare che il dott. Onufrio, direttore di Greenpeace Italia, indicava in 0,14€/kWh. Dalle sue risposte è emerso che il calcolo dei costi finanziari della centrale era stato fatto come se per l’intero costo di costruzione si fosse chiesto un mutuo industriale da ripagare in 15 anni (!!!). È naturale che se i conti li fai così il kWh ti costa 0,14€ per i primi 15 anni, però si è dimenticato di dire che poi per almeno altri 25 anni la centrale produrrebbe energia al costo di 0,03€/kWh.

Ma non è questo il punto, qui non si ha ragione perché si ha dalla propria parte i libri di fisica, qui purtroppo non si ha ragione con le pur correttissime eccezioni punto per punto che Chicco Testa pone alle esternazioni del direttore di Greenpeace o di Grillo o di chiunque altro….. la questione è più che altro psicologica. Non si risolve quindi ‘istruendo’ ma comunicando e rassicurando.

L’opinione pubblica va conquistata con lo stesso metodo che usano questi personaggi, ma a differenza di Grillo&Co, dicendo la verità. Mi ricordo che un generale americano, incalzato dalle proteste per la pericolosità dell’uranio impoverito, in uno studio televisivo ha tirato fuori dalla giacca un proiettile di U238 per far capire meglio che con due ore di discorsi che l’uranio 238 è molto poco radioattivo, che lo puoi tenere in tasca senza problemi e che è pericoloso solo se inalato. Altro esempio, in una trasmissione francese tipo ‘Report’ un dirigente di Areva incalzato da una giornalista d’assalto che gli aveva messo di fronte un contenitore schermato (e piuttosto minaccioso) che conteneva un sacchetto con qualche etto di terra contaminata da residui di estrazione dell’uranio naturale (comunque al massimo qualche migliaio di Bq/kg) ha reagito, fregando la giornalista, prendendo il sacchetto in mano e dicendo che non è affatto pericoloso se si maneggia per un tempo limitato ecc…

Se in Italia in televisione ci si mette a parlare di TWh, di U235-U238, di decadimento radioattivo delle scorie… in pochissimi capiscono ed in molti cambiano canale. Bisogna cercare di comunicare bene e cercare di vincere i pregiudizi inculcati nelle persone da 25 anni di disinformazione sul nucleare. Esempio fatto a braccio: Immaginiamo un barattolo di plastica pieno per metà di benzina ed un barattolo d’acciaio pieno per la metà di acqua, mettiamo in tutti e due un cubetto di polistirolo con infilato un fiammifero acceso. Abbiamo così rappresentato la stessa differenza che c’è tra Chernobyl e le centrali occidentali moderne.

Quanto scritto sopra non sono parole mie, ma riportate da gbettanini, che è intervenuto a commentare qui. Spero che per questo non me ne voglia, ma condivido pienamente quanto riporta e credo solo questa possa essere la strada per capire l'energia e perchè abbiamo bisogno di investire nuovamente sul nucleare. Un nucleare chiaro e trasparente.

martedì 1 dicembre 2009

Verso Copenaghen: Usa e Cina rilanciano

Stati Uniti e Cina rilanciano sugli obiettivi di riduzione di emissioni, in vista del vertice di Copenaghen (7-18 dicembre): nell’arco di due giorni, il 25 e 26 novembre, il presidente americano Barack Obama e il primo ministro cinese Wen Jiabao hanno annunciato che parteciperanno entrambi alla conferenza.
Anche nel merito le loro proposte sono simili, e vanno nella direzione di ridurre le emissioni di gas serra puntando sulle fonti di energia a emissioni zero (compreso ovviamente il nucleare): “Nel contesto generale di un accordo a Copenaghen comprendente forti tagli alle emissioni da parte della Cina e di altri Paesi emergenti, il presidente Obama è pronto a mettere sul tavolo un progetto di tagli alle emissioni entro il 2020 del 17% rispetto al 2005”, ha dichiarato un portavoce della Casa Bianca il 25 novembre. Questo si sposa con l’obiettivo a lungo termine di Obama di una riduzione delle emissioni dell’83% entro il 2050. Da parte cinese, è arrivata la proposta di un taglio del 40-45%, sempre rispetto ai livelli del 2005, entro il 2020.

La convergenza di tempi e obiettivi di Stati Uniti e Cina, i Paesi che producono le maggiori quantità di emissioni di anidride carbonica, aumenta le chance di una soluzione condivisa a livello globale. Nella conferenza si cercherà un accordo in base al quale i Paesi più ricchi si impegneranno, con finanziamenti e trasferimenti di tecnologia, ad aiutare quelli in via di sviluppo a installare centrali a basse emissioni di anidride carbonica. In passato, l’energia nucleare era stata esclusa da questo contesto, ma oggi la sua importanza è riconosciuta come indispensabile per ridurre le emissioni, sia nei Paesi industrializzati, sia in quelli in via di sviluppo.