mercoledì 26 maggio 2010

We can say YES















Con lo slogan “We can say Yes”, alcuni esponenti di FareAmbiente hanno manifestato a inizio maggio a Fontana di Trevi a Roma, con striscioni che inneggiavano all’energia nucleare come energia pulita e sicura. In questa occasione il Presidente Nazionale, Prof. Vincenzo Pepe e il Coordinatore del Lazio, Piergiorgio Benvenuti hanno affermato che la posizione ufficiale di FareAmbiente è quella di essere favorevole al mix energetico e quindi al solare, al fotovoltaico e al nucleare. Hanno inoltre sottolineato che “è cambiato l’approccio culturale degli italiani rispetto al mix energetico da adottare, con le energie alternative quali il solare, il fotovoltaico, assolutamente da non escludere anzi da valorizzare ma, consapevoli che non riescono a soddisfare il fabbisogno energetico, non escludiamo l’utilizzo del nucleare di ultima generazione, che vuol dire meno inquinamento prodotto dal petrolio e centrali più sicure”.

Secondo il presidente di Fareambiente, Vincenzo Pepe, serve ''un ambientalismo maturo e responsabile di tipo europeo che non sia ne' di destra ne' di sinistra, ne' tantomeno relegata ai parititi verdi''. Fareambiente, dice Pepe, intende ''coniugare lo sviluppo con il rispetto delle risorse naturali'', per questo ritiene che ''il nucleare sia un'energia pulita e sicura''. Faremo manifestazioni anche in altre città, spiega Piegiorgio Benvenuti, e porteremo avanti “una campagna di informazione, perché il pensiero unico sul nucleare non ci deve essere''. Il Movimento ritiene infine necessario informare i cittadini e gli amministratori locali, attraverso dati sicuri sull’energia alternativa e pulita, quale è il nucleare, anche con coloro che non condividono tale scelta al fine di evitare ogni tipo di negazionismo ideologico, dal momento che FareAmbiente, come loro stessi affermano, da sempre definisce il metodo scientifico un aspetto fondamentale per contrastare i no a priori che hanno caratterizzato l’Ambientalismo italiano di stampo fondamentalista.

martedì 25 maggio 2010

"Il no al nucleare non ha vere ragioni" ...

... e intanto gas e carbone continuano a crescere...

Le argomentazioni contro l'energia nucleare appartengono a due categorie. Le prime relative alla sua utilità maggiore o minore nell'ambito delle politiche energetiche passate e future. Le seconde sottolineano i rischi per la salute umana e il pericolo di incidenti. In realtà, per il sentimento antinucleare, solo le seconde sono veramente efficaci. Il referendum italiano del 1987, per esempio, ha goduto, per i promotori, della leva enorme costituita dall'incidente di Chernobyl. Ma il movimento antinucleare molto insiste sul carattere "scientifico" delle sue obiezioni, descrivendo l'energia nucleare come una tecnologia obsoleta, sorpassata e priva di prospettive. E affidando la soluzione dei problemi ambientali e la necessaria riduzione di emissioni inquinanti di ogni tipo ad altre scelte. Fondamentalmente, efficienza energetica e rinnovabili. Ma purtroppo i dati, passati, presenti e di proiezione nel futuro ci dicono che questa impostazione non basta. Ha fallito ed è destinata a fallire. Ho (Chicco Testa) sotto gli occhi i dati relativi alla produzione di energia elettrica negli ultimi 12 anni. Al contrario d quanto si dice continuamente l'energia nucleare è quantitativamente aumentata, in questo periodo, dai 2.380 ai 2.755 Twh (miliardi di Kilowattora). In un paese come gi Usa, per il quale si ripete continuamente il luogo comune secondo il quale, dopo l'incidente (senza morti e feriti) di Tmi, l'energia nucleare sarebbe andata in stallo, in realtà essa è quadruplicata, passando da 251 miliardi di Kilowattora del 1980 agli 806 di oggi. Solo negli anni Novanta sono entrati in funzione 47 nuovi reattori. Numeri? Certo, ma molto più eloquenti di rispettabili desideri, che non coincidono con la realtà. Ma non è questa la cosa più importante. Perché insieme a questa buona tenuta quantitativa è vero, altresì, che l'energia nucleare ha perso quote percentuali. Mentre nel 1997 essa contribuiva per il 17 % al fabbisogno elettrico mondiale oggi il suo contributo è solo del 14 %. Ed è qui che sta il vero problema, su cui riflettere seriamente. Da chi è stata coperta la quota percentualmente persa dalla fonte nucleare? Dal carbone e dal gas, che complessivamente in questi anni crescono di 8 punti percentuali, arrivando a coprire, insieme all'olio, più del 65%della produzione di energia elettrica. Se si considera poi che in questi 12 anni la torta elettrica è cresciuta del 50 % si può facilmente valutare di quanto, in termini assoluti, sia cresciuto il consumo di carbone, gas e olio nella produzione di energia elettrica.Alla faccia dell'effetto serra e di tutte le altre emissioni inquinanti legate ai combustibili fossili. L'Oms calcola che esse siano responsabili di un milione di morti all'anno. Importa a qualcuno? Come sono andate le rinnovabili in questo periodo? L'idroelettrico è cresciuto molto. Di un buon 25-30 %. Ma ciononostante perde 2 punti percentuali. La sua crescita non riesce a stare al passo di quella dei combustibili fossili. Delle altre rinnovabili (sole, vento, geotermico) meglio tacere visto che la loro quota complessiva, nel 2009, è dell'1,8 %. Più un altro 1,5 % fra biomasse e rifiuti. In altre parole e sinteticamente, la battaglia contro il nucleare non è stata vinta dalle rinnovabili o dal risparmio energetico. È stata vinta dai combustibili fossili. Cosa su cui il movimento ambientalista si rifiuta di ragionare. Oppure, messo alle strette, preferisce puntare sul gas o addirittura sul carbone pulito.Meglio, allora, dirlo esplicitamente e mettersi il cuore in pace. La ragione di questa vittoria è molto semplice. Carbone e gas costano poco, troppo poco e sono ben lontani dall'esaurirsi. Per cui risibili appaiono i ragionamenti sui costi troppo alti del nucleare. Se è così, cosa molto discutibile, è solo perché i fossili e non certo le rinnovabili costano meno. E costano meno perché scaricano all'esterno i loro enormi costi ambientali, come ben argomenta il molto citato studio del Mit sui costi dell'energia nucleare. Leggermente più alti di quelli del carbone, ai prezzi attuali, non certo a quelli di solo poco tempo fa; a meno che qualcuno non si decida a tassare seriamente la Co2. Come chiedono da sempre i movimenti ambientalisti . Sul futuro del'energia nucleare saranno testimoni i prossimi anni. In Europa gli unici due Paesi che, oltre all'Italia, avevano deciso l'uscita dal nucleare erano Svezia e Germania. La Svezia ha annullato questa decisione e ha varato un nuovo programma nucleare. In Germania è attesa per l'autunno la decisone di cancellare la scelta di chiudere le centrali entro il 2020 e prolungarne la vita per almeno altri 10 anni. Poi si vedrà. Intanto la Germania continua a produrre più del 30 % della sua energia elettrica con il nucleare. Francia e Inghilterra, per tacere degli altri Paesi europei, stanno costruendo o hanno in programma diverse nuove centrali. Negli Usa, Obama è divenuto un deciso sponsor del nucleare. Russia, Cina e India hanno programmi imponenti e persino i Paesi produttori di petrolio e di gas varano programmi nucleari pensando che il petrolio sia meglio destinarlo a cose migliori. I destini del G8, i Paesi ricchi, e quello dei Bric (Brasile, Russia, India, Cina) convergono, almeno per quanto riguarda il nucleare. Fanno invece eccezione, guarda caso, i Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). Della sicurezza c'è poco da dire. Qualsiasi comparazione fra morti e feriti provocati dal ciclo dei combustibili fossili (miniera, estrazione, trasporto, funzionamento delle centrali e smaltimento ceneri) e quello del nucleare pende a favore del nucleare per diversi ordini di grandezza. Infine Obama. Certo, il presidente americano continua a insistere sulla green economy. Di cui fa parte per lui a pieno titolo l'energia nucleare. Al contrario di molti si è posto la domanda fondamentale. Come fare fronte alla richiesta di energia senza rafforzare ulteriormente i combustibili fossili? E ci ricorda che "una centrale atomica a parità di energia prodotta in un anno è capace di ridurre l'inquinamento di 16 milioni di tonnellate di carbone. Praticamente è come togliere dalla strada 3,5 milioni di automobili". Una bella lezione di ambientalismo. In decine di dibattiti mi sento ripetere sempre la stessa cosa: "Meglio le rinnovabili del nucleare". Ammesso che le due cose siano comparabili, perché nessuno dei miei amici ambientalisti dice mai: "Meglio le rinnovabili dei combustibili fossili"?

Di Chicco Testa

lunedì 24 maggio 2010

Il nucleare: "Sbagliato stare fuori da questa tecnologia"

Il primo è stato Mario Tullo. «La lettera-appello al segretario Bersani firmata da settanta uomini e donne di scienza e di cultura vicino al Pd per il ritorno al nucleare? Se me la portano la firmo anch'io» ha affermato in un'intervista a Repubblica il parlamentare genovese. Ora tocca a Mario Margini, assessore allo Sviluppo Economico del comune di Genova e figura di riferimento del Pd genovese e ligure. «La lettera di Veronesi? Io dico che dobbiamo rientrare al più presto nella tecnologia nucleare» afferma Margini che, subito dopo, invita a mettere da parte quel dibattito "nucleare sì, nucleare no", che finisce inevitabilmente per diventare scontro. «Impostare la vicenda in questa terminiè sbagliatoe fuorviante - spiega - soprattutto perché non porta da nessuna parte. Anzi serve solo a radicalizzare le posizioni».

Invece, assessore Margini, come dovrebbe essere impostata la questione?
«Sulla base di un interrogativo molto semplice: può l'Italia restare fuori dalla tecnologia nucleare?» Può? «Io rispondo di no». Quindi condivide l'appello firmato da Umberto Veronesi e altre personalità di spicco della scienza, dell'economia e della cultura al segretario Bersani? «L'appello firmato da Umberto Veronesi sul ritorno all'atomo è un utile contributo al dibattito e come tale va colto. Ma attenti a cadere nella trappola delle centrali "sì o no"».
Che intende dire? «Impostare il ragionamento così come l'ha fatto il governo è stato e continua a essere un grave errore. La verità è che noi siamo fuori dalle tecnologie nucleari e dobbiamo assolutamente riprendere questo filone di ricerca».
Per far realmente decollare il dibattito, allora, che cosa si dovrebbe fare? «Cambiare passo, uscire dalla dicotomia centrali sì o no. Perché nucleare non vuol dire solo centrali, vuol dire anche altre applicazioni, come quelle nel medicale. Ma vuol dire anche decommissioning, cioè la capacità di entrare nella riqualificazione degli impianti obsoleti. Un paese industriale come il nostro può restare fuori da tutto questo?» Un altro interrogativo retorico? «Solo affrontando pragmaticamente la questione si potrà ripartire su questo fronte.

giovedì 20 maggio 2010

Nucleare, due campani firmano l'appello

Il Pd non può lavarsi le mani sul nucleare o delegare opinioni e considerazioni in merito a qualche secco "no". E' necessario che anche il centrosinistra intervenga nel dibattito e si interessi di una questione così delicata e importante. A chiederlo non sono politici o rappresentanti del gioverno, ma chi può vantare conoscenze tecniche ed esperienza in materia, gli scienziati. In una lettera aperta al leader del Pd, Pierluigi Bersani, gli studiosi criticano la bocciatura dell'opposizione al piano della maggioranza sul nucleare e chiedono di discutere con maggiore "rigore intellettuale e scientifico. E con spirito concreto". In calce all'appello anche undici firme campane, tra cui quelle di Amedeo Lepore e Massimo Lo Cicero, docenti universitari.

Una pattuglia di intellettuali che non intendono farsi sfuggiire il treno del nucleare per mere posizioni ideologiche. Aprono a questa fornte energetica Emilio Sassoni Corsi, presidente dell'Unione Astrofili Italiani; Umberto Minopoli, manager; Amedeo Lepore e Massimo Lo Cicero, entrambi docenti universitari. E ancora: Carlo Pedata, professore; Marco Valenzi, rcercatore; Francesco Romano , ingegnere, Myrta Merlino, giornalista; gli imprenditori Vincenzo Rosselli, Antonio Napoli e Maria Luisa Mello. "Riterremmo innaturale e incomprensibile - spiegano nella lettera - ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro Paese. L'energia nucleare, quasi ovunque, nel mondo industrializzato è vista come un'insostituibile opportunità che contribuisce alla riduzione del peso delle fonti fossili sulla generazione di energia elettrica, compatibile con un modello di sviluppo eco-sostenibile". Insomma, secondo gli intellettuali, "occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l'Italia dalle frontiere dell'innovazione". "Dal punto di vista ambientale – scrivono - non vi è programma internazionale accreditato per la riduzione della Co2 che non preveda anche il ricorso all'energia nucleare e non vi è un solo studio internazionale che affidi alle sole rinnovabili il compito di ridurre il peso dei combustibili fossili. Ed invece tutti gli accenti che sentiamo oggi nel Pd prescindono dall'analisi di questi dati e fatti".

L'avversione al reingresso dell'Italia nelle tecnologie nucleari è ingiustificabile, secondo gli scienziati, che non intendono tappare la bocca all'opposizione, ma, al contrario esortano ad una maggiore considerazione del tema, con una puntuale sottolineatura degli errori del governo: "E' incomprensibile, invece, la sbrigatività e il pressapochismo con cui, spesso, da parte di esponenti del Pd, vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto. Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l'Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell'innovazione".

martedì 18 maggio 2010

Il difetto degli italiani è che non pensano al futuro

Se molti italiani sono contrari al nucleare, dipende anche da un vizio "tipico" nazionale: la tendenza a guardare i benefici a breve termine e non sul lungo periodo. È l'opinione di Carlo Jean, esperto di geopolitica e docente di studi strategici all'Università Luiss di Roma.

In un articolo pubblicato sul Messaggero il 14 maggio, Jean, che è stato citato anche come possibile candidato per la presidenza dell'Agenzia nucleare, esamina le cause della confusione che regna in Italia sulla questione delle nuove centrali, a livello di opinione pubblica ma soprattutto di dibattito politico.
Jean spiega che «il nucleare comporta consistenti investimenti e, quindi, costi immediati, mentre i suoi vantaggi si sentiranno nel lungo termine. Ciò contrasta con le abitudini di un Paese che investe molto più sui vecchi che sui giovani». È preoccupante in particolare l'atteggiamento dei politici: secondo Jean alcuni potrebbero essersi pronunciati contro le centrali solo per la tentazione di criticare il governo su un tema scottante e sentito. «Ma il nucleare non è di destra né di sinistra».

Jean torna anche sui timori ingiustificati di una parte dell'opinione pubblica sulla sicurezza: «Il nucleare è la fonte di energia più umanitaria. Le vittime che provoca, a parità di elettricità prodotta, sono inferiori a quelle di qualsiasi fonte fossile e anche dell'idroelettrico». Per non parlare delle leggende metropolitane fiorite sul nucleare, come «i bambini con due teste o i vitelli con tre gambe a causa della radioattività nei pressi delle centrali»: quelle che Jean definisce «favole strumentali a determinare preoccupazione e panico».

Fonte: nuclearnews.it

venerdì 14 maggio 2010

Meglio il nucleare

Il mondo dipende troppo dal petrolio perché l’ulteriore incidente che lo riguarda, l’esplosione di una piattaforma con conseguente travaso in mare di milioni di galloni, susciti qualche cosa di più dell’ennesimo processo mediatico. Certo ci saranno ricorsi, tribunali al lavoro, richieste d’indennizzo, pubblici mea culpa. Ma il potere dell’oro nero, prima ancora di quello delle grandi compagnie che lo estraggono, è troppo grande nel mondo contemporaneo, perché possa essere messo in discussione.

Le profezie sul prossimo esaurimento del petrolio sono cominciate con le prime crisi degli anni '70. Da allora il suo utilizzo continua ad aumentare. È certo che un giorno finirà, come tutte le cose, ma quanto sia lontano quel giorno nessuno lo sa. Il suo potere, oltre che dalle quantità enormi di cui necessitiamom, è moltiplicato dal suo valore. Ed il paradosso è che, normalmente, incidenti come questo lo accrescono, creando una situazione di momentanea crisi, su cui si innestano facilmente le speculazioni finanziarie.

Nel frattempo il sogno di energie alternative continua a rimanere nel cassetto. Nei numeri, che dicono la verità, se non nei cuori pieni di desideri scambiati per realtà. Nella soddisfazione del fabbisogno energetico del mondo, oltre al petrolio, la fanno da padroni il carbone e il gas. Questi ultimi, in particolare, continuamente in aumento nella produzione di energia elettrica. Responsabili di un inquinamento questo sì mortale e calcolato dall’ Organizzazione mondiale della Sanità in circa 1.000.000 di decessi all’anno. Questa dipendenza è anche il problema energetico principale dell’Italia, che deve ai combustibili fossili il 90% dei suoi consumi. Per questo il ricorso a una certa quota di energia nucleare, che da sola certo non risolve il problema, dovrebbe essere visto con favore. Anche con realismo. In compenso lo strabismo verde si mobilita con forza emotiva adeguata solo quando c’è in ballo l’energia nucleare. Nel frattempo, come sempre, vincono i “cattivi”: i combustibili fossili.

Fonte: Il Riformista