martedì 9 novembre 2010

Una comunicazione chiara per avvicinare i cittadini al nucleare

Che la comunicazione sia fondamentale per far conoscere e accettare il nucleare è certo. Il problema è come far arrivare tutte queste informazioni alla gente, che spesso non è pratica di termini tecnici e di questione energetica.

Leggevo, però su Nuclear News che in Francia e Svezia sembrano esserci riusciti benissimo. Come? Attraverso un approccio partecipato, che coinvolge direttamente i cittadini nella comprensione dell’argomento. A spiegare i dettagli due personalità che da tempo hanno a che fare con il nucleare: Claude Gatignol, deputato al Parlamento francese ed esperto di comunicazione sul nucleare, e Saida Lâarouchi Engström, direttore Informazione pubblica e valutazione impatto ambientale della SKB, la società svedese per il combustibile nucleare e la gestione delle scorie.

Gatignol è stato testimone dell’esperienza di Flamanville, dove è in costruzione il primo reattore francese Epr, lo stesso tipo di tecnologia che sarà realizzato in Italia: per combattere la forte diffidenza della popolazione sono stati organizzati degli incontri, in cui si cercava di spiegarne rischi e vantaggi. Obiettivo era ottenere la fiducia dei cittadini facendo totale chiarezza sul tema. Un metodo simile è stato adottato in Svezia, con dibattiti pubblici per favorire un approccio “più improntato ad ascoltare i cittadini e le loro esigenze che a spiegare le questioni in modo didattico”, come spiega la Engström. Metodo che sembra aver avuto i suoi effetti: gli svedesi nel 1980 avevano votato contro il nucleare con un referendum. Ora, invece, complici anche per le bassissime emissioni di gas serra prodotte dall'industria nucleare, i pareri sono cambiati, come dimostra anche la “battaglia” tra due città per ospitare un deposito di rifiuti radioattivi.

Il segreto, dunque, sta nell’essere più chiari e sinceri possibile, per permettere a chiunque di farsi un’opinione basata su dati concreti e libera da pregiudizi. L’energia nucleare, spiega la Engström “è una tecnologia, non una religione”, per cui va spiegata e non accettata o rifiutata a priori. Forse anche la nostra informazione dovrebbe seguire questa strada. Potrebbe essere un ottimo tentativo per iniziare a sconfiggere la diffidenza che spesso si percepisce quando si pronuncia la parola “nucleare”.

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