venerdì 29 gennaio 2010

Barack Obama guarda al futuro

È piaciuto al 83% degli americani il discorso di Obama, a circa un anno dalla sua elezione. Ha parlato della crisi occupazionale e di come risolverla e ha menzionato la parola “posti di lavoro” per ben 29 volte. Altri temi caldi: le banche, la finanza, la riforma del sistema sanitario, energia pulita e centrali nucleari.
"US President Barack Obama placed nuclear power among the favoured sources of clean energy he said would keep America at the head of the global economy."

Obama ha poi spiegato che l’America deve riuscire a raddoppiare le sue esportazioni perché questo significa incrementare i posti di lavoro. Inoltre, si dovrebbe aggredire il mercato per ritagliarsi spazi nuovi nell’economia globale e per farlo c’è bisogno di una sola cosa: educazione. Una frase a effetto riuscita: “The best anti poverty program around is a world class education”

USA: Clean energy

giovedì 28 gennaio 2010

Conti alla mano, il nucleare conviene

Il nucleare in Italia conviene, ma bisogna fare bene i conti per evitare di parlare di cifre senza fondamenti. Lo sostiene Luigi De Paoli, professore di economia dell’energia all’Università “Bocconi” di Milano, in un intervento sul sito Staffetta Quotidiana.

Per De Paoli i principali argomenti a favore del nucleare sono tre:la lotta ai cambiamenti climatici, il tentativo di sostituire la dipendenza dalle importazioni di combustibile fossile con attività industriali interne e la convenienza economica.
Ed è proprio su questo terzo punto che, secondo De Paoli, non c’è sufficiente chiarezza.
Nel mondo sono in costruzione numerosi reattori, ma la maggior parte in Paesi come la Cina, la Russia e l’India che nono sono paragonabili alla realtà italiana. L’esempio migliore secondo De Paoli viene dalla Corea del Sud, che sta costruendo 6 nuovi reattori con costi piuttosto contenuti e indotti notevoli, tanto da vendere tecnologia nucleare e puntare ai primi posti del mercato mondiale. Secondo il modello coreano, la produzione di energia nucleare verrebbe a costare poco più di 40 euro per MWh: un prezzo sicuramente conveniente per un Paese come l’Italia.

La situazione europea però è diversa: nei due reattori EPR in costruzione a Olkiluoto in Finlandia e a Flamanville in Francia i lavori sono in ritardo e dunque i costi sono aumentati rispetto alle stime iniziali. La stima aggiornata della società francese EDF per il prezzo dell’energia è fra 55 e 60 euro per MWh: comunque inferiore al prezzo medio dell’elettricità italiana nel 2009 di 63,72 euro per MWh. L’Areva, che si occupa della costruzione dei reattori EPR, e l’EDF, che gestirà le centrali francesi, ha comunque spiegato che i ritardi attuali sono legati al prototipo del reattore e alla scarsa pratica degli ingegneri: due condizioni che a regime scompariranno.

Secondo De Paoli in definitiva il nucleare è comunque conveniente, ma il suo costo è anche un indicatore dell’efficienza di un sistema-Paese: una prova particolarmente significativa per l’Italia.

martedì 26 gennaio 2010

Germania: il governo decide di tornare al nucleare

Sottovoce, la Germania riabilita il nucleare. La prima potenza europea, il paese che era stato anche il primo tra i big del Vecchio continente a decidere l'addio all'uso civile dell'energia atomica, ci ripensa.
E non il solo. Oltre alla decisione di Germania, Belgio e Spagna di allungare la vita delle centrali, paesi come Cina, Russia, India, Svezia, Emirati Arabi, Svizzera e Finlandia (oltre all’Italia) hanno in programma la costruzione di centrali nucleari. Perché è l'unica tecnologia in grado di contrastare efficacemente e su larga scala il cambiamento climatico e perché, a parità di investimento, fa risparmiare 10 volte più CO2 del solare e più del doppio dell'eolico, occupando un centesimo del territorio. Perché attualmente le energie rinnovabili non sono in grado di soddisfare il fabbisogno energetico.

Ma torniamo alla Germania: dopo negoziati con i produttori di energia, il governo Merkel ha deciso - scrive oggi l'autorevole quotidiano conservatore Die Welt - che per il momento tutti i 17 reattori nucleari resteranno in esercizio.

E' una sconfitta decisiva per gli avversari dell'uso civile dell'energia nucleare, e una vittoria sia per i grossi produttori di energia in Germania (Eon, Rwe, Vattenfall, EnBW) sia per i colossi industriali, Siemens prima fra tutti, che nella produzione, fornitura ed esportazione di centrali nucleari della nuova generazione hanno un punto di forza della loro strategia di global player.

Per l'esecutivo di Berlino l'energia nucleare resta una 'soluzione-ponte'. Ma il ponte si allunga nel tempo a venire, in sostanza: è necessario molto più tempo di uso dei 17 reattori in esercizio, finché le energie rinnovabili ed ecologiche non saranno in grado di fornire significativamente più del 20 per cento del fabbisogno energetico nazionale. "In Germania", scrive il commento di Die Welt, "abbiamo posto limiti massimi d'uso di un reattore nucleare a 35 anni, negli Usa e in Svezia li usano per 60 anni".


Fonte: La Repubblica – 26 gennaio

lunedì 25 gennaio 2010

Di quale energia abbiamo bisogno?


















L’assioma di base sembra essere, passando attraverso l’accordo del 20 20 20, la combinazione tra energie: petrolio, gas, carbone, energie rinnovabili, senza dimenticare il nucleare che, dopo le recenti disposizioni del Governo, la Legge 23.07.2009 n.99, ritroviamo d’attualità nei mass media italiani.

Il contesto è particolare visto il referendum del 1987, vero punto di svolta senza paragoni internazionali. Ma se al mondo ci sono circa 440 reattori nucleari attivi, 104 solo negli USA mentre il 76% dei consumi energetici francesi sono soddisfatti mediante i 59 reattori nucleari, in Italia la crescente discussione è appiattita su una domanda che pensiamo sbagliata. Sopratutto assistendo al dibattito dalla Slovacchia, paese che ha accettato l’energia nucleare.

Noi crediamo che la domanda sul nucleare non sia la tipica -Nucleare si o no?- perché, la risposta in questo caso sarebbe dettata dai forti ricordi di Chernobyl dove l’immaginario legato al nucleare è da emergenza. Forse la domanda è più complessa: in un contesto globale, e alla luce del necessario approvvigionamento energico, quali sono le opzioni?
Quali energie sono disponibili? Quali sono i pro e i contro di ogni energia? E i costi, ambientali ed economici?

La questione energetica non può essere affrontata con semplificazioni perché tocca direttamente questioni di sicurezza e indipendenza e la risposta è senz’altro complessa, perché complesso è il sistema su cui riflettere. In Italia la dipendenza dalle fonti fossili rappresenta un problema a livello economico, politico e ambientale. L’Italia dipende dalle importazioni, a costo di una bolletta superiore del 45% per le utenze domestiche rispetto alla media europea, e viola il protocollo di Kyoto che impone per il 2012 la riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% rispetto a quelle del 1990″.
Un’analisi opportuna non può considerare solo i costi di produzione ma deve prevedere una comparazione anche tra danni ambientali, sicurezza degli impianti e riscaldamento globale soppesando le varie fonti energetiche tradizionali: petrolio, gas, carbone, energie rinnovabili e nucleare.
Per esempio quali sono i danni ambientali legati al petrolio anche rispetto al nucleare? Quali sono le ricadute ambientali lungo tutto il processo?
Solo attraverso una comparazione reale tra pro e contro delle varie energie, potremmo avere una visione approfondita.

Da Italoblog e Enerblog

venerdì 22 gennaio 2010

Perché gli Stati Uniti rischiano di perdere la leadership

I recenti successi dell’industria nucleare sudcoreana, e i grandi progetti di sviluppo della Cina,
dell’India e dei Paesi arabi, rischiano di far perdere agli Stati Uniti la leadership mondiale del nucleare, a vantaggio dell’Asia. L’"allarme" è stato lanciato da Richard C. Hill, ex professore di ingegneria all’Università del Maine, con un articolo pubblicato sul quotidiano Bangor Daily News. Hill nota che gli Emirati Arabi Uniti, nonostante siano il terzo esportatore di petrolio al mondo, hanno lanciato un gigantesco programma nucleare affidandolo alla Corea del Sud, la quale, a sua volta, sta negoziando altri contratti con l’India, la Giordania e la Turchia. I Paesi occidentali, a partire da Stati Uniti e Francia, i capofila del nucleare, stanno a guardare.
Hill cita il segretario dell’energia degli Stati Uniti, Steven Chu, secondo cui il sistema di ricerca e sviluppo americano è ancora il migliore del mondo, e che può guidare la nuova rivoluzione industriale globale verso le energie pulite. «Ma – si chiede Hill – di cosa sta parlando Chu? Delle energie rinnovabili o del nucleare?». Un enorme vantaggio del nucleare rispetto al solare e all’eolico è che le centrali si possono costruire vicino ai centri che ne hanno bisogno, e non in zone necessariamente soleggiate o ventose: si possono evitare così spaventose reti di cavi ad alta tensione.
Secondo Hill, molti potenziali investitori nel nucleare sono intimoriti dai troppi vincoli posti dalle normative rispetto ai concorrenti asiatici. A Chu l’onere di rilanciare gli Stati Uniti e l’Occidente sul mercato del nucleare

mercoledì 20 gennaio 2010

La logica antinuclearista di greenpeace

Ieri gli attivisti italiani di Greenpeace hanno srotolato sulla facciata del Palazzo della Civiltà all’Eur uno striscione di 300 metri con la scritta “Stop alla follia del nucleare”, ribadendo il loro no all’energia nucleare a prescindere; un paio di mesi fa, i loro colleghi inglesi hanno dimostrato maggiore coraggio e pragmatismo salendo in cima al Big Ben per sventolare una bandiera con un appello ai politici “Per favore rubate le nostre politiche”.
L’azione spettacolare serviva a promuovere il manifesto di Greenpeace UK “12 policies to save the climate and our planet” rivolto ai governanti per sollecitarli all’azione. Il documento che elenca una serie di richieste e obiettivi, in sostanza promuove l’efficienza energetica e rinnovabili per una produzione low carbon energy (come del resto qualsiasi ambientalista responsabile farebbe) presenta però un aspetto interessante e di rottura rispetto alla tradizionale linea del movimento che si è sempre strenuamente opposto sia al nucleare che alla cattura e sequestro del carbonio.

Infatti, nel documento che pone tra gli altri, l’obiettivo di arrivare entro il 2030 zero emissioni dalla generazione di elettricità, per la prima volta, nessuna specifica tecnologia energetica low-carbon è stata esplicitamente esclusa. Un’omissione di veto al nucleare è carica di significati, almeno sull’insorgere di confronti interni, anche se non è interpretabile come un cambiamento di orientamento degli attivisti inglesi. E men che mai della linea di Greenpeace Germania o Olanda, tra le frange più intransigenti dell’organizzazione sulla generazione elettrica da atomo. Ma le sfumature all’interno dell’ambientalismo contano eccome. “Curiosamente in Gran Bretagna all’interno di Friends of the Earth si è aperto un dibattito che porta il movimento a sostenere sempre con maggiore frequenza l’accettabilità del CCS mentre rimane solidamente ancorato all’antinuclearismo. Invece, Greenpeace UK si è momentaneamente acquietata sul nucleare mentre prosegue la sua avversione verso il CCS” fa notare Stephan Tindale, fino al 2005 direttore di Greenpeace UK dal quale è uscito proprio per divergenze di vedute sul nucleare.

Parola di un ex ambientalista

martedì 19 gennaio 2010

Marcegaglia: per le aziende 30 mld di investimenti














Il nucleare rappresenta una grande opportunita' perche' potrebbe mettere in moto investimenti pari a 30 miliardi di euro. Se lavoreremo bene, circa il 70% di tali investimenti potrebbe riguardare l'indotto italiano". E' quanto ha sottolineato il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, nel corso del suo intervento a un convegno sul nucleare, organizzato dall'Associazione degli industriali insieme ad Enel.

Secondo la Marcegaglia, in Italia bisogna superare logiche lontane dalla realta': "Purtroppo in Italia ci sono ancora dibattiti superficiali e demagogici su questo tema. Tali logiche bloccano lo sviluppo e la realizzazione di progetti di medio termine". Il presidente degli industriali ha quindi auspicato che le logiche elettorali non blocchino lo sviluppo del nucleare in Italia: "serve un progetto politico energetico serio, di medio termine, chiaro e che non venga cambiato continuamente

Confindustria, ha concluso Marcegaglia, "da sempre sostiene l'opzione nucleare che e' un'opportunita' intelligente e necessaria per raggiungere gli obiettivi che l'Europa si e' data. Per il sistema industriale italiano questa sfida non e' solo un'opportunita' di business ma anche di innovazione tecnologica per tutta la filiera che sara' interessata".

Sulla stessa lunghezza d'oda l'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti. "Le 4 unita' nucleari che Enel e Edf costruiranno in Italia muoveranno investimenti per un totale di circa 16-18 miliardi di euro".

Secondo il manager, sara' fondamentale effettuare una campagna di informazione chiara: "Vinceremo questa sfida se sapremo costruire un fronte unitario, portatore di una informazione corretta e tecnicamente ben orientata tra i cittadini, capace di superare le paure immotivate di approfondire seriamente i temi senza preconcetti o condizionamenti ideologici. Un fronte che sappia sgretolare il muro del non fare".

Allo stesso tempo, ha proseguito Conti, sara' necessaria la stabilita' del quadro normativo che dovra' essere "chiaro e delineato secondo una visione politica di lungo periodo". Serve, ha evidenziato, "una politica energetica senza ripensamenti che dia certezze agli investitori, per questo, secondo noi, e' necessario che tale materia torni di competenza dello Stato, pur nel rispetto delle prerogative locali".

L'Ad di Enel ha poi confermato che il gruppo italiano insieme ad Edf intende costruire in Italia almeno 4 reattori con la tecnologia di terza generazione Epr. L'obiettivo e' di avere la prima unita' in esercizio per il 2020.

Il nucleare in Europa













È tornata l’era del nucleare. Secondo l’Iaea (International Atomic Energy Agency) a giugno 2009 i reattori in costruzione nel mondo erano 53, quelli pianificati 131. Nel 2007 quelli in costruzione erano 34 e quelli pianificati 81. In solo due anni vari paesi del mondo hanno fatto partire la costruzione di altri 9 reattori e ne hanno pianificati altri 50. Poi ci sono paesi come la Spagna che poche settimane fa, con il governo Zapatero, ha aperto alla possibilità di allungare la vita residua delle centrali, purché in condizioni di massima sicurezza, ed ha anche deliberato la costruzione di un deposito per le scorie. Con la scelta del governo di tornare al nucleare, anche l’Italia si è rimessa in pista ed è già cominciata la fase operativa con una sorta di appello alle imprese italiane. A fare le convocazioni Confindustria e Enel, che a Roma in Viale dell’Astronomia hanno chiamato a raccolta oltre 300 imprese italiane potenzialmente interessate alla filiera nucleare, nella giornata del Supply Chain Meeting-Progetto nucleare Italia. Ad aprire i lavori, oggi, il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia e l’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti.

La giornata serve ad illustrare il percorso di qualificazione richiesto alle aziende che vogliano operare nel settore nucleare, avendo così i requisiti per partecipare alle gare d’appalto non solo in Italia ma anche all’estero. Stiamo infatti parlando di un mercato che, secondo l'Ocse, entro il 2050 aumenterà del 375% con l’arrivo dei cosiddetti nuovi paesi nucleari come Indonesia, Vietnam, Malesia, la Thailandia e i paesi del Medio Oriente.

Nell’immediato si tratta di costruire i 4 impianti coi quali Enel raccoglie la sfida del governo di riportare il nucleare in Italia (il piano di Scajola prevede 8 impianti), con un investimento che si aggira attorno ai 18 miliardi di euro, il 70% dei quali potrebbe ricadere sulle imprese italiane. Ecco perché Confindustria ha deciso di sostenere la partecipazione dell’industria italiana al rilancio del nucleare.

Le imprese che potranno essere coinvolte arriveranno dai settori più disparati. A parte le opere civili e la tecnologia nucleare vera e propria, opere e forniture riguarderanno componenti meccanici, elettronici, elettrotecnici, apparati elettrici, sistemi informatici di gestione e controllo, e così via. Insomma la torta è interessante e a quanto sembra c’è spazio per tutti, purché in possesso delle caratteristiche necessarie (sicurezza, certificazioni, specifiche delle produzioni, ecc.).

I 4 impianti Enel verranno costruiti con tecnologia francese e saranno di terza generazione Epr (European pressurized reactor) da 1.600 megawatt ciascuno. Il governo punta a posare la prima pietra entro la fine della legislatura per poi avere il primo impianto entro dieci anni.

Fonte: Affari italiani

lunedì 18 gennaio 2010

Il nucleare italiano

In Italia, il nucleare già c'è. Così l'impegno del governo per avviare 4 impianti (quelle previste dall'unico operatore al momento in campo, Enel che ha stretto una alleanza con la francese Edf) entro il 2020 può trasformarsi in un appuntamento di business per l'intero sistema Italia. Strano a dirsi, infatti, ma in un Paese che ha abbandonato l'atomo nel 1987 ci sono oltre 150 imprese, che costruiscono parti ad altissimo contenuto tecnologico per i reattori nucleari di terza generazione avanzata. Non solo. Sono oltre 3.500, a oggi, i dipendenti delle stesse imprese con curriculum professionali specializzati in materia nucleare.
L'avvio del programma italiano aumenterà la richiesta di manodopera nel comparto. L'identikit dell'eccellenza italiana è costruito su un nucleo di aziende concentrato in larga parte nel Nord Italia. È la Lombardia a fare la parte del leone.

Un esempio dell'avanguardia raggiunta dall'industria tricolore è dato dal caso della Tectubi Raccordi. Installata a Podenzano, paesino in provincia di Piacenza, e nata nel 1954, opera in tre cantieri nucleari: Francia, Finlandia e Cina. Nel 2009 ha ottenuto il premio per l'innovazione assegnato da Ernst&Young, che l'ha valutata azienda dell'anno. Insomma un complesso industriale-nucleare scelto a livello internazionale dai grandi committenti, e che si ritroverà Roma martedì, 19 gennaio a Viale dell'Astronomia. L'occasione è infatti la giornata organizzata da Confindustria ed Enel per presentare alle imprese italiane, potenzialmente interessate alla filiera del nucleare, le informazioni utili per intraprendere il percorso di qualificazione per operare nel settore. E approfittare del progetto di Enel per riportare il nucleare in Italia che revede investimenti tra i 16 e i 18 miliardi di euro con ricadute nel contesto economico e occupazionale italiano.

Le aziende che hanno aderito sono tante. Finora oltre 400. Un segnale dell'interesse e della motivazione degli imprenditori italiani. Le cifre in gioco giustificano l'entusiasmo. Il 70% dei lavori di costruzione di una centrale nucleare può essere realizzato da imprese italiane: ingegneria, meccanica, elettronica ed elettrotecnica, montaggi, opere civili. Le quattro centrali in programma costano 4,5 miliardi l'una con un investimento di 18 miliardi. Ebbene 12 di questi possono restare alle imprese italiane. Di questi tempi la torta è allettante.

Da Iltempo.ilsole24ore

venerdì 15 gennaio 2010

I siti italiani per le centrali nucleari

Oggi ho letto due articoli che offrono spunti molto interessanti. Il primo è pubblicato su Newclear, di seguito riporto un estratto ma vale la pena di leggerlo tutto. Il secondo proviene da Chicago Blog circa la presunta lista (che non c'è ancora) dei siti italiani che dovrebbero ospitare le centrali nucleari.

Siamo a fine novembre e riesplode il dibattito sulle centrali nucleari. I Verdi diffondono la presunta lista dei siti individuati dall’Enel, sganciando una bomba sulle prossime elezioni regionali. Non ci vuole la sfera di cristallo per prevedere che i posti prescelti vedranno in azione gli oppositori del nucleare prima ancora di ingegneri e tecnici. Colpa dell’effetto Nimby (Not In My Back Yard) delle comunità locali, ma anche dell’effetto Banana (Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anybody) delle forze politiche e sociali che si oppongono all’atomo sempre e ovunque.

La scelta dei siti non spetta al governo. Prima di tutto, dovrà insediarsi l’Agenzia di sicurezza nucleare (i cui componenti non sono ancora stati nominati). Poi, l’agenzia dovrà definire i criteri per la localizzazione, che saranno criteri “ad excludendum”, cioè – come per tutti gli insediamenti industriali - spiegheranno quali condizioni (densità abitativa, esposizione al rischio sismico o idrogeologico, disponibilità idrica, ecc.) impediranno la realizzazione di un impianto. Quando i criteri saranno recepiti dal governo, il pallino passerà nelle mani delle imprese (o cordate) interessate. Quindi, sono due i motivi per cui Vito non potrà dare soddisfazione a Realacci (e Realacci non potrà usare la risposta in campagna elettorale, se non facendone un uso strumentale):
Il governo non sa – anche perché non ne ha le competenze tecniche – in che modo la costituenda Agenzia integrerà le norme internazionali, e quindi non è in grado di conoscere a priori le aree in cui le centrali potranno essere teoricamente installate;

Anche quando lo saprà, questa informazione non sarà sufficiente a dire dove (e quante) centrali saranno aperte (meglio: per quante centrali verrà avviato l’iter autorizzativo), poiché questa scelta spetta alle aziende che, giustamente, hanno tracciato un robusto perimetro difensivo attorno alle proprie strategie (anche nella misura in cui hanno cominciato a pensare ai siti, facendosi delle idee di massima).
In sostanza, non solo il governo, ma nessuno al momento può sapere – al di là di qualche vaga idea – dove verranno proposti gli impianti nucleari. Questo il ministro risponderà, perché solo questo può rispondere. Se poi vorrà dilungarsi su altri aspetti, evidenzierà almeno due punti. Primo: il nucleare non può, per legge, entrare in conflitto con le fonti verdi, in quanto (a) queste ultime non si prestano a coprire il carico di base, che è quello per cui una fonte rigida e capital-intensive come l’atomo è perfetta; e (b) comunque per le rinnovabili il nostro paese deve raggiungere gli obiettivi fissati dal pacchetto clima dell’Ue, i quali sono del tutto indipendenti dalle scelte strategiche, economiche e finanziarie compiute in relazione alla restante quota di consumo energetico. Quanto all’economicità del nucleare, forse Vito ribadirà la convinzione (ragionevole) del nucleare che esso possa aiutare a riequilibrare il nostro mix: ma, soprattutto, dovrebbe dire a Realacci che non è un problema suo (di Realacci) né suo (di Vito e del governo, se non in quanto azionista dell’Enel), ma semmai delle aziende interessate a investire su questa tecnologia. Se siete nuclearisti, compratene le azioni. Se non lo siete, vendetele.

giovedì 14 gennaio 2010

Viviamo immersi in un bagno di radioattività...

Qualche osservazione sull'articolo a firma di Bottaccioli pubblicato su Repubblica qualche giorno fa. A seguito dello studio del BsF, al quale si riferisce l'analisi del giornalista, il Ministero dell’Ambiente tedesco ha commissionato uno studio di verifica alla Commissione nazionale di Protezione Radiologica, la quale è stata categorica nell'affermare che non esiste alcuna evidenza su quanto affermato nello studio BfS. Tant'è che il Governo tedesco si è guardato bene dallo sgombrare bambini d'intorno alle centrali. Ha invece fatto quello che tutti gli chiedevano di fare. Cioè niente, a parte confermare la fiducia nella sicurezza delle centrali, di cui ha recentemente allungato di altri 20 la vita. Così come lo spagnolo Zapatero che ha preso una misura identica, od Obama e Gordon Brown che addirittura stanno promuovendo nuovi impianti.

In Italia non ci sono centrali nucleari, eppure è noto che il tasso di tumori e leucemie infantili sia da noi superiore a quello di tutti gli altri Paesi industrializzati. Una percentuale molto superiore alla media di Francia, Germania, Gran Bretagna, Svezia e Spagna, che il nucleare ce l'hanno in casa. Come mai la vita media dei francesi e dei giapponesi è allineata a quella di tutti i paesi OCSE? E come mai gli operai(e) delle centrali nucleari francesi e giapponesi hanno una vita media pari a quella di tutti i francesi e giapponesi?

Lo studio tedesco citato da Bottaccioli

Lo studio che lo smentisce

E sempre sulla radioattività ...
Viviamo immersi in un bagno di radioattività, anche se a dosi basse che variano a luogo a luogo. In India o in Brasile, la radioattività di base è dieci volte superiore a quella media italiana. In Italia la dose di radioattività naturale a cui è sottoposto annualmente ciascun individuo è pari all’incirca alla dose associata a una radiografia del torace moltiplicata per venti. Anche se non tutti se la passano allo stesso modo: Roma ha una radioattività doppia rispetto a Milano. Viterbo è tra le zone a più alta radioattività naturale.

La situazione poi volge al paradossale quando si legge della curiosa vicenda riportata da Piero Angela nel suo libro “La sfida del secolo” e accaduto in occasione delle riprese di una puntata speciale di Super Quark su Chernobyl.
“Per sicurezza tutta la troupe è stata dotata di un dosimetro, cioè un apparecchio in grado di misurare le radiazioni assorbite. Poiché per le riprese dello Speciale dovevamo entrare nella zona interdetta, cioè entro i 30 chilometri dalla centrale, ci è sembrata una precauzione necessaria . infatti, non solo abbiamo visitato e girato, la cittadina fantasma di Pripjat, la più vicina alla centrale, ma ci siamo anche avvicinati a meno di 100 metri dal “sarcofago”, dove sono rinchiuse le rovine radioattive del disastro nucleare. Ebbene, prima di partire, il direttore della fotografia, oltre al dosimetro da portare addosso , se ne era fatto consegnare un altro che aveva lasciato nella sua abitazione a Roma. Sorpresa. Quando al ritorno siamo andati a leggere i dosimetri, quello rimasto a Roma aveva registrato una dose di radiazioni maggiore di quelli che avevamo indossato per tutto il viaggio nella zona interdetta e nella visita alla centrale di Chernobyl. Almeno nella nostra esperienza, vivere a Roma comporta una dose di radiazioni più alta di quella assorbita nella zona intorno a Chernobyl.”

mercoledì 13 gennaio 2010

Eppure in Europa fanno quasi a gara per avere le centrali

Sul giornale La Provincia di Como leggo un intervento molto interessante di Carlo Sidoli, ingegnere e giornalista specializzato, che riporto di seguito.
Vale la pena riflettere sul fatto che l'Italia è un Paese che oggi come oggi "funziona" ad energia nucleare perché il 20% circa della corrente che utilizziamo è prodotta da centrali nucleari, molto vicine ai nostri confini.
Quindi il referendum dell'87 non ci ha liberato né può liberarci dai "pericoli" del nucleare (che sono due: ipotetiche emanazioni ed effettiva produzione di scorie radioattive). Esso li ha solo allontanati in modo insignificante dal suolo patrio danneggiandoci però in modo determinante sul piano decisionale perché non siamo nella "stanza dei bottoni" e quindi potremmo subire l'arma del ricatto energetico, che già subiamo (tutti abbiamo avuto modo di accorgercene) dai Paesi produttori di petrolio e metano.

Le emissioni
Produrre, come fa l'Italia, il 50% circa dell'energia tramite centrali termiche ci costa e ci costerà moltissimo sul piano della riduzione delle emissioni atmosferiche inquinanti: oltre 200 Euro all'anno per abitante contro i 3 Euro/anno della Germania (che va di nucleare al 33 %, come la media europea) e contro i 2 Euro/anno circa della Francia, che con la sua sessantina di reattori va di nucleare all'80% circa.

Questo se vogliamo rispettare il protocollo di Kyoto. In definitiva, proprio per non addentrarci troppo nello specifico tecnico, basti dire che, oggi come oggi, 8 centrali nucleari "tipo Caorso" lavorano esclusivamente per l'Italia qui vicino, a due passi da casa; nel frattempo paghiamo l'energia elettrica il 60% in più del costo medio europeo e il doppio della Francia. I Comuni che hanno sul proprio territorio una centrale nucleare godono di alcuni importanti vantaggi di tipo economico e paesaggistico. Credo che sia facilmente negoziabile ed ottenibile la fornitura elettrica gratuita, il teleriscaldamento, l'acqua calda sanitaria gratuita. Attorno alla centrale sorgerebbe un autentico parco naturale di rispetto ambientale. Le attività di manutenzione e controllo del territorio darebbero lavoro a molte persone

I controlli
Paradossalmente la centrale nucleare è il luogo più controllato sullo stato di salute dell'aria e più tecnologicamente avanzato del Paese. Quando avvenne in Unione Sovietica il "l'incidente Cernobyl" se ne accorsero in Svezia proprio vicino alle loro centrali nucleari perché era lì dove in controlli erano sempre all'erta. Fare i "denuclearizzati" è una scelta rispettabilissima a patto di illustrare le cose obiettivamente sapendo le spese collegate e cosa si addossa sulle spalle dei cittadini, magari i più poveri e i senza lavoro. Non desta meraviglia che per l'allocazione in Normandia di una nuova centrale nucleare, tre Comuni abbiano concorso per aggiudicarsela. Sono certo che alcuni ambientalisti, categoria alla quale mi sento di appartenere, protesteranno per quanto sto per dire. Il geologo ha ritenuto inopportuno un sito nucleare in una zona quale sarebbe il Pian di Spagna preferendo il Mantovano? Peccato, avremo gli stessi ipotetici rischi e nessun vantaggio.

I costi
Il nucleare costa troppo? Strano, la Francia ci guadagna ed è ormai provato, con ben oltre 400 impianti nel mondo, che una centrale "rende" a fine vita (presumibilmente una ventina di anni) almeno 80 volte il capitale energetico investito, cioè costi quello che costi si ripaga in pochi mesi e non "in tempi lunghissimi" e i conti si fanno alla fine, non all'inizio altrimenti non avremmo mai realizzato nemmeno l'"elettroidraulico" (hanno idea di cosa costi una diga?) di cui è ricca la Valtellina.

martedì 12 gennaio 2010

Bilancio 2009: due reattori in meno, ma aumenta la capacità

Il 2009 si è concluso con l’entrata di funzione di due reattori nucleari e la chiusura di quattro. Ma nell’anno appena finito sono iniziati i lavori di altri 12 reattori: 10 in Cina, uno in Russia e uno nella Corea del Sud. Sale così a 54 il totale dei reattori in costruzione nel mondo, facendo prevedere un notevole aumento del numero dei reattori in attività nei prossimi anni. Lo riferisce un bilancio del 2009 per quanto riguarda l’energia nucleare, pubblicato dal sito World Nuclear News.

Inoltre è aumentata la capacità di diversi altri reattori già esistenti nel mondo: in totale, alla fine del 2009 la capacità nucleare globale è aumentato di 746 Megawatt elettrici, passando da 371.927 a 372.671 Megawatt elettrici.

I due reattori entrati in funzione sono il Tomari 3 in Giappone, da 866 Megawatt elettrici, e il Rajasthan 5 in India, da 220 Megawatt elettrici, entrambi collegati alle rispettive reti elettriche nel mese di dicembre. I quattro reattori chiusi sono i primi due reattori della centrale giapponese di Hamaoka (fermi da tempo), il Phenix, prototipo di reattore rapido francese che produceva 223 Megawatt elettrici e l’Ignalina 2 in Lituania, che produceva 1185 Megawatt elettrici ma è stato chiuso nell’ambito degli accordi sottoscritti dalla Lituania per entrare nell’Unione Europea.

lunedì 11 gennaio 2010

Più integrata la sicurezza nucleare in Europa

L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA), in collaborazione con la Commissione Europea, ha raggiunto un accordo per una maggiore integrazione della sicurezza nucleare a livello europeo.

Questa intesa riguarda tutti i Paesi europei con attività nucleari, esclusi Regno Unito e Francia (che hanno uno status particolare in base al Trattato di non proliferazione): Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Germania, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia.

«Questo passo importante è il risultato di un impegno comune da parte di tutti i soggetti coinvolti», ha dichiarato Andris Piebalgs, commissario all’energia della Commissione Europea.
«In questo modo la IAEA potrà applicare a ogni Paese misure meno restrittive e più tagliate sui singoli casi particolari. Si potranno così ridurre le ispezioni e i relativi costi», ha commentato Olli Heinonen, vicedirettore generale dell’IAEA e capo del Dipartimento della Protezione.

Il commissario Piebalgs si era già espresso sul tema del nucleare, affermando che “...l'opzione nucleare deve rimanere “aperta” per tutti quegli Stati che vogliono produrre o consumare questo tipo di energia. Ci sono tredici Stati membri che producono energia nucleare e sono ancora di più quelli che la utilizzano”, ha osservato. Secondo alcune stime citate dallo stesso Commissario Ue, il nucleare soddisfa oggi il 32% della domanda di elettricità nel territorio europeo. Inoltre, questa fonte di energia, non produce gas nocivi e - come spiega il Libro Verde - è al momento la forma più diffusa di energia pulita (carbon free) presente in Europa."

giovedì 7 gennaio 2010

Quando le fonti rinnovabili non bastano


Le energie rinnovabili, estremamente necessarie e il cui contributo è auspicato aumentare considerevolmente, non potranno però essere sufficienti da sole a far fronte ai nuovi bisogni energetici.
Come è noto, solare e eolico hanno per loro natura una disponibilità discontinua: sole e vento non sono sempre presenti durante giorno e notte, 7 giorni su 7. Tali tecnologie possono dunque essere sfruttate per far fronte ai fabbisogni energetici nei momenti di maggior richiesta nell’arco della giornata ma non per soddisfare le continue necessità di base di energia di un Paese. L’approvvigionamento energetico di un Paese non può dunque essere subordinato alle variazioni climatiche.
Basti pensare che per produrre la stessa quantità di energia prodotta da una centrale nucleare in un anno, sarebbe necessario istallare 15000 ettari di pannelli fotovoltaici (corrispondente a 1 volta e mezzo il lago di Como o 30'000 campi di calcio).


Quante sono le risorse energetiche del pianeta?

Nonostante le varie previsioni disponibili non convergano, è importante notare che, in base alle informazioni contenute nel British Petroleum Statistical Review 2008 ed alle informazioni contenute nel World Energy Outlook 2008 della International Energy Agency, il rapporto tra riserve accertate e recuperabili e la produzione della fonte energetica considerata (ipotizzando livelli di produzione futuri costanti e pari a quelli attuali) è pari a:

GAS: circa 60 anni (~177.000 miliardi di m3)
Petrolio: circa 42 anni (~1.230 miliardi di barili)
Carbone: circa 164 anni (~ 900 miliardi di tonnellate)

Per l’uranio invece, considerando le sole riserve già identificate, sono ancora disponibili riserve per circa 5,5 milioni di tonnellate equivalenti a 100 anni di produzione elettrica ai tassi attuali .
Considerando le cosiddette riserve convenzionali, che includono sia le risorse già identificate che quelle stimate sulla base delle attuali conoscenze tecnico-ingegneristiche, si raggiungono circa 16 milioni di tonnellate di riserve equivalenti a circa 290 anni di produzione elettrica ai tassi attuali.

lunedì 4 gennaio 2010

Deposito di scorie canadese: concluse le consultazioni popolari


Si sono concluse a fine dicembre le consultazioni popolari per stabilire il sito dove sorgerà il deposito a lungo termine delle scorie nucleari canadesi. Lo riporta il numero di dicembre del periodico on-line della Nuclear Waste Management Organization NWMO canadese, NWMO news, pubblicato il 23 dicembre.

L’NWMO infatti aveva deciso nel maggio 2009 di procedere alla scelta della località più adatta secondo un approccio partecipativo, consigliato da molti esperti di comunicazione. Questo tipo di approccio, scelto anche dal governo britannico, consiste nel coinvolgere fin dall’inizio la popolazione nelle scelte riguardanti il nucleare, arrivare a decisioni condivise fra autorità, esperti e residenti, evitare manifestazioni di protesta e finalmente arrivare alla scelta più indicata da tutti i punti di vista.

Nell’ambito di questo percorso, l’NWMO ha condotto 2600 interviste telefoniche e ha organizzato fra l’estate e l’autunno 25 sessioni informative nelle quattro province coinvolte nel nucleare (Saskatchewan, Ontario, Québec e New Brunswick, alle quali potrebbe aggiungersi presto anche l’Alberta). In questi incontri il pubblico ha posto domande agli esperti dell’NWMO, espresso dubbi e suggerimenti. Secondo l’NMWO, in ognuna delle sessioni sono emerse proposte utili, e in generale l’approccio partecipativo è stato apprezzato dalla popolazione.

Ora l’NWMO sta esaminando tutte le proposte che ha ricevuto; entro il 2010 sarà pubblicato un documento con i risultati delle consultazioni.