martedì 31 agosto 2010

Non “sì o no”, ma “cosa e come”

È chiamato "il dibattito mancante": tutti discutono se il nucleare sia buono o cattivo, ma si parla poco, almeno a livello di opinione pubblica, dei vantaggi e degli svantaggi dei vari metodi di produzione dell'energia nucleare. Questa evidente sproporzione è il tema di un articolo pubblicato sul New York Times da Behnam Taebi, esperto di etica ed energia nucleare dell'università olandese di Delft.

Secondo Taebi il punto più importante è la gestione è il legame fra le diverse tecniche nucleari e le scorie prodotte. Il punto su cui bisognerebbe focalizzare il dibattito è la differenza fra i cicli del combustibile. Nel ciclo "aperto", scelto per esempio dagli Stati Uniti, le scorie vengono stoccate appena dopo l'uso, mentre nel ciclo "chiuso", adottato fra gli altri da Francia, Regno Unito, Giappone e Russia, il combustibile esaurito viene riprocessato e in parte reimmesso nel ciclo. Il principale lato positivo del riciclo, secondo Taebi, è il tempo di durata della radioattività: 10.000 anni contro 200.000. Il lato negativo, a parte i costi, è il rischio di proliferazione: la soluzione più immediata a questo problema, citata da Taebi, è il controllo internazionale sul processo di riciclo, come avviene in Europa e come hanno deciso di fare gli Emirati Arabi Uniti in base a un accordo con gli Stati Uniti e l'Iran con la Russia.

La soluzione più promettente prospettata da Taebi è però un'altra: lo sviluppo dei "reattori veloci", che con sistemi di riciclo multipli potranno ridurre il tempo di radioattività delle scorie a poche centinaia di anni: dal punto di vista della «giustizia intergenerazionale» è la via preferibile moralmente oltre che tecnicamente.

Questi progressi, che richiederanno ancora qualche decennio, per Taebi sono comunque l'argomento cruciale per spostare il dibattito nucleare sul punto veramente importante: non sì o no, ma cosa e come.

Nuclear News

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