venerdì 15 gennaio 2010

I siti italiani per le centrali nucleari

Oggi ho letto due articoli che offrono spunti molto interessanti. Il primo è pubblicato su Newclear, di seguito riporto un estratto ma vale la pena di leggerlo tutto. Il secondo proviene da Chicago Blog circa la presunta lista (che non c'è ancora) dei siti italiani che dovrebbero ospitare le centrali nucleari.

Siamo a fine novembre e riesplode il dibattito sulle centrali nucleari. I Verdi diffondono la presunta lista dei siti individuati dall’Enel, sganciando una bomba sulle prossime elezioni regionali. Non ci vuole la sfera di cristallo per prevedere che i posti prescelti vedranno in azione gli oppositori del nucleare prima ancora di ingegneri e tecnici. Colpa dell’effetto Nimby (Not In My Back Yard) delle comunità locali, ma anche dell’effetto Banana (Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anybody) delle forze politiche e sociali che si oppongono all’atomo sempre e ovunque.

La scelta dei siti non spetta al governo. Prima di tutto, dovrà insediarsi l’Agenzia di sicurezza nucleare (i cui componenti non sono ancora stati nominati). Poi, l’agenzia dovrà definire i criteri per la localizzazione, che saranno criteri “ad excludendum”, cioè – come per tutti gli insediamenti industriali - spiegheranno quali condizioni (densità abitativa, esposizione al rischio sismico o idrogeologico, disponibilità idrica, ecc.) impediranno la realizzazione di un impianto. Quando i criteri saranno recepiti dal governo, il pallino passerà nelle mani delle imprese (o cordate) interessate. Quindi, sono due i motivi per cui Vito non potrà dare soddisfazione a Realacci (e Realacci non potrà usare la risposta in campagna elettorale, se non facendone un uso strumentale):
Il governo non sa – anche perché non ne ha le competenze tecniche – in che modo la costituenda Agenzia integrerà le norme internazionali, e quindi non è in grado di conoscere a priori le aree in cui le centrali potranno essere teoricamente installate;

Anche quando lo saprà, questa informazione non sarà sufficiente a dire dove (e quante) centrali saranno aperte (meglio: per quante centrali verrà avviato l’iter autorizzativo), poiché questa scelta spetta alle aziende che, giustamente, hanno tracciato un robusto perimetro difensivo attorno alle proprie strategie (anche nella misura in cui hanno cominciato a pensare ai siti, facendosi delle idee di massima).
In sostanza, non solo il governo, ma nessuno al momento può sapere – al di là di qualche vaga idea – dove verranno proposti gli impianti nucleari. Questo il ministro risponderà, perché solo questo può rispondere. Se poi vorrà dilungarsi su altri aspetti, evidenzierà almeno due punti. Primo: il nucleare non può, per legge, entrare in conflitto con le fonti verdi, in quanto (a) queste ultime non si prestano a coprire il carico di base, che è quello per cui una fonte rigida e capital-intensive come l’atomo è perfetta; e (b) comunque per le rinnovabili il nostro paese deve raggiungere gli obiettivi fissati dal pacchetto clima dell’Ue, i quali sono del tutto indipendenti dalle scelte strategiche, economiche e finanziarie compiute in relazione alla restante quota di consumo energetico. Quanto all’economicità del nucleare, forse Vito ribadirà la convinzione (ragionevole) del nucleare che esso possa aiutare a riequilibrare il nostro mix: ma, soprattutto, dovrebbe dire a Realacci che non è un problema suo (di Realacci) né suo (di Vito e del governo, se non in quanto azionista dell’Enel), ma semmai delle aziende interessate a investire su questa tecnologia. Se siete nuclearisti, compratene le azioni. Se non lo siete, vendetele.

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