mercoledì 20 gennaio 2010

La logica antinuclearista di greenpeace

Ieri gli attivisti italiani di Greenpeace hanno srotolato sulla facciata del Palazzo della Civiltà all’Eur uno striscione di 300 metri con la scritta “Stop alla follia del nucleare”, ribadendo il loro no all’energia nucleare a prescindere; un paio di mesi fa, i loro colleghi inglesi hanno dimostrato maggiore coraggio e pragmatismo salendo in cima al Big Ben per sventolare una bandiera con un appello ai politici “Per favore rubate le nostre politiche”.
L’azione spettacolare serviva a promuovere il manifesto di Greenpeace UK “12 policies to save the climate and our planet” rivolto ai governanti per sollecitarli all’azione. Il documento che elenca una serie di richieste e obiettivi, in sostanza promuove l’efficienza energetica e rinnovabili per una produzione low carbon energy (come del resto qualsiasi ambientalista responsabile farebbe) presenta però un aspetto interessante e di rottura rispetto alla tradizionale linea del movimento che si è sempre strenuamente opposto sia al nucleare che alla cattura e sequestro del carbonio.

Infatti, nel documento che pone tra gli altri, l’obiettivo di arrivare entro il 2030 zero emissioni dalla generazione di elettricità, per la prima volta, nessuna specifica tecnologia energetica low-carbon è stata esplicitamente esclusa. Un’omissione di veto al nucleare è carica di significati, almeno sull’insorgere di confronti interni, anche se non è interpretabile come un cambiamento di orientamento degli attivisti inglesi. E men che mai della linea di Greenpeace Germania o Olanda, tra le frange più intransigenti dell’organizzazione sulla generazione elettrica da atomo. Ma le sfumature all’interno dell’ambientalismo contano eccome. “Curiosamente in Gran Bretagna all’interno di Friends of the Earth si è aperto un dibattito che porta il movimento a sostenere sempre con maggiore frequenza l’accettabilità del CCS mentre rimane solidamente ancorato all’antinuclearismo. Invece, Greenpeace UK si è momentaneamente acquietata sul nucleare mentre prosegue la sua avversione verso il CCS” fa notare Stephan Tindale, fino al 2005 direttore di Greenpeace UK dal quale è uscito proprio per divergenze di vedute sul nucleare.

Parola di un ex ambientalista

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