mercoledì 23 dicembre 2009

Che il nucleare abbia inizio

Ieri si è compiuto il primo passo per un rilancio concreto del nucleare in Italia: è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto legislativo sulla localizzazione nel territorio nazionale di impianti per la produzione di energia elettronucleare.
I 33 articoli del provvedimento confermano sostanzialmente le attese in tema di criteri per l’individuazione dei siti, compensazioni e tempistiche. La novità principale riguarda l’elaborazione, entro 3 mesi dall’entrata in vigore del decreto (prevista a febbraio), di un documento programmatico contenente una vera e propria “strategia nucleare”.

Considerato parte integrante della strategia energetica nazionale, questo documento verrà proposto dal MiSE (Ministero Sviluppo Economico) con il supporto della futura Agenzia per la sicurezza nucleare e conterrà tutti gli obiettivi strategici del Governo: dalla sicurezza al combustibile nucleare, dalla realizzazione degli impianti alle compensazioni, fino alle alleanze internazionali.

Da sottolineare che il documento sulla “strategia nucleare” conterrà anche le procedure per la costruzione, l’esercizio e la disattivazione degli impianti, nonché i requisiti soggettivi che devono essere in possesso degli operatori, come pure le sanzioni applicabili in caso di violazione delle nuove norme. Questo a garanzia del fatto che le società e le imprese che si impegneranno nel nucleare non potranno in alcun modo agire secondo criteri o interessi di parte, ma dovranno operare seguendo precise indicazioni di interesse pubblico, avendo come criteri prioritari di azione la sicurezza, l’affidabilità e la trasparenza.

Del resto lo stesso Governo ha intenzione di procedere in modo trasparente e chiaro, visto che con il decreto legislativo prevede una preliminare valutazione del contributo dell’energia nucleare in termini di sicurezza, di diversificazione energetica, di riduzione delle emissioni di gas serra e di benefici economici e sociali. È evidente che sarebbe difficile proseguire con il piano di sviluppo del nucleare se queste valutazioni non dovessero essere pienamente soddisfacenti. Inoltre è anche previsto che i cittadini siano informati passo passo sulle mosse dell’esecutivo.

Questo dell’informazione è l’altro punto fondamentale e qualificante della “strategia nucleare” che si sta attuando. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo (per la cui approvazione è ora necessario il parere del Consiglio di stato, della Conferenza unificata Stato/Regioni e del Parlamento), verrà infatti varata una campagna d’informazione concertata tra MiSE, Minambiente e Ministero Trasporti, con il coinvolgimento, tra gli altri, della futura Agenzia per la sicurezza nucleare, dell’Autorità per l’Energia, di Ispra , Enea e Anci.

Si tratta di una azione indispensabile per la corretta gestione di un sistema complesso come indubbiamente è quello nucleare, ma anche per la sua accettabilità sociale. La gente ha infatti paura di quello che non conosce o non capisce. E non a caso tutti i sondaggi d’opinione confermano che il favore verso il nucleare è direttamente proporzionale al livello di conoscenza: più si sa e si è informati, più si è a favore.

In quest’ottica il tema delle compensazioni agli enti locali e cittadini, per quanto importante, dovrebbe quasi passare in secondo piano. È infatti previsto un beneficio annuale di 3 euro/MW (cioè circa 5 miliardi di euro per una centrale da 1.600 MW come quelle proposte da Enel) che si tramuterà in 0,4 €/MWh prodotto (cioè in circa 3 miliardi di euro l’anno per la stessa centrale da 1.600 MW) una volta che la centrale sia entrata in esercizio, di cui il 10% spetterà alle Province, il 55% ai Comuni interessati e il 35% a quelli limitrofi. Contributi che a livello locale possono dare una spinta determinante per lo sviluppo e la gestione del territorio.

Tuttavia, se pure è giusto compensare gli enti locali per l’occupazione del suolo e i vincoli che il nucleare impone, il beneficio che ne deriva non è locale, ma tangibile per l’intero Paese in termini di diversificazione delle fonti di energia, di maggiore sicurezza energetica e di riduzione della fattura energetica nazionale. In un Paese civile questi benefici dovrebbero andare al di la degli interessi locali, rendendo orgogliosi di poter contribuire in prima persona al bene pubblico e all’innovazione del Paese.

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