giovedì 10 dicembre 2009

"Perchè mi batto per il nucleare"

Oggi riporto un intervista a Marco Napolitano, professore ordinario di fisica generale presso la facoltà di scienze dell'università "Federico II" di Napoli. L'articolo si può leggere su denaro.it

Professore, è favorevole ad un ritorno al nucleare in Italia?
Lo sono sempre stato, anche al tempo del referendum: in un'ottica di diversificazione delle fonti energetiche. Un Paese saggio dovrebbe diversificare le fonti.

Com'è la situazione energetica italiana?
L'Italia importa quasi tutta l'energia elettrica di cui ha bisogno (circa il 78 per cento, ndr): importiamo da Francia, Slovenia e Svizzera dove sono presenti in totale circa 60 centrali nucleari, alcune molto vicine ai confini italiani. Il mix di produzione in Italia è sbilanciato verso le fonti più costose, gas naturale e petrolio, che sono anche in via di esaurimento. Il costo di generazione da carbone e nucleare è minore del 20 per cento rispetto a quello dei cicli combinati a gas.

Perché in Italia c'è questa forte opposizione al nucleare?
C'è un problema di accettazione del nucleare. Il nucleare colpisce negativamente l'immaginazione popolare. Si pensa subito alla bomba atomica o, peggio, al disastro di Chernobyl che è l'incidente più grave mai accaduto. Se si pensa però che nel mondo sono in funzione, da diversi decenni, poco meno di 500 centrali, è possibile affermare che la probabilità di incidenti ad impianti nucleari è molto bassa.

Qual è allora il problema?
Anche di conoscenza, mancano le necessarie informazioni su tale sistema di produzione energetica. C'è poi un problema politico. Spesso la politica preferisce non occuparsi di questa materia, considerandola una patata bollente da lasciare ad altri.

Come affrontare la questione legata alle scorie nucleari?
Ogni fonte energetica ha costi e svantaggi. La natura non dà nulla gratis. Sulla questione delle scorie radioattive, ovvero dello scarto di combustibile nucleare esausto (o spento) derivante dalla fissione nucleare, la soluzione scelta per l'Italia è quella del deposito geologico, ovvero dello stoccaggio in bunker sotterranei profondi e schermati in modo da evitare la fuoriuscita di radioattività nell'ambiente esterno.

Di quanti reattori ha bisogno l'Italia?
Basterebbero 4/5 impianti di terza generazione EPR (European Pressurized Reactor) – ad altissima sicurezza, progettati per rendere improbabili guasti tecnici o errori umani – per coprire almeno una parte del fabbisogno energetico nazionale. Si potrebbe partire con un 10 per cento di nucleare sul totale della produzione energetica italiana per poi allinearci alla media mondiale che si aggira intorno al 15 per cento.

Quanto ci vorrà per vedere in funzione la prima centrale italiana?
Un processo lungo dovuto all'accettazione dell'impianto da parte dell'opinione pubblica. Trovato il sito, accettato dalla popolazione, ci vogliono i vari permessi e la licenza integrata di costruzione ed esercizio (Col). Dopodichè devono partire i lavori delle infrastrutture connesse all'impianto come la rete elettrica che deve supportare la centrale.

Ha mai trovato nei suoi studenti degli oppositori accaniti?
No, devo dire di aver trovato sempre studenti molto interessati a saperne di più, ma senza preconcetti.

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