venerdì 4 dicembre 2009

Chi coglie l'atomo

Per uscire dalla dipendenza energetica dal gas, garantirsi una sicurezza negli approvvigionamenti dei combustibili che vada oltre delle incognite della geopolitica. Per disporre di energia elettrica a prezzi inferiori agli attuali, di gran lunga superiori alla media europea, nonché costanti nel medio-lungo periodo. Per contribuire alla diminuzione di emissioni di C02. E, infine, per utilizzare come volano economico un piano di investimenti che potrebbe valere 35 miliardi di euro, di cui il 70% potrebbe essere indirizzato nei confronti di maestranze, imprese e tecnologie italiane.
Sono queste le principali ragioni di chi, anche nel nostro paese, si è iscritto a quel movimento che è già stato battezzato come Rinascimento nucleare.
Un piano ambizioso, così come è stato definito dalla maggioranza degli osservatori, soprattutto per le croniche difficoltà a realizzare grandi opere pubbliche in Italia e per i possibili ostacoli che potrebbe incontrare il governo.

L'Italia dipende per oltre il 60% dall'energia termoelettrica alimentata dal gas e complessivamente per oltre 1'80% dagli idrocarburi. Una scelta che è comune al resto d'Europa, dove si consuma il 20% del gas mondiale e se ne produrre soltanto 1'8% (per altro nei giacimenti del mare del Nord che sono in via di esaurimento). Ma è l'Italia, in particolare, il paese che più di tutti all'interno dell'Eurozona dipende energeticamente dall'estero: per la precisione secondo i dati Eurostat del marzo scorso l'88,4% della sua produzione deriva da importazioni di combustibile. Ad analoghi livelli è soltanto la Spagna, la cui dipendenza estera raggiunge l'86,1%; molto più distante la Germania con una quota del 61,8%, mentre molto più autosufficienti sono la Francia (51,9%) e la Gran Bretagna (21,5%), contro una media che si aggira sul 60% La dipendenza ú fanno notare i fautori dell'atomo è minore là dove c'è un mix più completo tra le fonti, come in Francia e Gran Bretagna.

Nel complesso, le centrali nucleari contribuiscono alla produzione del 35% di energia in Europa e attorno al 15% nel mondo. Ma non è soltanto l'eccessiva dipendenza dal gas il problema dell'Italia. A rendere ancora più instabile la sua posizione è anche il fatto che il metano arriva nel nostro paese principalmente da soli tre paesi: Norvegia, Algeria e, soprattutto, dalla Russia. Già con l'inaugurazione del rigassificatore di Rovigo da parte di Edison a ottobre, l'Italia è riuscita a dotarsi di un secondo impianto per la lavorazione del gas liquefatto (dopo quello di La Spezia di propietà dell'Eni) per una capacità di 8 miliardi di metri cubi annui, provenienti dal Qatar, pari al 10% del fabbisogno nazionale.

C'è da dire che nell'ultimo anno il prezzo del greggio e di conseguenza del gas si è sensibilmente abbassato e ora si aggira tra i 75 e gli 80 dollari al barile. Un livello che dovrebbe mantenersi stabile a detta degli analisti di settore anche per i prossimi mesi, almeno fino a quando la ripresa dell'economia mondiale non si sarà stabilizzata. Un dato che si è riflesso sui prezzi dell'energia, come ha certificato anche l'Autorità dell'elettricità e del gas nella sua ultima relazione annuale. Ma è anche vero che per i prossimi anni, gli esperti prevedono che la domanda di energia salirà del 77%, soprattutto sotto la domanda dei paesi dove l'economia è in forte crescita, come Cina, India e Brasile. Di conseguenza, il timore è che i prezzi degli idrocarburi possano tornare a correre verso i 100 dollari. Se la soluzione sia per ridurre la dipendenza dall'estero sia per avere prezzi più competitivi arriverà dal rilancio del programma nucleare lo si vedrà presto. Il governo ha promesso che i cantieri apriranno entro la fine della legislatura nel 2013. Dopodiché i cantieri dureranno altri cinque anni. Andrà tutto come da programma?

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