venerdì 17 settembre 2010

L’Austria, il nucleare e Greenpeace

“Stop alla follia nucleare di Berlusconi”: con questo slogan circa una quarantina di attivisti di Greenpeace Italia e Austria hanno occupato i giorni scorsi l’ambasciata italiana a Vienna, in segno di protesta contro il programma nucleare del nostro Governo. Per l’associazione ambientalista, l’Austria sarebbe seriamente minacciata da ipotetici rischi legati alla presenza di centrali nel nord Italia. La richiesta è che l’Italia chiarisca il prima possibile i propri progetti e renda nota la localizzazione dei futuri impianti nucleari.

Durante la protesta si sono diffuse voci allarmanti, subito rimbalzate su molti siti ambientalisti: in caso di incidente nucleare nel nord Italia ci sarebbe addirittura il rischio di una nuova Chernobyl, con immediate ripercussioni anche in Austria. Il riferimento è principalmente alla città di Chioggia, indicata da molti come uno tra i possibili siti nucleari dell’Italia settentrionale, che si trova a soli 160 km dal confine austriaco. L’allarme lanciato dall’associazione ambientalista, da sempre in prima linea contro il nucleare, appare eccessivo e soprattutto non si fonda su solidi presupposti, per tutta una serie di motivi.

Innanzitutto l’Austria confina con altri Stati che hanno impianti nucleari funzionanti. Forse non vuole trovarsi nella situazioni in cui è l'Italia (sempre che già non ci sia..): infatti, a meno di 200 KM dai confini italiani ci sono 13 centrali nucleari. In caso di incidenti, dettati da errori umani come fu appunto quello di Chernobyl, noi subiremmo amare conseguenze. Senza però aver mai beneficiato dell’energia prodotta da questi impianti nucleari (eccetto averla comprata). Quindi sotto questo punto di vista non siamo mai usciti dal nucleare, ma ci siamo messi nelle condizioni di quelli che rifiutano i benefici ma subiscono in caso i danni!

Ma torniamo a Greenpeace e alle accuse di tenere nascosti i siti delle future centrali. Al momento non è stata ancora diffusa una “mappa” ufficiale delle future centrali nucleari, la cui definizione è stata affidata dal Governo all’Agenzia per la sicurezza nucleare, istituita dalla legge 99 del 23 luglio 2009 (cosiddetta “legge sviluppo”). Un ente che, di fatto, non esiste ancora e, di conseguenza, non può adottare nessuna deliberazione in merito, a dispetto delle accuse del portavoce della campagna per Greenpeace Italia Alessandro Gianni, che parla di “siti già determinati a porte chiuse”. Alla luce di tutto questo è chiaro che si tratta di una polemica ancora più priva di fondamento.

Allargando lo sguardo, anche il paragone con il disastro di Chernobyl sembra quantomeno azzardato: innanzitutto perché è ormai consolidata la tesi che attribuisce l’episodio a un errore umano, il che rende già di per sé questo incidente imparagonabile ad altri incidenti, passati o futuri. Poi perché gli impianti che nasceranno in Italia avranno standard di sicurezza ancora più elevati rispetto a quelli esistenti in altre nazioni, grazie alla tecnologia EPR, già adottata in Francia. Si tratta di una tecnologia con 4 sistemi di sicurezza ridondanti: i sistemi di salvaguardia, sono, cioè, replicati 4 volte per massimizzare la sicurezza.
Per evitare valutazioni affrettate sulla questione nucleare, quindi, la soluzione migliore sarebbe farsi un’idea sulla base di informazioni certe piuttosto che ragionare su semplici supposizioni.

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