lunedì 22 febbraio 2010

Da Obama la lezione nucleare

Dopo aver deluso i pacifisti e chi sognava la sanità pubblica, Obama rompe anche il grande tabù dei Verdi annunciando un piano nucleare da 8 miliardi di dollari. Il governo offrirà questa “garanzia” alle imprese che hanno vinto l’appalto per due nuove centrali atomiche in Georgia. “I nuovi impianti – ha detto il Presidente dalla sede del sindacato degli elettrici – ridurranno le emissioni di CO2 di 16 milioni di tonnellate ogni anno, il che equivale a togliere dalle strade tre milioni e mezzo di automobili”.

Con questa mossa, il Presidente ha ottenuto tre risultati contemporaneamente. Il primo è aver trasformato il nucleare in una parola d’ordine ambientalista, ripensando da sinistra a forme di energia non inquinanti. Il secondo è aver spazzato via la vulgata per cui nel mondo non si costruirebbero più centrali atomiche. Non è così perché siamo in piena new wave dell’atomo: Germania, Olanda, Scandinavia, tutte nazioni che hanno governi e opinioni pubbliche particolarmente attente e consapevoli dal punto di vista ambientalista, nei prossimi anni costruiranno nuove centrali o proseguiranno nei loro programmi precedenti. Lo Stato pioniere, la Francia, che ha fatto dell’atomo la sua principale fonte di energia, progetta 5 impianti e la Gran Bretagna e gli Usa (l’America di Bush e quella di Obama) fanno altrettanto.

C’è poi un terzo risultato che mostra l’abilità politica del Presidente: aver spiazzato i radicali del Partito Democratico è servito ad aumentare il suo consenso in pezzi non trascurabili dell’elettorato indipendente e repubblicano. Come ha fatto Obama a raggiungere questo risultato bipartisan? Esponendosi in prima persona senza farsi condizionare troppo dalle possibili reazioni dell’elettorato alla parola “nucleare”. Grazie a una visione chiara e una progettualità condivisa, visto che l’atomo può essere un ottimo oggetto di scambio con i governatori degli Stati americani e i politici delle comunità locali che ospiteranno le centrali, compresi i suoi avversari (commesse, compensazioni, pochi ma qualificati posti di lavoro, eccetera).

Noi che il nucleare ancora non l’abbiamo dovremmo prendere esempio da quello che è accaduto in America. Non è un discorso che riguarda i Verdi e gli ambientalisti di casa nostra, che se si parla di nucleare paiono francamente irrecuperabili a qualsivoglia forma di dialogo con il governo. Ci rivolgiamo invece a quella parte della classe politica che ha deciso di (ri)lanciare questo progetto. Nel nostro Paese continuiamo a vivere con lo spettro di Chernobyl e a pensare che il mondo possa fare a meno del nucleare. Così anche la nostra classe politica, quella favorevole alle nuove politiche del governo, teme che l’elettorato possa reagire malamente alle centrali – come dimostra la campagna elettorale per le regionali, con Vendola e la Bonino che ripropongono le loro nostalgiche ma ancora propizie battaglie giovanili, senza trovarsi di fronte avversari pronti a sventolare con la stessa chiarezza la bandiera del nucleare, bensì dicendo “sì ma non a casa mia”.

Proceda, allora, il ministro Scajola, nell’accelerazione dei tempi per la costituzione della Agenzia per la sicurezza nucleare – tassello fondamentale – confrontandosi apertamente con la società italiana, che non è detto sia pregiudizialmente contraria alla ripresa dell’atomo.

Fonte L'Occidentale

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