giovedì 4 febbraio 2010

Made in Italy di qualità anche per il nucleare – episodio 1

Nell’immaginifico valzer delle ragioni antinucleari, quella che va di moda in questi giorni afferma che realizzare nuove centrali qui in Italia non converrebbe, perché la nostra industria non ha sufficiente esperienza e dunque finirebbe che a guadagnarci sarebbero solo le imprese francesi.

Che è un modo di ragionare di cui ancora una volta viene gratificato solo il nucleare. Naturalmente il discorso non vale per autovetture o apparati elettronici che sono assemblati fino all’ultima vite all’estero; vale invece per le centrali nucleari che dovranno essere interamente costruite, mattone su mattone, in Italia.

Vediamo allora qual è la suddivisione dei compiti e il livello di competenze necessari per partecipare alla realizzazione di una centrale elettronucleare.
Il problema deriva dal fatto che per un’opera altamente specializzata come una centrale, la realizzazione della parte più critica (in questo caso la cosiddetta “isola nucleare”) se la riserva il progettista (Areva) che poi ne deve garantire l’affidabilità. Siccome per una centrale nucleare EPR da 1.600 MW, come quelle proposte da Enel, circa il 50% dei costi complessivi di realizzazione dell’impianto sono imputabili appunto all’isola nucleare, ne deriverebbe che le industrie italiane potrebbero spartirsi solo il rimanente 50%. Troppo poco, obiettano gli oppositori, anche se questo 50% è pur sempre una fetta da oltre 2 miliardi di euro.

In realtà questo modo di ragionare è sbagliato. È vero che circa il 50% dei costi sono attribuibili all’isola nucleare, ma questa non è fatta solo del reattore vero e proprio. È fatta anche di scavi e movimentazione di materiale, di muri e carpenteria metallica, di cemento e materiali vari, di apparati di controllo e sistemi informatici, e anche del sudore di alcune migliaia di persone. Per questo motivo l’AD di Enel può tranquillamente dire che la quota di commesse riservate ad Areva e altre imprese estere è del 30% al massimo, mentre oltre il 70% delle commesse resterà in Italia.

Nessun commento:

Posta un commento