lunedì 15 febbraio 2010

Il nucleare non danneggia la salute. Parola di Umberto Veronesi

Il nucleare non fa male alla salute. A dirlo è uno dei più famosi scienziati italiani, Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo di Oncologia.

In un articolo apparso sul numero di febbraio del mensile indipendente Le Formiche, Veronesi analizza i rischi del ritorno del nucleare in Italia, iniziando dal suo campo più specifico: «Il rischio cancerogeno dell’energia nucleare con i moderni reattori è di fatto vicino allo zero». Anzi: «Complessivamente i rischi dell’industria nucleare moderna sono molto inferiori a quelli di altre attività industriali, in particolare quella dei trasporti».

Secondo Veronesi la contrarietà di molti italiani al nucleare è legata al ricordo dell’incidente di Cernobyl, che però «era un impianto obsoleto e carente di sistemi di sicurezza», molto diverso dalle centrali attualmente in costruzione. Un problema più reale è quello della gestione delle scorie radioattive, sulla cui soluzione comunque Veronesi è molto fiducioso: «sono state messe a punto tecniche di stoccaggio ad altissima sicurezza; vengono trattate per renderle inerti e quanto rimane viene sotterrato a una profondità di 600 o 800 metri, in luoghi geologicamente stabili, o conservato in blocchi di cemento e vetro all’interno di depositi isolati».

Veronesi è convinto che l’Italia debba puntare sul nucleare e sulle fonti di energia rinnovabili, ma fa una precisazione: per le rinnovabili «ancora non abbiamo le tecnologie che ne rendano accessibili i costi di trasformazione, e resta ancora molto da investire in ricerca tecnologica».

Invece il nucleare è conveniente anche economicamente. Veronesi cita uno studio patrocinato dalla Commissione europea svolto in collaborazione con il Dipartimento per l’energia degli Stati Uniti, secondo cui l’energia nucleare è economicamente competitiva: «È vero che per costruire un reattore nucleare occorre un notevole investimento, tuttavia, una volta ultimato, può funzionare per 40 anni e più a un costo di esercizio minimo. Il prezzo del combustibile nucleare infatti è molto inferiore al prezzo per chilowattora di energia elettrica».

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