mercoledì 22 settembre 2010

Il Friuli chiede una centrale nucleare

Vorrei commentare un articolo postato sul sito il gazzettino.it in cui gli industriali friulani chiedono di costruire una centrale nucleare nella loro regione, qualora all’Italia non fosse permesso di partecipare alla costruzione del reattore di Krsko, in Slovenia. Già a marzo, si era parlato qui del "No" della Slovenia agli investimenti italiani a Krsko (così gli italiani continuano a comprare energia elettrica a caro prezzo dalla Slovenia, avendo comunque una centrale nucleare a 130 km dal confine).

Quindi ora, il presidente regionale di Confindustria Alessandro Calligaris ha dichiarato, in occasione di un incontro con il presidente della Regione Renzo Tondo, la possibilità di ospitare una centrale in Friuli se dovesse saltare l'accordo con la Slovenia. Il motivo è poter garantire la sostenibilità industriale regionale, in modo da non dover andare in sofferenza e proseguire sulla strada dello sviluppo e del rilancio economico. Ma non solo di industria e di aziende si è parlato. E non solo di centrali da mettere in piedi. Si è parlato anche della costruzione di elettrodotti, altrettanto necessari per poter veicolare l’attuale disponibilità energetica, oltre a quella del prossimo futuro.

Si è poi anche affrontato il problema occupazionale, di come attuare (cito testualmente) la riconversione e ricollocazione per i 9mila lavoratori in mobilità, la gestione del credito a sostegno dei livelli occupazionali. Le posizioni del governatore sono state di disponibilità verso le infrastrutture di conduzione e di attesa riguardo alla centrale di Krsko, verso cui si nutre ancora la speranza di poter partecipare. Poi, naturalmente, si vedrà. Quello che ritengo importante è la richiesta di una parte del nostro paese, di una parte della nostra economia in quanto parte dell’industria; e questa richiesta va in direzione di un ragionevole, ma irrinunciabile progresso. Ritengo importante notare che non si tratta di aziende che vivono ‘di’ nucleare, cioè che ci lavorano, bensì di realtà industriali a cui il nucleare occorre ‘per’ vivere; per continuare a produrre; per continuare a dare lavoro; il che significa, si capisce, anche dare un contributo sociale e occupazionale. Ma un caso del genere non è la classica stonatura in un coro: anche in Piemonte si è verificata una richiesta simile. È così irragionevole chiedere di non fermare il progresso?

1 commento:

  1. Volevo sottolineare una parte del tuo intervento: "Importante notare che non si tratta di aziende che vivono ‘di’ nucleare, cioè che ci lavorano, bensì di realtà industriali a cui il nucleare occorre ‘per’ vivere; per continuare a produrre; per continuare a dare lavoro; il che significa, si capisce, anche dare un contributo sociale e occupazionale”. Sono d’accordo con quello che hai scritto, credo che bisognerebbe dare più importanza a questo aspetto legato allo sviluppo del nucleare. Il nucleare contribuirà a portare lavoro e quindi ricchezza. Certo, non è tutto oro quel che luccica ed è chiaro che tutto questo comporterà dei costi non indifferenti, ma nessuno investe su qualcosa se non pensa che possa portare dei vantaggi.

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