giovedì 7 ottobre 2010

Il problema delle scorie? Senza centrali, diventa urgente

È giusto preoccuparsi per la gestione delle scorie radioattive, ma molti pensano che il problema si presenterà con la costruzione delle nove centrali. E invece è vero il contrario: non solo abbiamo scorie da smaltire indipendentemente dal ritorno al nucleare, ma anzi è proprio la chiusura dei vecchi reattori italiani ad aver reso il problema più urgente e di difficile soluzione.

Il perché lo spiega Umberto Minopoli con un articolo sul Riformista: le scorie radioattive non vengono prodotte solo dalle centrali nucleari, ma da varie altre attività umane. Per esempio i reattori sperimentali usati nelle università e nei centri di ricerca, o gli ospedali e le strutture sanitarie in generale, dove vengono utilizzati isotopi per la diagnosi e la cura delle malattie.

Come spiega Minopoli, «laddove le centrali sono operative il problema esiste lo stesso, ovviamente, ma quantitativamente e qualitativamente diverso: meno impellente e meno stringente». In attesa di una soluzione definitiva, infatti, la maggior parte delle scorie in tutto il mondo viene custodita in depositi temporanei allestiti proprio nelle centrali.

Inoltre, aggiunge Minopoli, proprio lo smantellamento delle vecchie centrali italiane «ha aumentato in modo esponenziale la dimensione quantitativa delle scorie: dei 100.000 metri cubi di scorie che occorrerà mettere a deposito in Italia, 70.000 derivano dallo smantellamento delle ex centrali nucleari italiane (Trino, Caorso, Latina e Garigliano)».

Infine, Minopoli sottolinea un altro paradosso delle scorie italiane: come nel resto d'Europa, il combustibile viene riprocessato, cioè diviso nelle sue componenti. In assenza di impianti di riprocessamento, però, l'operazione viene effettuata in Francia e Gran Bretagna, in base ad accordi intergovernativi. Il risultato è che il combustibile riutilizzabile rimane a disposizione della Francia, mentre quello inutilizzabile torna in Italia, dove si aggiunge alle scorie in attesa di deposito. In sostanza, conclude Minopoli, «siamo obbligati a fare un deposito. E lo dovremmo fare anche se non dovesse realizzarsi in futuro la costruzione di nuove centrali».

Fonte: Nuclear News

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