martedì 20 ottobre 2009

La bolletta finta di Greenpeace














Ho ricevuto la bolletta di Greenpeace, distribuita agli italiani domenica e lunedì. Non mi sono mai piaciuti i modi di Greenpeace, ma trovo assurdo fare disinformazione "terrorizzando" il povero cittadino, che, quasi sempre digiuno di una corretta informazione sul programma nucleare, si vede colpito su quello che gli sta più a cuore (visti i tempi): la propria gestione economica, ovvero la bolletta .
Allora, procediamo con ordine. Greenpeace sostiene che il nucleare non conviene perchè non abbasserà i costi delle bollette. Addirittura potrebbe costare "più dell'eolico, del carbone e delgas". In Francia, afferma l'associazione ambientalista, il nucleare conviene solo perchè i costi di costruzione degli impianti sono stati ormai ammortizzati;per di più, i costi di smantellamento e i costi per la gestione delle scorie hanno prodotto un buco nei conti pubblici del Regno Unito. Infine, il volantino conclude che "l'eolico, il geotermico, le biomasse sostenibili, e misure di efficienza energetica sono già oggi disponibili e in grado di fornire tutta l'energia di cui abbiamo bisogno in modo conveniente, pulito, sicuro e per sempre".
Quindi partiamo dai costi:Greenpeace non spiega il motivo per cui un'azienda quotata in Borsa come Enel, che ha l'obiettivo di massimizzare l'utile per i soci, decida di investire in una tecnologia che aumenta i costi di generazione dell'energia. Se fosse corretta l'analisi di Greenpeace, la decisione di Enel di investire nel nucleare in Italia (e in Spagna, Slovacchia, Francia e forse Romania), avrebbe dovuto produrre oscillazioni negative del titolo in Borsa: una distruzione di valore per miliardi di euro non può certo passare inosservata agli occhi degli investitori istituzionali internazionali.
A questo aggiugno che secondo i dati dell’International Atomic Energy Agency www.iaea.org/ in questo momento nel mondo sono in costruzione 53 centrali in 15 Paesi per 47.293 MW. Saremmo di fronte ad una colossale distruzione di valore. Ma andiamo avanti: una centrale di terza generazione (EPR) come quella che Enel sta costruendo insieme ad EdF a Flamanville – identica a quelle che Enel e EdF si candidano a costruire in Italia -consente di produrre a regime circa 12 Milion i di MWh l’anno (ipotizzando un availability factor del 90% dal quale discendono circa 7.800 ore di funzionamento l’anno). Il costo di generazione include i costi previsti per il decommissioning, che incide sul totale per meno di 1 €/MWh ( 1-1,5% del costo di generazione), e per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. In base alle stime effettuate da EdF, principale operatore elettronucleare al mondo, i costi di generazione associati a nuove unità EPR sono pari a: 55 €/MWh circa per unità EPR da realizzare in siti il più possibile simili a quello di Flamanville. Il costomedio di generazione per un’unità EPR realizzata invece in siti diversi da quello di Flamanville, è valutabile nell’ordine dei 60 €/MWh. Il confronto tra i costi medi di generazione ottenibili attraverso il nucleare oppure le altre tecnologie convenzionali (cicli combinati a gas, centrali a carbone di ultima generazione) dipende fortemente dal prezzo del petrolio e dal prezzo delle quote CO2. L’equivalenza dei costi con le altre tecnologie convenzionali si ha per un costo del petrolio di 60 $/barile ed un costo della CO2 pari a 25 €/tonnellata. E’ tuttavia necessario notare che, nel determinare un’equivalenza di questo genere, è come se si fosse assunto che per tutti i 60 anni di vita utile di un impianto nucleare di terza generazione avanzata, sia il prezzo del petr olio che quello della CO2 non subiscano incrementi significativi.

I costi a confronto

C'è un altro aspetto da tenere in considerazione, sulla valutazione del programma nucleare: la volatilità dei costi. L’energia nucleare, così come l’energia idroelettrica, è caratterizzata da bassi costi operativi. Il costo di generazione nucleare è infatti rappresentato per circa l’80% da costi fissi, buona parte dei quali derivano dagli investimenti necessari per la realizzazione degli impianti. L’incidenza del costo del combustibile sul costo di generazione è invece molto limitata. Ad un aumento del 100% del costo dell’uranio, materia prima utilizzata per la fabbricazione del “combustibile”, corrisponde un aumento del solo 3% del costo di generazione. Per un ciclo combinato che utilizza gas naturale come combustibile, ad un aumento del 100% del costo del combustibile corrisponde un aumento del 70% del costo di generazione . Gli impianti nucleari sono inoltre caratterizzati da una vita utile ben superiore agli impianti convenzionali. A fronte dei 20 (30 al massimo) anni tipici per un impianto convenzionale (cicli combinati a gas, centrali ad olio combustibile e centrali a carbone), si può infatti contare su di una vita utile di 60 anni per un’unità basata sulla tecnologia EPR. I costi che abbiamo considerato finora collocano il nuclare su livelli sostanzialmente vicini al carbone ad alta efficienza, un 20% circa al di sotto di un ciclo combinato a gas, tutto incluso: in sostanza essi ricomprendono l'intero ciclo del nucleare, decommissioning incluso. Nessun onere, quindi, viene lasciato a carico della collettività. Queste considerazioni dovrebbero essere sufficienti a chiarire i motivi per i quali le imprese italiane pagano l’energia più cara rispetto alle altre imprese europee.Tutto ciò senza considerare gli aspetti strategici legati al nucleare: la vulnerabilità dell’Italia determinata da un sistema di approvvigionamenti completamente sbilanciata sul gas è sotto gli occhi di tutti.

Le fonti rinnovabili sono in grado di soddisfare la richiesta di energia?

Le fonti rinnovabili sono in grado di soddisfare la richiesta di energia? Un breve commento conclusivo sull'affermazione riportata da Greenpeace (in occasione della bolletta nucleare) secondo cui "l'eolico, il geotermico, le biomassesostenibili, e misure di efficienza energetica sono già oggi disponibili e in grado di fornire tutta l'energia di cui abbiamo bisogno in modo conveniente, pulito, sicuro e per sempre". Un reattore nucleare produce energia per circa 8.000 ore l'anno, una pala eolica per circa 2.000 ore l'anno. Per questa semplice ragione, un solo reattore EPR da 1.600 MW potrebbe approssimativamente coprire il fabbisogno di energia elettrica di due città come Milano per 60 anni. Se volessimo soddisfare tale fabbisogno ricorrendo esclusivamente a fonti rinnovabili, dovremmo: installare oltre 15.000 ettari di pannelli fotovoltaici, pari a 20.000 campi da calcio regolamentari; oppure oltre 3.000 pale eoliche da 2,5 MW, ognuna delle quali supera i 100 m di altezza e gli 80 m di diametro, che disposte in fila coprirebbero la distanza in autostrada tra Rimini e Lecce (720 Km); oppure consumare circa 20 milioni di tonnellate di biomasse all’anno, producibili solo da un’area interamente coltivata a pioppeto estesa come la somma di Emilia Romagna e Marche.
Se realizzassimo il programma nucleare italiano e producessiamo il 25% dell'energia di cui abbiamo bisogno utilizzando centrali nucleari, produrremmo circa 100 TWh/anno senza emettere CO2. Ecco: producendo 100 TWh da fonte nucleare anzichè con il gas (la fonte termoelettrica a più bassa emissione di CO2) si eviterebbe l'immissione in atmosfera di circa 35 milioni di tonnellate di CO2.

venerdì 16 ottobre 2009

Gli australiani dicono sì al nucleare


Secondo un recente dondaggio Nielsen, in Australia continua a crescere il consenso verso l'energia nucleare. La metà dei cittadini, infatti, ritiene che sia la soluzione più realistica e conveniente per contrastare il climate change. Nel 2006, invece, la pensava così solo il 30% della popolazione. Andiamo verso un plebiscito?


Grazie ad un sondaggio della Nielsen si è scoperto che circa la metà dei cittadini australiani ha fiducia nella tecnologia nucleare come fonte alternativa al carbone e agli combustibili fossili, ritenendola utile a combattere i devastanti effetti che il cambiamento climatico potrebbe avere sul Pianeta.Nella precedente indagine, riferita all’anno 2006, solo un terzo della popolazione intervistata si dichiarò a favore dell’energia nucleare, pur essendo uno dei Paesi con il quantitativo maggiore di emissioni pro capite e, vista la conformazione del territorio, un soggetto a rischio per qunto riguarda i danni che il climate change potrebbe causare: innalzamento dei livelli degli oceani nonchè aumento delle precipitazioni e degli uragani.“C‘è un cambiamento. La gente è più aperta al nuovo, perché possono vedere i danni che l'anidride carbonica sta facendo”, ha sottolineato l'ex premier del New South Wales, Bob Carr “E' il carbone il vero veleno e ci sono stati notevolissimi progressi nel trattamento dei rifiuti nucleari e la sicurezza dei reattori.”Barry Green, eminente fisico nucleare, ha dichiarato che la tecnologia è in continuo miglioramento grazie al lavoro molto impegnativo che la comunità scientifica svolge per produrre reattori nucleari sempre più moderni e sicuri, in grado di ridurre al minimo il problema dei rifiuti radioattivi.Nonostante i progressi accertati in campo nucleare c’è ancora una parte della popolazione, tra cui anche accademici, che avanza condivisibili dubbi circa lo stoccaggio dei rifiuti tossici, affermando inoltre che ci vorrebbe troppo tempo per far in modo l’Australia si possa mettere al passo con la costruzione di centrali nucleari. Attualmente infatti il Paese conta una sola centrale, situata nella periferia di Sidney, a Lucas Heights, impiegata per la produzione di radio farmaci.


Tratto da: Nucleare: la fiducia in Australia cresce fino al 50%

mercoledì 14 ottobre 2009

Parliamo di clima, energia e società


A due mesi dalla conferenza di Copenhagen, si moltiplicano le occasioni per parlare di clima, ambiente, sviluppo sostenibile. Per approfondire questi temi, l'associazione Galileo 2001 per la libertà e la dignità della scienza, ha organizzato a Roma il convegno "Clima, Energia e Società". L'obiettivo? La presentazione, la discussione e la comprensione scientifica dei fenomeni climatici, i loro potenziali impatti, la adattabilità della natura e dell’uomo ai cambiamenti in corso e a quelli futuri. Da non perdere.


Due giorni di dibattiti molto interessanti e vivaci in occasione del convegno Clima, Energia e Società, organizzato dalla associazione Galileo 2001 per la libertà e la dignità della scienza, con la autorevole adesione del Presidente della Repubblica, presso l’aula convegni del CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche a Roma. In programma cinque sessioni di interventi e di relazioni, una sessione di apertura ed una di conclusioni, con una tavola rotonda moderata dal prof. Carlo Bernardini. I lavori sono stati aperti dal Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dal Presidente del CNR, Prof. Luciano Maiani, dal Commissario ENEA, Giovanni Lelli, dal Presidente INFN, Roberto Petronzio, e da molti altri esponenti della cultura e della scienza nazionale. La Associazione Galileo 2001 ha inteso dedicare il suo convegno annuale alla presentazione, alla discussione ed alla comprensione scientifica dei fenomeni climatici, i loro potenziali impatti, la adattabilità della natura e dell’uomo, e la assoluta necessità di interventi mirati allo scopo di mitigare eventuali conseguenze negative in relazione con le strategie energetiche e con i problemi di carattere sociale e sanitario. Nel dicembre 2009, come è noto, si terrà in Danimarca, a Copenhagen, la United Nations Climate Change Conference, promossa dall’ONU: appare evidente che tutte le parti politiche italiane siano molto sensibili a quanto la scienza sia in grado di presentare ed affermare, al fine di arrivare preparati e ben documentati a questo importante appuntamento scientifico, politico e sociale di fine anno. La Conferenza di Copenhagen ha lo scopo di porre solide basi per negoziare un nuovo trattato e un nuovo protocollo, che preluda ad un accordo globale che sia davvero basato su conoscenze oggettive e su presupposti che tengano nel dovuto conto un corretto rapporto costi/benefici. Ciò anche allo scopo di meglio indirizzare la opinione pubblica, che al momento appare alquanto disorientata, su un argomento che spesso, per non dire sempre, viene trattato in termini più politici ed ideologici piuttosto che scientifici, termini che invece sono da presentare e discutere nel modo più aperto possibile senza presunzioni o pregiudizi di alcun genere. Per queste ragioni la associazione Galileo 2001 intende con questo convegno fornire un contributo, il più oggettivo possibile, alla comprensione di una materia molto complessa e ancora da definire nei dettagli, aprendo un serio confronto, all’interno delle Comunità scientifiche, sui dati e sulle conoscenze possibili e disponibili e sulle ricerche ancora necessarie; ciò anche al fine di contribuire a valutazioni realistiche per una strategia politica e sociale, meditata e responsabile. Le cinque sessioni in programma trattano i seguenti temi: Il clima, stato delle conoscenze; Le variazioni climatiche, qualità dei dati e delle ricerche; Clima ed energia; Clima e società; Conoscenze, informazione e decisioni politiche. Ovviamente torneremo in questa pagina sulle conclusioni di questo interessante convegno.




Fonte: Ecquo

venerdì 9 ottobre 2009

A.A.A. Ingegneri nucleari cercasi


Pionieri soddisfatti. Così si definiscono i giovani italiani laureati in ingegneria nucleare. Pionieri perchè hanno creduto, in tempi bui, alle possibilità di un settore a lungo osteggiato nel nostro paese. Soddisfatti perchè hanno vinto la loro scommessa. Adesso che il nucleare è tornato alla ribalta potranno finalmente esercitare le loro competenze in patria, senza essere costretti a fuggire all'estero. Ovunque nel mondo infatti si prevede per il prossimo futuro una carenza di ingegneri nucleari, mentre cresceranno le esigenze di gestire le centrali esistenti e di progettarne di nuove. In tempi di crisi e disoccupazione è una gran bella rivincita. E sembra proprio che molti giovani vogliano seguire il loro esempio.

Ne è una diomostrazione il Master Universitario di II livello in Scienze e Tecnologie degli impianti nucleari dell'Universita' di Genova. Appena aperte le iscrizioni, sono arrivate ben 60 richieste a fronte di 20 posti disponibili.

Ecco le testimonianze dei giovani laureati a Pisa:

"Andrea, laureato nel '91, che lavora al CERN di Ginevra. Spiega: «La formazione multidisciplinare, fisico-ingegneristica, unita all'esperienza sul campo e al dinamismo proprio dei laboratori di ricerca nei quali ho lavorato, mi ha permesso di affrontare tematiche di ampio interesse, con grande soddisfazione professionale». Martina, fresca di laurea, lavora invece presso il gruppo di ricerca di San Piero a Grado: «Le attivita' di ricerca nel campo dell'ingegneria e della sicurezza sono andate avanti in Italia nonostante la chiusura degli impianti. Cosi' ci si puo' occupare full-time di NUCLEARE anche qui». Carlo e' impegnato nello stesso gruppo. «Quando mi laureai nel 2004 - racconta -, dopo aver svolto la tesi alla Penn State University negli Usa, non avrei mai pensato di rimanere in Europa. Una bella soddisfazione, quindi, se penso che, quando mi iscrissi a ingegneria NUCLEARE, molti, sarcasticamente, mi chiedevano: ''Ma a cosa serve?''». Juswald, laureato nel 2002, si e' trasferito negli Usa come «lead engineer» nelle analisi di reattori. «Grazie alla mia preparazione ''made in Italy'' non ho avuto problemi a inserirmi nell'ambito dell'industria Usa. La' e' in forte espansione e c'e' sempre piu' bisogno di nuovi ingegneri nucleari di talento. Quelli laureati in Italia sono altamente apprezzati e ricercati in tutto il mondo». Roberta, laureata nel '93, e' rimasta in Italia, presso una societa' di ricerca e sperimentazione nel settore termoidraulico NUCLEARE e convenzionale. Dice: «Mi occupo di simulazione di componenti e sistemi innovativi, perlopiu' finalizzati alla sicurezza». Alessandro, anche lui laureato nel 2002, e' occupato nel gruppo di San Piero a Grado dell'Universita' di Pisa. «Dal momento in cui iniziai la tesi, svolta alla Westinghouse, ho avuto la fortuna - spiega - di operare in molti ambiti internazionali». Angela, laureata nel 2007, lavora invece in una ditta che si occupa di sicurezza industriale: «Ho sempre pensato di voler rimanere in Italia, perche' c'e' grande bisogno di energia e di sicurezza». Sulle sorti future c'e' un generale ottimismo. Matteo, laureato nel 2005, e' ricercatore al CEA di Parigi e svolge il dottorato a Pisa. «Il NUCLEARE - sottolinea - e' l'energia del futuro, ma anche molto piu': lo sviluppo dell'ingegneria NUCLEARE, in particolare tramite la ricerca, e' una scelta necessaria per garantire condizioni di vita sostenibili». Quanto a Barbara, laureata nel 2006, ha appena ricevuto il riconoscimento del «quality label» dello «European Nuclear Education Network». Dice: «Ritengo il NUCLEARE una risorsa importante, che dev'essere pensata in sinergia con le fonti rinnovabili e con una riduzione degli sprechi. Credo che sia importante lavorare per la sua accettabilita'». Fausto, laureato nel 2002, lavora negli Usa al progetto neutronico del nocciolo dei reattori a fissione. «Ho da sempre considerato il NUCLEARE da fissione come la vera fonte di energia alternativa ai vari combustibili fossili, che non solo inquinano il pianeta, ma hanno consentito a un ristretto gruppo di persone di controllare le risorse. Le conseguenze sono sotto gli occhi (e nei polmoni) di tutti». Magnus, laureato nel '99, e' sempre stato all'estero: «Il futuro? Se potessi soddisfare tutti i miei fabbisogni usando solo energia NUCLEARE, le scorie prodotte in una vita avrebbero le dimensioni di una lattina di birra. E' una fonte pulita, affidabile, economica".