venerdì 30 ottobre 2009

Cellulari, dal 2010 caricabatteria unico

Adesso è scesa in campo anche l'Itu, l'agenzia Onu per le telecomunicazioni, e quindi è ufficiale: nel 2010 i nuovi cellulari avranno un caricabatteria universale. Gli utenti potranno usare lo stesso caricabatteria con modelli di marche diverse.
La tecnologia è già pronta. L'Itu (International telecommunication union) ha appena ufficializzato il caricabatteria universale come nuovo standard (Universal charging solution). Sfrutterà la tecnologia micro usb. Il caricatore avrà quindi da una parte una normale presa per la corrente e dall'altra un ingresso micro usb (più piccolo del noto Usb) che s'infilerà nel cellulare. Tutti i cellulari saranno quindi dotati di una fessura compatibile con il micro usb (già adottata da alcuni dei più recenti modelli e dalle fotocamere digitali).

Ogni anno, infatti, l'industria dei cellulari produce 51 mila tonnellate di caricabatteria, per sostituire i precedenti (secondo le stime di Gsm Association). Il che significa consumo di energia e inquinamento per produrli e poi un eccesso di rifiuti a fine utilizzo (quando gli utenti gettano i caricabatteria, ormai inservibili).

Non solo: il nuovo prodotto avrà una maggiore efficienza energetica (il triplo, rispetto ai precedenti caricabatteria). Inquinerà di meno e farà risparmiare corrente ai consumatori, quindi...

Fonte Repubblica

martedì 27 ottobre 2009

Dove gettare i rifiuti nucleari? "Prego, nel nostro cortile"


Uno dei Paesi più ecologisti del mondo, la Svezia, cambia idea sull'energia atomica. Dodici anni dopo aver deciso di chiudere gradualmente tutti i suoi reattori nucleari, 30anni dopo un referendum antinucleare, proprio mentre il petrolio tornato a prezzi ragionevoli fa raffreddare le smanie atomiche, Stoccolma ha deciso di revocare la moratoria, «autorizzando la sostituzione dei reattori esistenti – afferma il Governo nel presentare il nuovo piano energetico – quando avranno raggiunto il loro limite di sfruttamento economico ». La moratoria antinucleare era stata adottata nel febbraio '97. I reattori atomici soddisfacevano circa la metà del fabbisogno elettrico.

La Svezia è il Paese in cui le macchine al semaforo rosso spengono i motori per inquinare di meno. La Svezia è il Paese dove due comuni litigano per accogliere un deposito di rifiuti nucleari. Dopo una contesa durata sette anni per aggiudicarsi il diritto di ospitare un deposito sotterraneo di rifiuti ad alta radioattività, la città di Osthammar ha sconfitto la rivale Oskarshamn, peraltro sede di una centrale nucleare. Sarà il primo e per ora unico esempio al mondo, di "cassaforte" a 500 metri di profondità per stoccare per i prossimi 10mila anni, i fusti contenenti combustibile esaurito.
L’eccezionalità di Osthammar (così come della sua rivale Oskarshamn) non sta tanto nella sua specificità geologica quanto nell’atteggiamento Pimby (please in my backyard) della comunità locale: l’80% degli abitanti delle due cittadine è favorevole al deposito.

Fonte: Repubblica

lunedì 26 ottobre 2009

Nucleare in Europa
















Quelli che non vogliono le centrali nucleare in Italia, sanno che a soli 200 KM dal confine italiano ci sono 27 unità nucleari?

In Europa sono in esercizio 197 reattori in 15 paesi con una potenza installata complessiva pari a circa 132.000 MWe, pari a oltre il 30% dell’elettricità prodotta.

Francia, Germania e Regno Unito rappresentano il 70% circa della potenza complessiva installata nell’Unione Europea, mentre in un raggio di 200 km dai confini italiani sono ad oggi attive 27 unità nucleari per un totale di circa 24.000 MWe

Inoltre, molti paesi hanno avviato programmi di rilancio del nucleare per la generazione di energia. In Gran Bretagna è stato avviato nel 2006 un programma per realizzare nuove centrali (6-8 nuove unità). Ad oggi è in corso il lavoro di certificazione delle tecnologie che saranno utilizzate per il programma. Le maggiori aziende elettriche europee, EDF, E.ON, RWE, prenderanno parte al programma nucleare.

Negli Stati Uniti la Nuclear Regulatory Agency prevede che entro il 2011 saranno presentate richieste di autorizzazione alla costruzione di 33 nuove unità (ad oggi già presentate 27 richieste).

In Francia, EDF ha avviato un programma di ammodernamento delle centrali nucleari realizzate tra i primi anni ’70 ed il 2000 al fine di poter estendere la vita utile degli impianti suddetti fino a 60 anni. In parallelo, il Governo francese ha avviato un programma che prevede lo sviluppo di nuove unità nucleari basate sulla tecnologia EPR, la prima delle quali, in corso di realizzazione nel sito di Flamanville, entrerà in servizio nel 2012.

Nel 2012 inizierà inoltre la costruzione della seconda unità che sarà localizzata nel sito di Penly. Inoltre, alcuni paesi europei che hanno rinunciato al nucleare per la produzione di energia elettrica, hanno recentemente cambiato idea riconoscendo che il ricorso al nucleare è di fondamentale importanza per abbattere le emissioni di gas serra e per garantire disponibilità di energia a prezzi stabili.

venerdì 23 ottobre 2009

Ripensare il carbone














Una cosa è certa: nell'immediato futuro non potremo fare a meno del carbone. Si tratta di una fonte energetica poco costosa e abbondante, e costituisce il pilastro della rete elettrica in numerosi Paesi nel mondo. Certo, allo stato attuale è inquinate, ma esiste una tecnologia in grado di renderlo pulito: la Ccs, Cattura e Stoccaggio di CO2, che elimina il 90% delle emissioni

"A poco piu' di 50 giorni dall'appuntamento di Copenaghen, questa settimana a Londra, sono in primo piano due serie di colloqui internazionali sul clima. Innanzitutto, i ministri di 20 Paesi si stanno per riunire per affrontare una delle sfide piu' urgenti per un accordo globale sui cambiamenti climatici: il carbone. Per quanti sono preoccupati dal clima e dalla possibilita' di continuare ad accendere la luce, il carbone e' il combustibile da rendere pulito. Si tratta di uno dei combustibili a maggior contenuto di carbonio a nostra disposizione, non soltanto rispetto alle energie rinnovabili, ma anche rispetto ad altri combustibili fossili. Un'unita' di elettricita' generata da una centrale elettrica a carbone crea un quantitativo quasi doppio di CO2 rispetto ad una ricavata dal gas. Ma non possiamo vivere senza di esso perche' costituisce il pilastro della rete elettrica in numerosissimi Paesi nel mondo. Il carbone e' poco costoso ed abbondante. Nel Regno Unito, fornisce un terzo dell'energia elettrica. In altri Paesi, questa cifra e' molto superiore. La scorsa settimana mi trovavo in Polonia, dove il 95% dell'elettricita' nazionale viene generato dal carbone. E' molto difficile intravedere un futuro di sicurezza energetica per il mondo che non preveda il ricorso al carbone. La conferenza di questa settimana, tenuta congiuntamente da Regno Unito e Norvegia, si impernia sulla tecnologia che puo' risolvere il dilemma: Cattura e Stoccaggio di CO2 (Ccs). Questa tecnologia potenzialmente elimina il 90% delle emissioni di CO2 dalle centrali elettriche a carbone. L'anidride carbonica viene intrappolata nelle condotte delle centrali elettriche e convogliata per essere stoccata in modo sicuro e prolungato. La Ccs e' potenzialmente in grado di trasformare il carbone in un combustibile a basso tenore di carbonio. Senza Ccs, il costo della lotta ai cambiamenti climatici aumentera' del 70%. La sfida consiste nel fatto che la Ccs e' una tecnologia nuova e complessa. Ci vorra' un'azione concertata per portarla dalle nostre attuali dimostrazioni su piccola scala ad un progetto predefinito per le centrali elettriche. Il cambiamento che cio' implica dovra' avvenire velocemente se vogliamo risolvere in tempo la sfida climatica con cui si confronta il pianeta. Il Regno Unito ha gia' illustrato dei piani audaci per l'impiego della Ccs. Abbiamo suggerito i requisiti piu' severi al mondo per le nuove centrali elettriche a carbone e prevediamo di sviluppare fino a quattro impianti di Ccs su piena scala commerciale per dimostrare la tecnologia. Miliardi di sterline a sostegno della tecnologia del «carbone pulito». Se vogliamo realizzare i cambiamenti necessari, i Paesi che lavorano alla Ccs dovranno collaborare per garantire che diventi un'opzione per i maggiori utenti di combustibili fossili a livello mondiale. Quindi, questa settimana a Londra parleremo dei piani internazionali sulla Ccs. Discuteremo assieme ai rappresentanti di Europa e Cina i piani congiunti per lo sviluppo in Cina della prima centrale elettrica con Ccs su scala commerciale. Il ministro statunitense dell'Energia Steven Chu parlera' della centrale gia' pienamente operativa in America. Lavorando con i nostri partner gia' operativi nel Mare del Nord, discuteremo del ruolo che essa puo' svolgere nello stoccaggio del CO2 estratto. Questa settimana si discutera' a Londra anche della sostanza piu' generale dell'accordo di Copenhagen. I diciassette membri del Major Economies Forum si riuniscono per sviluppare una comprensione comune e creare consenso su alcuni principi generali in vista di Copenaghen. E' per triste ironia della sorte che chi ha causato di meno i cambiamenti climatici risenta maggiormente dei suoi effetti, per cui mi fa piacere che Paesi vulnerabili come Bangladesh, Maldive e Costa Rica partecipino anch'essi ai colloqui di questa settimana. Non ci saranno seconde opportunita' sui cambiamenti climatici, non possiamo sprecare neanche un giorno da adesso a Copenaghen. Dobbiamo sfruttare ogni singola occasione - compresi i colloqui di questa settimana a Londra - per spingere a favore dell'accordo piu' ambizioso, efficace ed equo che si possa realizzare. *Ministro britannico per Energia e Cambiamenti Climatici"

Tratto da: La sfida del carbone pulito

Fonte: La Stampa

martedì 20 ottobre 2009

La bolletta finta di Greenpeace














Ho ricevuto la bolletta di Greenpeace, distribuita agli italiani domenica e lunedì. Non mi sono mai piaciuti i modi di Greenpeace, ma trovo assurdo fare disinformazione "terrorizzando" il povero cittadino, che, quasi sempre digiuno di una corretta informazione sul programma nucleare, si vede colpito su quello che gli sta più a cuore (visti i tempi): la propria gestione economica, ovvero la bolletta .
Allora, procediamo con ordine. Greenpeace sostiene che il nucleare non conviene perchè non abbasserà i costi delle bollette. Addirittura potrebbe costare "più dell'eolico, del carbone e delgas". In Francia, afferma l'associazione ambientalista, il nucleare conviene solo perchè i costi di costruzione degli impianti sono stati ormai ammortizzati;per di più, i costi di smantellamento e i costi per la gestione delle scorie hanno prodotto un buco nei conti pubblici del Regno Unito. Infine, il volantino conclude che "l'eolico, il geotermico, le biomasse sostenibili, e misure di efficienza energetica sono già oggi disponibili e in grado di fornire tutta l'energia di cui abbiamo bisogno in modo conveniente, pulito, sicuro e per sempre".
Quindi partiamo dai costi:Greenpeace non spiega il motivo per cui un'azienda quotata in Borsa come Enel, che ha l'obiettivo di massimizzare l'utile per i soci, decida di investire in una tecnologia che aumenta i costi di generazione dell'energia. Se fosse corretta l'analisi di Greenpeace, la decisione di Enel di investire nel nucleare in Italia (e in Spagna, Slovacchia, Francia e forse Romania), avrebbe dovuto produrre oscillazioni negative del titolo in Borsa: una distruzione di valore per miliardi di euro non può certo passare inosservata agli occhi degli investitori istituzionali internazionali.
A questo aggiugno che secondo i dati dell’International Atomic Energy Agency www.iaea.org/ in questo momento nel mondo sono in costruzione 53 centrali in 15 Paesi per 47.293 MW. Saremmo di fronte ad una colossale distruzione di valore. Ma andiamo avanti: una centrale di terza generazione (EPR) come quella che Enel sta costruendo insieme ad EdF a Flamanville – identica a quelle che Enel e EdF si candidano a costruire in Italia -consente di produrre a regime circa 12 Milion i di MWh l’anno (ipotizzando un availability factor del 90% dal quale discendono circa 7.800 ore di funzionamento l’anno). Il costo di generazione include i costi previsti per il decommissioning, che incide sul totale per meno di 1 €/MWh ( 1-1,5% del costo di generazione), e per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. In base alle stime effettuate da EdF, principale operatore elettronucleare al mondo, i costi di generazione associati a nuove unità EPR sono pari a: 55 €/MWh circa per unità EPR da realizzare in siti il più possibile simili a quello di Flamanville. Il costomedio di generazione per un’unità EPR realizzata invece in siti diversi da quello di Flamanville, è valutabile nell’ordine dei 60 €/MWh. Il confronto tra i costi medi di generazione ottenibili attraverso il nucleare oppure le altre tecnologie convenzionali (cicli combinati a gas, centrali a carbone di ultima generazione) dipende fortemente dal prezzo del petrolio e dal prezzo delle quote CO2. L’equivalenza dei costi con le altre tecnologie convenzionali si ha per un costo del petrolio di 60 $/barile ed un costo della CO2 pari a 25 €/tonnellata. E’ tuttavia necessario notare che, nel determinare un’equivalenza di questo genere, è come se si fosse assunto che per tutti i 60 anni di vita utile di un impianto nucleare di terza generazione avanzata, sia il prezzo del petr olio che quello della CO2 non subiscano incrementi significativi.

I costi a confronto

C'è un altro aspetto da tenere in considerazione, sulla valutazione del programma nucleare: la volatilità dei costi. L’energia nucleare, così come l’energia idroelettrica, è caratterizzata da bassi costi operativi. Il costo di generazione nucleare è infatti rappresentato per circa l’80% da costi fissi, buona parte dei quali derivano dagli investimenti necessari per la realizzazione degli impianti. L’incidenza del costo del combustibile sul costo di generazione è invece molto limitata. Ad un aumento del 100% del costo dell’uranio, materia prima utilizzata per la fabbricazione del “combustibile”, corrisponde un aumento del solo 3% del costo di generazione. Per un ciclo combinato che utilizza gas naturale come combustibile, ad un aumento del 100% del costo del combustibile corrisponde un aumento del 70% del costo di generazione . Gli impianti nucleari sono inoltre caratterizzati da una vita utile ben superiore agli impianti convenzionali. A fronte dei 20 (30 al massimo) anni tipici per un impianto convenzionale (cicli combinati a gas, centrali ad olio combustibile e centrali a carbone), si può infatti contare su di una vita utile di 60 anni per un’unità basata sulla tecnologia EPR. I costi che abbiamo considerato finora collocano il nuclare su livelli sostanzialmente vicini al carbone ad alta efficienza, un 20% circa al di sotto di un ciclo combinato a gas, tutto incluso: in sostanza essi ricomprendono l'intero ciclo del nucleare, decommissioning incluso. Nessun onere, quindi, viene lasciato a carico della collettività. Queste considerazioni dovrebbero essere sufficienti a chiarire i motivi per i quali le imprese italiane pagano l’energia più cara rispetto alle altre imprese europee.Tutto ciò senza considerare gli aspetti strategici legati al nucleare: la vulnerabilità dell’Italia determinata da un sistema di approvvigionamenti completamente sbilanciata sul gas è sotto gli occhi di tutti.