Il Forum Nucleare Italiano e l’Associazione Italiana Nucleare (AIN) hanno siglato un accordo di collaborazione con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo della produzione di energia elettrica nucleare col massimo consenso, nel pieno rispetto delle norme e della sicurezza dei cittadini e dell’ambiente. In particolare, l’intesa vuole rafforzare la cooperazione tecnico-scientifica per la promozione di iniziative congiunte sulle caratteristiche dell’energia atomica e sul programma nucleare italiano.
L’accordo rappresenta il punto di partenza per il necessario coordinamento delle attività dei due soggetti, che opereranno in tandem su numerosi progetti volti a favorire l’informazione e il consenso in tema di nucleare: oltre ad un costante interscambio di documentazione ed expertise e alla creazione di gruppi di lavoro ad hoc, il Forum Nucleare Italiano si avvarrà della validazione scientifica di AIN sul materiale informativo prodotto, così da garantire la correttezza dei messaggi trasmessi.
“Questo accordo rappresenta la volontà di agire sinergicamente per contribuire ad alimentare il dibattito sul ritorno all’atomo in Italia – commenta Enzo Gatta, presidente di AIN – la nostra Associazione si impegna a supportare, anche attraverso il nostro autorevole Consiglio scientifico, il FNI nelle sue iniziative, allo scopo di contribuire a un’informazione scientificamente corretta in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini, delle Istituzioni e di tutti i soggetti che operano nel settore energetico. Uno stimolo ad un confronto realista e non pregiudiziale ancor più importante alla luce dell’imminente appuntamento referendario”.
“Grazie all’impegno sottoscritto con AIN, il dibattito sul nucleare si arricchisce di un contributo scientifico importante. Mai come in questo momento – sostiene il presidente del Forum Nucleare, Chicco Testa – occorre unire le forze per garantire al maggior numero di persone possibile informazioni corrette basate su criteri oggettivi. Non è possibile che il dibattito venga monopolizzato, così com’è stato negli ultimi decenni, sempre dalle stesse voci basate su argomentazioni che non hanno più niente a che vedere con la realtà sociale, economica e ambientale in cui viviamo”.
lunedì 14 febbraio 2011
venerdì 11 febbraio 2011
Nucleare e rinnovabili: il finto dilemma
Quando si parla di scelte energetiche, sembra impossibile superare il dualismo nucleare vs rinnovabile. Ma siamo davvero convinti che il nucleare e le rinnovabili siano due soluzioni antitetiche e non integrabili? Non sembrerebbe pensarla così il presidente degli Stati Uniti Barack Obama che il 25 gennaio scorso a Washington si è pronunciato in difesa delle fonti pulite, cioè quelle a basse emissioni di gas serra. Tra le energie pulite egli menziona ovviamente le fonti rinnovabili ma, a sorpresa, anche il nucleare.
Più del 50% dell'energia che consumiamo proviene da paesi extra-UE e il tasso di dipendenza è in aumento. Una gran parte dell'energia arriva dalla Russia, le cui dispute con i paesi di transito hanno provocato negli ultimi anni ripetute interruzioni delle forniture.
Tra i paesi del G8 solo l'Italia non ha adottato il nucleare e oggi l'energia elettrica è prodotta in gran parte dall'utilizzo di fonti altamente inquinanti e costose (olio combustibile, gas e carbone) mentre solo il 13% deriva da fonti rinnovabili come l'energia eolica o solare.
Poiché le fonti rinnovabili non bastano e non sono in grado di garantire il soddisfacimento dei crescenti bisogni energetici, l'Italia si trova a dover dipendere sul piano energetico da altri Paesi che con più concretezza e meno pregiudizi ideologici hanno affrontato il problema della scelta energetica.
Il dibattito sul nucleare e sulla necessità di una sua integrazione in un mix energetico ottimale si è riaperto negli ultimi anni ed è destinato ad aumentare in vista del referendum che chiamerà di nuovo gli italiani ad esprimersi su questo importante tema. Il nuovo spot firmato dal Forum Nucleare Italiano si chiude con questa domanda: "Tu sei a favore o contro l'energia nucleare o non hai ancora una posizione? ". Se in Italia ci si pone la domanda, a livello europeo, una posizione esiste, ed è rappresentata dal documento "Energia 2020" nel quale l'UE definisce le priorità nel settore dell'energia per i prossimi dieci anni.
Fonte: Il Tacco d'Italia
Più del 50% dell'energia che consumiamo proviene da paesi extra-UE e il tasso di dipendenza è in aumento. Una gran parte dell'energia arriva dalla Russia, le cui dispute con i paesi di transito hanno provocato negli ultimi anni ripetute interruzioni delle forniture.
Tra i paesi del G8 solo l'Italia non ha adottato il nucleare e oggi l'energia elettrica è prodotta in gran parte dall'utilizzo di fonti altamente inquinanti e costose (olio combustibile, gas e carbone) mentre solo il 13% deriva da fonti rinnovabili come l'energia eolica o solare.
Poiché le fonti rinnovabili non bastano e non sono in grado di garantire il soddisfacimento dei crescenti bisogni energetici, l'Italia si trova a dover dipendere sul piano energetico da altri Paesi che con più concretezza e meno pregiudizi ideologici hanno affrontato il problema della scelta energetica.
Il dibattito sul nucleare e sulla necessità di una sua integrazione in un mix energetico ottimale si è riaperto negli ultimi anni ed è destinato ad aumentare in vista del referendum che chiamerà di nuovo gli italiani ad esprimersi su questo importante tema. Il nuovo spot firmato dal Forum Nucleare Italiano si chiude con questa domanda: "Tu sei a favore o contro l'energia nucleare o non hai ancora una posizione? ". Se in Italia ci si pone la domanda, a livello europeo, una posizione esiste, ed è rappresentata dal documento "Energia 2020" nel quale l'UE definisce le priorità nel settore dell'energia per i prossimi dieci anni.
Fonte: Il Tacco d'Italia
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lunedì 7 febbraio 2011
Il nucleare spiegato agli italiani
Di seguito un'intervista a Giancarlo Aquilanti, responsabile Area tecnica nucleare di Enel, sui motivi e le necessità di rintrodurre il nucleare in Italia.
Pensa che passare al nucleare potrebbe soddisfare il nostro bisogno energetico tanto da renderci indipendenti?
Il nucleare non darà il 100% della produzione. Non c'è nessun paese in grado di farlo, la Francia, ad esempio, sta circa al 70%. Quindi possiamo dire in generale che in Europa ci sia un mix di generazioni in cui il nucleare occupa uno spazio che va dal 15% fino al 70% della Francia. Oggi l'Italia è a zero e quello a cui dovrebbe aspirare in qualche modo è arrivare ad una percentuale di circa il 25% così da poter bilanciare la generazione nucleare con quella di altre fonti.
Il costo dello smaltimento delle scorie inciderà sui cittadini? Chi se ne occuperà?
Il costo dello smaltimento delle scorie è già incluso nello smaltimento di costo del nucleare perché uno dei criteri, previsto anche dalla legge attuale è che durante l'esercizio dell'impianto si accumula un fondo che non viene gestito dalla società, ma da una struttura pubblica che poi alla fine dell'esercizio dell'impianto avrà fondi sufficienti per lo smantellamento dell'impianto e la gestione finale anche dei rifiuti radioattivi. Questi costi dunque non influiranno sul pubblico non li pagheremo cioè in bolletta ma sarà l'ente elettrico stesso che accantonerà i fondi per poter fare questo tipo di operazioni.
Prima di procedere all'impianto di nuove centrali saranno smaltite le scorie ancora presenti sul nostro territorio?
Sono due attività che vanno in parallelo, da una parte c'è il trattamento di quello che è rimasto cioè del materiale vecchio dell'87 e dall'altra la costruzione di nuovi impianti. Sono due discorsi che non possono esser messi sequenzialmente, il problema del mix sbilanciato è un problema di oggi, quello del decommissioning richiede a tutti quanti i Paesi un certo periodo di tempo. Sono inoltre diverse anche le società impegnate in tali operazioni, noi ci candidiamo ad essere uno degli investitori sul nucleare, Sogin è quella che si occupa di fatto dello smantellamento degli impianti e del deposito finale per quanto riguarda il combustibile.
Saranno italiani a occuparsi della realizzazione degli impianti o saranno manovalanze e cervelli stranieri?
Ci saranno diversi settori, quelle 3000 persone impegnate direttamente nella realizzazione delle centrali, più le altre 6000 coinvolte indirettamente nel nucleare saranno ripartite su diverse fasce, ci sarà quella degli operai in cantiere, quella che riguarda gli operai nelle fabbriche, quella del controllo del progetto e così via. Ci sarà quindi una gradazione che andrà dall'operaio fino al manager. Per quanto riguarda la manodopera speriamo e prevediamo che possa essere locale così come per le mansioni via via più alte. In Italia il tipo di disponibilità che abbiamo sia come risorse specializzate sia come manovalanza dovrebbe essere tale per cui noi, di fatto, facciamo fronte con tutto personale nazionale, per quanto possibile. Ovviamente qualora ci fosse indisponibilità di specializzazione, si potrebbe avere un completamento all'estero.
A che punto è in Italia la ricerca sul nucleare?
Oggi la ricerca sul nucleare è ovviamente ridotta perché, di fatto, è finanziata per una parte abbastanza modesta dallo Stato e dall'altra da fondi modesti da parte dell'Unione europea, però nonostante i finanziamenti scarsi l'Italia è riuscita a mantenere tutta una serie di poli di eccellenza della ricerca che vengono molto apprezzati anche a livello europeo. Cito l’Enea, alcuni istituti di ricerca, l'industria e cito ancora naturalmente alcuni centri universitari che hanno sviluppato competenze di nicchia nel nucleare anche a livello internazionale, quindi la base c'è. Non partiamo da zero, chiaramente va sviluppata.
Cosa che d'altronde farete anche con i progetti con il Politecnico, con le borse di studio e con il master. Tutte queste iniziative hanno la funzione di attrarre giovani verso questo tipo di settore, la ricerca ha la funzione di sviluppare competenze dentro l'Università.
Non vi spaventano i problemi riscontrati durante la costruzione della centrale finlandese?
No, non ci spaventano, stiamo attentamente monitorando il cantiere, oltre ad aver mandato un certo numero di persone a osservare il progetto francese. Vogliamo imparare cosa lì non è stato fatto bene, questa esperienza può essere vissuta come fonte di paura e spingerci a ritirarci o come occasione per capire cosa deve esser fatto per migliorarci. Oltre al cantiere finlandese e a uno francese c'è un cantiere cinese che sta facendo lo stesso tipo di impianto, sono partiti dopo e siamo andati a vedere come loro se la stanno cavando con la stessa tecnologia. Se la stanno cavando in maniera eccezionale, hanno messo a frutto quello che in qualche modo è venuto fuori dalle cose da migliorare nell'impianto finlandese. Abbiamo visto, per esempio, che i ritardi non ci sono più, mentre in Finlandia c'era un ritardo di due o tre anni, loro seguono perfettamente il programma e hanno risolto inoltre i problemi di gestione dell'interfaccia dei diversi contractor. Tutto quello che si fa dunque è in qualche modo un bagaglio di esperienza che si acquisisce.
Cosa pensa degli Epr per quanto riguarda la sicurezza?
L' Epr è un impianto che oggi si colloca al massimo dal punto di vista della sicurezza. A livello internazionale è al top, è un impianto estremamente complesso, forse un po’ più costoso degli altri, ma è un prodotto sviluppato con requisiti di sicurezza molto elevati. Basti pensare che è progettato intorno ad un bunker che proteggerebbe tutto l'impianto da un eventuale impatto aereo.
Sembra che gli altri Paesi chiudano o tentino di farlo e noi...
No, non tutti i Paesi che dopo Cernobyl avevano deciso di rinunciare al nucleare lo hanno poi fatto e al contrario hanno riconsiderato la decisione, solo noi abbiamo chiuso subito.
La Germania e la Svezia che avevano deciso di chiudere gli impianti dopo un certo numero di anni, hanno esteso l'esercizio delle loro centrali e questa è una manifestazione di fiducia verso il nucleare. La Svizzera poi è in fase di approvazione di nuovi impianti. In Europa dunque la tendenza è a realizzare nuovi impianti o a mantenere in vita quelli già esistenti.
Fonte NovaSocietà
Pensa che passare al nucleare potrebbe soddisfare il nostro bisogno energetico tanto da renderci indipendenti?
Il nucleare non darà il 100% della produzione. Non c'è nessun paese in grado di farlo, la Francia, ad esempio, sta circa al 70%. Quindi possiamo dire in generale che in Europa ci sia un mix di generazioni in cui il nucleare occupa uno spazio che va dal 15% fino al 70% della Francia. Oggi l'Italia è a zero e quello a cui dovrebbe aspirare in qualche modo è arrivare ad una percentuale di circa il 25% così da poter bilanciare la generazione nucleare con quella di altre fonti.
Il costo dello smaltimento delle scorie inciderà sui cittadini? Chi se ne occuperà?
Il costo dello smaltimento delle scorie è già incluso nello smaltimento di costo del nucleare perché uno dei criteri, previsto anche dalla legge attuale è che durante l'esercizio dell'impianto si accumula un fondo che non viene gestito dalla società, ma da una struttura pubblica che poi alla fine dell'esercizio dell'impianto avrà fondi sufficienti per lo smantellamento dell'impianto e la gestione finale anche dei rifiuti radioattivi. Questi costi dunque non influiranno sul pubblico non li pagheremo cioè in bolletta ma sarà l'ente elettrico stesso che accantonerà i fondi per poter fare questo tipo di operazioni.
Prima di procedere all'impianto di nuove centrali saranno smaltite le scorie ancora presenti sul nostro territorio?
Sono due attività che vanno in parallelo, da una parte c'è il trattamento di quello che è rimasto cioè del materiale vecchio dell'87 e dall'altra la costruzione di nuovi impianti. Sono due discorsi che non possono esser messi sequenzialmente, il problema del mix sbilanciato è un problema di oggi, quello del decommissioning richiede a tutti quanti i Paesi un certo periodo di tempo. Sono inoltre diverse anche le società impegnate in tali operazioni, noi ci candidiamo ad essere uno degli investitori sul nucleare, Sogin è quella che si occupa di fatto dello smantellamento degli impianti e del deposito finale per quanto riguarda il combustibile.
Saranno italiani a occuparsi della realizzazione degli impianti o saranno manovalanze e cervelli stranieri?
Ci saranno diversi settori, quelle 3000 persone impegnate direttamente nella realizzazione delle centrali, più le altre 6000 coinvolte indirettamente nel nucleare saranno ripartite su diverse fasce, ci sarà quella degli operai in cantiere, quella che riguarda gli operai nelle fabbriche, quella del controllo del progetto e così via. Ci sarà quindi una gradazione che andrà dall'operaio fino al manager. Per quanto riguarda la manodopera speriamo e prevediamo che possa essere locale così come per le mansioni via via più alte. In Italia il tipo di disponibilità che abbiamo sia come risorse specializzate sia come manovalanza dovrebbe essere tale per cui noi, di fatto, facciamo fronte con tutto personale nazionale, per quanto possibile. Ovviamente qualora ci fosse indisponibilità di specializzazione, si potrebbe avere un completamento all'estero.
A che punto è in Italia la ricerca sul nucleare?
Oggi la ricerca sul nucleare è ovviamente ridotta perché, di fatto, è finanziata per una parte abbastanza modesta dallo Stato e dall'altra da fondi modesti da parte dell'Unione europea, però nonostante i finanziamenti scarsi l'Italia è riuscita a mantenere tutta una serie di poli di eccellenza della ricerca che vengono molto apprezzati anche a livello europeo. Cito l’Enea, alcuni istituti di ricerca, l'industria e cito ancora naturalmente alcuni centri universitari che hanno sviluppato competenze di nicchia nel nucleare anche a livello internazionale, quindi la base c'è. Non partiamo da zero, chiaramente va sviluppata.
Cosa che d'altronde farete anche con i progetti con il Politecnico, con le borse di studio e con il master. Tutte queste iniziative hanno la funzione di attrarre giovani verso questo tipo di settore, la ricerca ha la funzione di sviluppare competenze dentro l'Università.
Non vi spaventano i problemi riscontrati durante la costruzione della centrale finlandese?
No, non ci spaventano, stiamo attentamente monitorando il cantiere, oltre ad aver mandato un certo numero di persone a osservare il progetto francese. Vogliamo imparare cosa lì non è stato fatto bene, questa esperienza può essere vissuta come fonte di paura e spingerci a ritirarci o come occasione per capire cosa deve esser fatto per migliorarci. Oltre al cantiere finlandese e a uno francese c'è un cantiere cinese che sta facendo lo stesso tipo di impianto, sono partiti dopo e siamo andati a vedere come loro se la stanno cavando con la stessa tecnologia. Se la stanno cavando in maniera eccezionale, hanno messo a frutto quello che in qualche modo è venuto fuori dalle cose da migliorare nell'impianto finlandese. Abbiamo visto, per esempio, che i ritardi non ci sono più, mentre in Finlandia c'era un ritardo di due o tre anni, loro seguono perfettamente il programma e hanno risolto inoltre i problemi di gestione dell'interfaccia dei diversi contractor. Tutto quello che si fa dunque è in qualche modo un bagaglio di esperienza che si acquisisce.
Cosa pensa degli Epr per quanto riguarda la sicurezza?
L' Epr è un impianto che oggi si colloca al massimo dal punto di vista della sicurezza. A livello internazionale è al top, è un impianto estremamente complesso, forse un po’ più costoso degli altri, ma è un prodotto sviluppato con requisiti di sicurezza molto elevati. Basti pensare che è progettato intorno ad un bunker che proteggerebbe tutto l'impianto da un eventuale impatto aereo.
Sembra che gli altri Paesi chiudano o tentino di farlo e noi...
No, non tutti i Paesi che dopo Cernobyl avevano deciso di rinunciare al nucleare lo hanno poi fatto e al contrario hanno riconsiderato la decisione, solo noi abbiamo chiuso subito.
La Germania e la Svezia che avevano deciso di chiudere gli impianti dopo un certo numero di anni, hanno esteso l'esercizio delle loro centrali e questa è una manifestazione di fiducia verso il nucleare. La Svizzera poi è in fase di approvazione di nuovi impianti. In Europa dunque la tendenza è a realizzare nuovi impianti o a mantenere in vita quelli già esistenti.
Fonte NovaSocietà
giovedì 3 febbraio 2011
È obbligatorio sentire il parere delle Regioni, non seguirlo
Per costruire una centrale nucleare il governo dovrà sentire il parere della Regione interessata. Parere che sarà obbligatorio richiedere prima di qualsiasi decisione, ma che poi non sarà vincolante.
La Consulta, chiamata a esprimersi su una serie di ricorsi presentati dalle regioni Puglia, Toscana ed Emilia Romagna sul provvedimento che disciplina la realizzazione e il funzionamento delle centrali nucleari, li ha dichiarati inammissibili o infondati per la gran parte, ma ha invece dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto legislativo del 15 febbraio 2010, numero 31”.
“La Corte Costituzionale – spiega il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo – ha confermato e ampliato l’opzione della piena condivisione con il territorio delle scelte per la localizzazione delle centrali. La decisione non mette in discussione la responsabilità finale del governo, ma aggiunge di fatto un parere delle Regioni anche in sede di autorizzazione unica. Nessuno ha mai pensato di fare le centrali contro il parere delle comunità. Adesso occorre soltanto andare avanti speditamente mettendo in moto l’Agenzia per la sicurezza nucleare”.
“Si apre la strada per una positiva competizione fra le diverse regioni – commenta Chicco Testa, presidente del Forum Nucleare Italiano – fra chi saprà e vorrà assumersi la responsabilità di ammodernare il proprio sistema energetico e produttivo, riducendo l’inquinamento e la dipendenza dai combustibili fossili, e chi continuerà a seguire le vecchie strade. Meglio un consenso esplicito che una lunga e sfiancante guerriglia nei Tar di tutta Italia”.
La Consulta, chiamata a esprimersi su una serie di ricorsi presentati dalle regioni Puglia, Toscana ed Emilia Romagna sul provvedimento che disciplina la realizzazione e il funzionamento delle centrali nucleari, li ha dichiarati inammissibili o infondati per la gran parte, ma ha invece dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto legislativo del 15 febbraio 2010, numero 31”.
“La Corte Costituzionale – spiega il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo – ha confermato e ampliato l’opzione della piena condivisione con il territorio delle scelte per la localizzazione delle centrali. La decisione non mette in discussione la responsabilità finale del governo, ma aggiunge di fatto un parere delle Regioni anche in sede di autorizzazione unica. Nessuno ha mai pensato di fare le centrali contro il parere delle comunità. Adesso occorre soltanto andare avanti speditamente mettendo in moto l’Agenzia per la sicurezza nucleare”.
“Si apre la strada per una positiva competizione fra le diverse regioni – commenta Chicco Testa, presidente del Forum Nucleare Italiano – fra chi saprà e vorrà assumersi la responsabilità di ammodernare il proprio sistema energetico e produttivo, riducendo l’inquinamento e la dipendenza dai combustibili fossili, e chi continuerà a seguire le vecchie strade. Meglio un consenso esplicito che una lunga e sfiancante guerriglia nei Tar di tutta Italia”.
mercoledì 2 febbraio 2011
martedì 1 febbraio 2011
Chicco Testa risponde sul nucleare e la comunicazione
Chicco Testa parla della comunicazione sui temi scottanti e complicati, internet, YouTube e i blog, i costi della futura energia elettrica e il referendum che verrà.
"Molte persone usano il web, i blog e i social network come una lavagna a cui affidare le proprie emozioni (come Beppe Grillo insegna). La maggior parte delle critiche che ci fanno provengono da utenti che non fanno altro che dire: no, no e no! Senza argomentare e senza entrare nel merito delle questioni".
Dal canale Youtube di AvoiComunicare
"Molte persone usano il web, i blog e i social network come una lavagna a cui affidare le proprie emozioni (come Beppe Grillo insegna). La maggior parte delle critiche che ci fanno provengono da utenti che non fanno altro che dire: no, no e no! Senza argomentare e senza entrare nel merito delle questioni".
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