martedì 6 aprile 2010

Il nucleare è la risposta alle crisi energetiche

Creare centinaia di migliaia di posti di lavoro ben pagati in America, portare milioni di dollari nelle casse statali e federali, diminuire l’inquinamento atmosferico, ridurre il deficit commerciale americano e la dipendenza dal petrolio mediorientale. Tutto ciò si può fare allo stesso tempo con un’unica mossa: la costruzione di nuove centrali nucleari.

Lo spiega un editoriale pubblicato sul quotidiano americano Detroit News da Mark Perry, studioso dell’American Enterprise Institute di Washington e professore di economia alla University of Michigan di Flint.

Tanto per cominciare, secondo Perry, l’elettricità prodotta con l’energia nucleare è più economica rispetto a tutte le altre fonti. Gli alti costi iniziali per la costruzione delle centrali vengono ammortizzati nel corso della sua attività dai prezzi relativamente bassi del combustibile: in base ai dati più recenti, il costo medio di un kWh è di 1,4 centesimi di euro, contro i 2 centesimi del carbone, i 6 centesimi del gas naturale e i 13 centesimi del petrolio.

Inoltre la convenienza economica del nucleare crescerà con le tasse che saranno messe sulle emissioni di anidride carbonica. Per quanto riguarda il solare e l’eolico, hanno costi di produzione bassi, ma anche l’inconveniente di doversi affidare all’energia di riserva prodotta da combustibili fossili in caso di condizioni meteorologiche sfavorevoli. Le centrali nucleari attualmente in attività negli Stati Uniti invece sono in funzione il 90% del tempo.

C’è poi la questione occupazionale: la costruzione e la gestione di altre 45 centrali richiederanno 350.000 posti di lavoro. Il problema è che da decenni non vengono costruite nuove centrali negli Stati Uniti e quindi potrebbe esserci carenza di tecnici specializzati. Per questo un’azienda nucleare del Maryland ha intrapreso un’iniziativa per la formazione di una nuova generazione di tecnici.

Per quanto riguarda le finanze pubbliche, ogni nuova centrale americana porterà ogni anno 20 milioni di dollari (15 milioni di euro) nelle casse dello Stato che la ospita e 75 milioni di dollari (56 milioni di euro) in quelle federali.

Infine, il nucleare riduce la dipendenza dalle importazioni di petrolio dall’estero (e in particolare dal Medio Oriente), che altrimenti potrebbe acuirsi ulteriormente: con la crescita del fabbisogno energetico, saranno necessarie almeno altre 30 centrali entro il 2030 solo per mantenere l’attuale quota del 20% di energia prodotta con il nucleare.

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